Il divieto di fumo
nei locali pubblici, già presente in Galles e Scozia, è entrato in
vigore anche nell’Irlanda del Nord, e a luglio 2007, con l’Inghilterra,
sarà esteso a tutto il Regno Unito. Proprio nel Regno Unito è apparso
recentemente un nuovo rapporto del National Institute for Health and
Clinical Excellence (Nice) sul fumo nei luoghi di lavoro, che allarga
lo sguardo oltre le questioni strettamente cliniche. Secondo il
documento, in molti Paesi il fumo è la prima causa di malattie
prevenibili e di morti premature. Il rischio è alto anche per i non
fumatori: solo nel Regno Unito i morti per fumo passivo sono due al
giorno, un dato impressionante ma anche del tutto evitabile.
Inoltre il fumo comporta alti costi economici, e non solo per i
fumatori: i colleghi dei fumatori devono coprire le loro assenze per
malattia, ma anche le semplici pause per le sigarette.
Secondo gli ultimi dati dei Cdc americani, relativi agli anni
1997-2001, la perdita di produttività dovuta alle morti per fumo tocca,
solo negli Stati Uniti, i 92 miliardi di dollari all’anno, ai quali
vanno aggiunti i 75 miliardi di dollari per i costi sanitari legati al
fumo. I dati del documento del Nice sono altrettanto desolanti: i
fumatori sono il 25% della popolazione (rispetto al 21% degli Stati
Uniti), ognuno dei quali perde in media 33 ore all’anno per malattie
legate al fumo, senza contare la perdita di produttività.
Le strategie da adottare
Il problema, osservano gli autori del rapporto, è come convincerli a
smettere. Anche interventi di piccola entità, come colloqui di 5-10
minuti con professionisti sanitari, sono efficaci, e lo stesso tempo
può essere usato per terapie sostitutive della nicotina o con
bupropione. Naturalmente i risultati migliorano se gli interventi hanno
durate maggiori e sono ripetuti più volte. Sono efficaci anche terapie
individuali e di gruppo, counselling telefonico, materiali di autoaiuto
personalizzati, ma non è ancora stato dimostrato quale di questi
interventi sia più efficace.
Spesso i medici non ricorrono a nessuno di questi interventi, per
vari motivi, fra cui tempo e soldi: anche una sessione di 5-10 minuti
potrebbe essere troppo lunga per una singola visita e i costi per gli
interventi potrebbero essere percepiti come troppo alti. Inoltre, negli
Stati Uniti molti medici potrebbero non sapere dei possibili rimborsi
per questo tipo di interventi, o ignorare le risorse a disposizione. La
riluttanza può derivare anche da una sfiducia infondata nelle
possibilità di successo di questi programmi. In effetti le recidive
sono frequenti, ma interventi ripetuti fanno aumentare la probabilità
di successo.
Infine, i medici potrebbero sentirsi isolati e sotto il peso di quella
che è, in realtà, una responsabilità sociale. Le società che hanno
fatto passi avanti nella condivisione di questa responsabilità sono
state ripagate: grazie alle restrizioni sul fumo nei luoghi di lavoro
si fuma meno, e il divieto totale fa diminuire la prevalenza dei
fumatori. Un impiegato che fuma smette più facilmente in un luogo di
lavoro senza fumo che in uno dove si fuma. I datori di lavoro
dovrebbero incoraggiare i dipendenti a smettere: secondo le
raccomandazioni del Nice, dovrebbero rendere noti nei luoghi di lavoro
quali sono gli interventi efficaci e dove ci si può rivolgere per
averli. Se possibile, gli interventi dovrebbero essere a disposizione
sul luogo di lavoro, senza penalizzazioni per chi se ne avvale in
orario di lavoro. Gli interventi per far smettere di fumare sono
naturalmente utili per i singoli e per la salute pubblica, ma il
rapporto del Nice estende la responsabilità alle aziende. Secondo gli
autori del rapporto, i datori di lavoro più accorti prenderanno in
considerazione le raccomandazioni del Nice e le applicheranno, dal
momento che la salute dei lavoratori si risolve in un bene anche per
l’azienda.
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