
Tutto questo muoversi ha cambiato profondamente la società, dice Urry. «Questa non si fonda più su relazioni tra individui che si trovano fisicamente vicini: la tecnologia ha frantumato tutti i confini territoriali. La mobilità è oggi il paradigma della nostra esistenza: le nostre identità non sono più radicate in un luogo che dà loro senso, ma giostrano per il mondo senza limiti e intessono rapporti che il movimento trasforma subito in legami, intimità a distanza come quelle permesse da email, sms e skype». Serve quindi un approccio che studi il frazionarsi e il riunirsi dei gruppi umani, sia fisicamente (come i flash mob che ogni tanto ci deliziano nelle nostre città, e che non potrebbero esistere senza internet e i cellulari) sia virtualmente, secondo le modalità della rete.
Tenendo presente che l’ipermobilità, spiegano gli esperti, ha dei costi: «La nuova intimità mobile è certo adatta all’economia globale, ma proprio quest’ultima, con l’estrema produttività che richiede all’individuo, ne svuota il contenuto emotivo» commenta Urry, secondo cui anche la nostra individualità è diventata portatile. «Non tanto e non solo per la precarietà di un lavoro sempre più globale e delocalizzato, ma soprattutto perché la personalità si costruisce sempre di più attraverso quello che definisco l’immagazzinamento degli affetti in dispositivi come lettori mp3, tablet e smartphone, che sono ormai delle mobilità miniaturizzate: affidando i miei ricordi e i miei affetti ai social network, li uso come un’estensione della mia personalità, per di più ubiqua, perché facilmente evocabile, ovunque esista una connessione internet. L’individuo mobile è sempre impegnato in una sorta di operazione bancaria: deposita affetti e stati d’animo nei suoi gadget tecnologici e li preleva quando gli servono». «E la portabilità dei media ridisegna i nostri ambienti»sottolinea Urry, «oggi ai panorami sovrapponiamo i “tecnorami” o “mediarami”, ossia quegli insiemi di immagini e suoni che ci seguono ovunque e riducono la nostra ansia: dallo schermo del navigatore satellitare ai film che teniamo nei nostri lettori portatili, a YouTube».
Il Venerdì di Repubblica