La procura di
Treviso ha chiesto il rinvio a giudizio per un padre che avrebbe
obbligato il figlio di 14 anni a svolgere in maniera ossessiva attività
agonistica, condizionando le manifestazioni di affetto nei suoi
confronti ai risultati raggiunti, e per averlo indotto ad assumere
prodotti iperproteici del tutto inadeguati all’età con l’obiettivo di
potenziarne il fisico. Il genitore è stato accusato, in seguito alle
indagini dei Carabinieri, di maltrattamenti in famiglia. Il ragazzo si
era presto distinto nel nuoto per le capacità agonistiche, il padre,
viste le capacità del figlio, lo avrebbe spinto a proseguire su questa
strada, stabilendo però tempi di allenamento definiti ossessionanti e
un regime alimentare rigido, costituito anche da integratori alimentari
che sono stati definiti da un consulente del Tribunale del tutto
inadatti per l'età del ragazzo.
Alberto Cei, psicologo dello sport, intervistato dal Giornale Radio Sociale ha detto: “La regolarità con cui veniamo a sapere di episodi di questo tipo, rivela che è un fenomeno che si sta diffondendo. Le ragioni possono essere rinvenute nella difficoltà dei genitori a svolgere un ruolo sano nei confronti dei figli. Oggi in particolare che lo sport sembra rappresentare una forma di promozione per tutta la famiglia: su molti questa idea fa effetto, può succedere soprattutto a genitori che non hanno un senso di responsabilità sociale o etica molto forte”.
“Il problema è che questi genitori il più delle volte non hanno idea della gravità morale di un tale comportamento: – conclude Cei - costringere i propri figli ad assumere sostanze che sono dopanti ma soprattutto sono dannose per la loro salute. Penso che ci sia nella nostra società un decadimento delle figure genitoriali, la pressione verso la carriera sportiva diventa uno scudo dietro cui i genitori nascondono le loro mancanze. E purtroppo gli esempi dei campioni dimostrano che questo è un aspetto molto diffuso”. Alberto Cei è stato intervistato per l'edizione di giovedì 17 ottobre del Giornale radio Sociale (AUDIO) (Elena Fiorani).
UISP
Alberto Cei, psicologo dello sport, intervistato dal Giornale Radio Sociale ha detto: “La regolarità con cui veniamo a sapere di episodi di questo tipo, rivela che è un fenomeno che si sta diffondendo. Le ragioni possono essere rinvenute nella difficoltà dei genitori a svolgere un ruolo sano nei confronti dei figli. Oggi in particolare che lo sport sembra rappresentare una forma di promozione per tutta la famiglia: su molti questa idea fa effetto, può succedere soprattutto a genitori che non hanno un senso di responsabilità sociale o etica molto forte”.
“Il problema è che questi genitori il più delle volte non hanno idea della gravità morale di un tale comportamento: – conclude Cei - costringere i propri figli ad assumere sostanze che sono dopanti ma soprattutto sono dannose per la loro salute. Penso che ci sia nella nostra società un decadimento delle figure genitoriali, la pressione verso la carriera sportiva diventa uno scudo dietro cui i genitori nascondono le loro mancanze. E purtroppo gli esempi dei campioni dimostrano che questo è un aspetto molto diffuso”. Alberto Cei è stato intervistato per l'edizione di giovedì 17 ottobre del Giornale radio Sociale (AUDIO) (Elena Fiorani).
UISP