RIVENDICO IL DIRITTO AL GIUSTO PROCESSO
Nel corso di lunghi anni d’insegnamento di Italiano e Latino, ho trasmesso ai miei allievi l’idea che l’evoluzione di una società civile andasse di pari passo con il consolidamento di principi giuridici basilari, tra i quali, il rispetto del diritto inalienabile alla dignità umana, veicolato anche dalla garanzia di un “giusto processo”.
Un veloce excursus storico-politico sul tema, parte dalla “magna charta libertatum” risalente alla metà del 1200, trova corrispondenze negli ordinamenti stranieri e si collega strettamente a convenzioni internazionali, soprattutto in materia di diritti umani, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alla Convenzione europea, al Patto internazionale delle Nazioni Unite, ai quali si possono aggiungere la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e poi la Costituzione Europea
L’espressione “ giusto processo” ha un forte significato evocativo di principi ed istituti garantistici, che designa una serie di principi di garanzia e oggi trova uno specifico riferimento nell’art. 111 della Costituzione italiana, il quale afferma appunto che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale.”
Ebbene, noi 426 Dirigenti scolastici, vincitori del concorso bandito nel 2004, la cui vexata quaestio è oggi sotto gli occhi di tutta l’Italia, siamo stati privati del più basilare ed elementare diritto giuridico, che è, appunto, quello della difesa, da effettuarsi all’interno di un “giusto processo”.
Nel clima di “caccia all’untore”, determinato dalla gogna mediatica alla quale siamo stati sottoposti, da Maggio 2009 ad oggi, da parte sia dei ricorrenti mono e pluri-bocciati al concorso, sia di sedicenti giornalisti che, venendo meno al codice deontologico del loro ordine professionale, mistificano fatti e dati relativi alla vicenda de qua, si è perso di vista il fatto che la famigerata (rectius : famosa) sentenza di annullamento erga omnes emessa dal CGA siciliano, è stata il punto di arrivo di un processo nel quale i terzi ( cioè noi Dirigenti vincitori), sui quali stava per cadere la mannaia del Giudice, non sono mai stati chiamati a difendere il loro legittimo status, dando loro la possibilità, tramite i loro avvocati, di argomentare e confutare il gravame dedotto e di far valere le proprie ragioni.
Si disserta sul diritto al “bene della vita” delle due ricorrenti; ma dov’è finito il diritto di noi Dirigenti scolastici, vincitori di un concorso serio, onesto, corretto , incorrotto e, soprattutto, espletato nel pieno rispetto della normativa nazionale, alla stregua delle altre regioni?
Mai, dall’inizio alla fine del processo, ci è stato notificato in qualità di controinteressati, ciò che stava avvenendo sulla nostra pelle, sulle nostre vite.
Siamo stati privati del sacrosanto diritto, garantito dalla Costituzione, di opporci, di tutelarci, di confutare l’impianto accusatorio.
Se il diritto al giusto processo ci fosse stato garantito, sono certa che non si sarebbe giunti all’impasse attuale, di tutti contro tutti, nella più totale confusione circa la certezza del diritto.
Mi sembra di vivere dentro il noto romanzo di Franz Kafka “ il processo”.
Rivendico, pertanto, il mio diritto ad essere trattata come soggetto di diritto (sui iuris dicevano i Latini), cittadina di uno Stato di diritto, e non, come è avvenuto, alla stregua di un servo della gleba, privo di diritti, di feudale memoria.
Un famoso brocardo latino afferma “ Summum ius, summa iniuria”. Ne comprendo, ora, tutta la portata di significato.
Prof.ssa Lidia Leonardi
Dirigente scolastico vincitore del concorso 2004