Gentile Direttore,
in qualità di difensore di fiducia di un numeroso gruppo di ricercatori
dell'Università di Bari, due anni fà avevo rappresentato in
giudizio le loro legittime rimostranze impugnando innanzi al TAR Puglia
una norma della Finanziaria del 2010 che prevedeva a loro sfavore
il blocco degli scatti stipendiali e la conseguente progressione in
carriera per un triennio (poi diventato un quadriennio).
La questione era stata inizialmente rimessa dai giudici
amministrativi pugliesi con una illuminante e ben motivata
ordinanza alla Corte Costituzionale per la sospetta incostituzionalità
della norma che penalizzava pesantemente, per esigenze straordinarie ed
urgenti di "cassa" dello Stato, una specifica categoria di lavoratori.
I primi di novembre del 2013, per la prima volta nella mia vita
professionale, sono entrato nel Palazzo della Consulta molto emozionato
ma al tempo stesso orgoglioso di poter difendere innanzi alla
Corte Costituzionale i diritti di un gruppo di ricercatori che con il
loro quotidiano lavoro e sacrificio contribuiscono alla crescita del
livello qualitativo e della ricerca delle nostre università e
allo sviluppo economico del nostro paese, una categoria già vessata e
spesso sottopagata rispetto al ruolo ed all'impegno profuso.
Speravo tenacemente di poter restituire ai ricercatori un po' della
loro dignità professionale, ottenendo la declaratoria di
illegittimità della norma. La mia fiducia in un esito positivo era
confortata da una sentenza della stessa Consulta di appena un anno
prima (la n.223/2012) con cui i Giudici avevano dichiarato
l'incostituzionalità della stessa identica norma nella parte in cui
prevedeva l'applicazione del medesimo blocco degli scatti stipendiali
nei confronti della categoria dei magistrati. Le nostre difese avevano
puntato molto su questo aspetto, vista l'identità delle censure e dei
vizi di incostituzionalità rilevati dal Tar Puglia, ma pochi giorni fà
la Corte Costituzionale sorprendentemente con la sentenza n. 310/2013
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale,
ritenendo quindi corretto il comportamento dello Stato che anziché
agire con incisività sull'evasione fiscale per risolvere la crisi
economica del paese o applicare norme impositive uguali per tutti
i lavoratori pubblici, preferisce mettere le mani delle tasche solo dei
ricercatori universitari.
Quello che più sorprende in tale decisione, però, è il cambio di
rotta della Consulta ad appena un anno dalla decisione assunta
sull'identica questione relativa al blocco dei meccanismi di
adeguamento retributivo per i magistrati, ritenendo giusto e legittimo
un trattamento differenziato fra le due categoria di lavoratori,
in quanto a suo dire la precedente sentenza aveva "messo a riparo la
magistratura da qualsiasi forma di interferenza, che potesse, sia pur
potenzialmente, menomare l'autonomia e lindipendenza". Sia ben inteso,
massimo rispetto per l'autonomia della magistratura che svolge un ruolo
importantissimo nel nostro paese ed onore all'impegno di tanti bravi
magistrati sempre in prima linea, ma onestamente sarà
difficile spiegare ai miei assistiti cosa c'entra l'autonomia della
magistratura con il blocco per tre anni del loro aumento di stipendio e
perché tale principio non vale anche per i ricercatori, così come sarà
difficile spiegare perché in questo paese si riesce, invece,
sempre a giustificare l'utilizzo di due pesi e due misura, sopratutto
quanto si tratta di soldi!
Mio Padre, che per mia fortuna è stato anche il mio Maestro, mi
ha insegnato che bisogna sempre rispettare ed accettare le sentenze, e
così farò anche questa volta seppur con amarezza, così come continuerò
ad avere fiducia nella giustizia, ma un domani difficilmente suggerirò
ai miei figli di fare questo mestiere perché così diventa
veramente impossibile difendere i diritti dei cittadini visto che
la giustizia non è "proprio" uguale per tutti, e se invece
vorranno fare i ricercatori universitari gli suggerirò di andare a
lavorare all'estero!
Avv. Massimo Vernola
massimovernola@tiscali.it