Duecento giorni (circa)
Guardo la classe, già
molti banchi sono vuoti, pochi presenti ma, solo per tentare un ultima
interrogazione e non guastarsi l'estate.
Il resto vacanza, vuoto, assenza.
Cosa resta nella memoria nostra e dei nostri alunni di questi
duecentogiorn (circa).
Basterenno per spiegare il programma?
Basteranno per dire conosciamo (davvero) chi per duecento giorni ha
occupato per cinque ore al giorno, a volte anche sei, quei banchi,
adesso vuoti.
E noi insegnanti, chi siamo? come ci vedono, oltre le parodie
goliardiche recitate sul palco a fine anno scolastico.
A volte ci odiano, a volte ci amano. La maggior parte delle volte
passiamo nell'assoluta loro indifferenza.
Cosa resterà di questi duecento giorni. Interrogazioni? chili di
compiti già ordinatamente fascettati e archiviati? consigli di classe
estenuanti? qualche torta di compleanno consumata in una prolungata
ri-creazione?
Quello che resta è invece nelle piccole pieghe del giorno.
Lo sguardo gentile del collega di educazione fisica, la sua bella e
aggraziata calligrafia, che annota sul registro i giorni della
settimana.
Il sorriso di una bidella all'ingresso della scuola. Il
profilo bellissimo di una studentessa. I settantatrè volti di
adolescenti inquieti, annoiati e appassionati e i pensieri che abbiamo
provato a interpretarne quando per qualche secondo ci fermiamo a
guardarli.
Il collega di sostegno, che fa sostegno a tutti e si diverte e ride
giocando a pallavolo con i ragazzi.
Il panino condiviso e spezzato tra compagni.
L'attenzione rara e autentica dell'ultima lezione del programma:
Heidegger, ''La Cura'' .
I versi anonimi abbandonati su un banco.
''Emigro come nube al vento
Respiro il blu sopra i tetti
Oso sognare
quello che nessuno
sogna mai''
Buona vacanza