Carlo
Truppi è un architetto sui generis. Preside di Facoltà, ha cercato
sempre di coniugare la sua materia con arte e letteratura. Un modo
condiviso con James Hillman e Wim Wenders, con i quali ha pubblicato
L'anima dei luoghi e Nei luoghi dell'anima. Non solo questi,
naturalmente. Ce ne sono ancora una diecina. E fra questi, un paio di
romanzi. Sì, avete capito bene: siamo davanti a un narratore che si
aggira fra rovine, monumenti, costruzioni e fantasie napoletane.
Perché, anche se è nato ad Airola, nel Beneventano, nel 1948, Truppi ha
studiato e ha vissuto una quarantina d'anni a Napoli, prima di
trasferirsi in Sicilia. E Napoli gli ha lasciato un segno indelebile.
Soprattutto un certo barocchismo di modi e di scrittura che, certo, è
piacevole, ma che, come tutti i barocchismi, talvolta più che stancare,
sfianca. Ma ciò che magari in un'altra persona può assumere una valenza
negativa, in lui invece si muta in un colpo di fantasia, di
intelligenza creativa. Lo testimonia questo suo secondo romanzo, In
concerto, incentrato su un tema di grande attualità: lo sbarco dei
clandestini sulle coste siciliane (nel caso particolare, a Siracusa).
E, come in tutti i romanzi che si rispettano, si va dal particolare
all'universale. Kristina e Yuli, madre e figlia, trovano rifugio,
assieme ad altri, in un peschereccio, dove un artista, Paolo, lavora
come volontario. Ecco, da qui comincia una sorta di «viaggio nell'isola
e nella memoria» dove i ruoli delle donne e dell'artista si
intersecano, mutano, si scambiano. Dalla Sicilia, i tre protagonisti -
in concerto con due amici: Riccardo e Pier - si spostano a Beslan,
città russa dell'Ossezia (dove nel settembre 2004, una scuola venne
occupata da terroristi ceceni che fecero una strage di civili), dalla
quale le due donne sono fuggite. D'un tratto Kristina e Yuli decidono
di restare nella loro città, poi ci ripensano. Alla fine, «il punto di
fuga» diventa «il punto di convergenza». Come? Sta al lettore
scoprirlo. (da Il Corriere Della
Sera.it)
redazione@aetnanet.org
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