La sentenza della Corte Costituzionale riconsegna alle Regioni, com’era facilmente prevedibile, il diritto di decidere sulla rete delle istituzioni scolastiche senza subire dallo Stato l’imposizione di modelli e di parametri di consistenza. A quanti si chiedono cosa succederà adesso, vorremmo ricordare che le Regioni, e qualcuna anche tra quelle che hanno promosso il ricorso, si sono spesso dimostrate, nei mesi scorsi, più realiste del re, accorpando scuole ben oltre quanto era loro richiesto, di fatto non utilizzando i margini di flessibilità che il Ministero, pressato dai sindacati, aveva alla fine reso disponibili. Anche per questo stiamo cercando, col contratto sulle utilizzazioni, di gestire al meglio le situazioni di esubero che lo “zelo” di qualche regione nel dare applicazione alla legge ha determinato. Per come sono andate le cose, dubitiamo che chi ha già varato i suoi piani abbia intenzione, l’anno prossimo, di rivederli in modo sostanziale.
C’è poi da considerare, cosa che pochi fanno, l’altra parte della sentenza, quella che riconosce allo Stato il diritto di non assegnare il dirigente scolastico agli istituti che ritiene sottodimensionati.
Il rischio che in prospettiva due livelli istituzionali (Regioni e Stato) agiscano senza coordinarsi o addirittura in conflitto tra loro, sfruttando ciascuno le sue prerogative e non in uno spirito di leale collaborazione, come imporrebbe la Costituzione, ci sembra molto alto e va assolutamente evitato, se davvero si hanno a cuore la funzionalità e la governabilità delle scuole, ma anche l’unitarietà del sistema nazionale di istruzione.