L'introduzione
del numero chiuso per l'accesso alle Università nel 1999 ha
rappresentato un forte arretramento rispetto alle conquiste dei
movimenti studenteschi che esattamente 30 anni prima avevano ottenuto
la liberalizzazione dell'accesso, prima riservato solamente a coloro
che provenissero da studi liceali ben connotati socialmente. Chi aveva
fatto studi diversi trovava maggiori difficoltà, ma conservava comunque
la possibilità di mettersi alla prova e di laurearsi. Sono stati anni
di ascensione sociale per i figli/e delle classi meno abbienti, in cui
il diritto allo studio significava anche poche centinaia di migliaia di
lire l'anno come tassa di frequenza. Non è bastato alzare
esponenzialmente le tasse, tagliando fuori settori sempre più ampi di
ragazzi/e provenienti dai ceti sociali più poveri ed indifesi:
l'introduzione del numero chiuso ha potenziato la discriminazione
riproducendo per altre vie lo sbarramento, visto che più si anticipa il
momento della selezione, più si riduce la possibilità di recuperare il
gap di provenienza e più si riproducono le differenze sociali. E
l’anticipo dei quiz d'ingresso all'Università, voluto dall'ex ministro
Carrozza addirittura ad aprile, è un'ulteriore limitazione di questa
possibilità: i ragazzi/e non hanno neanche più il tempo di prepararsi,
dovendo nel giro di tre mesi sostenere due esami cruciali: l'esame di
Maturità e quello di accesso all'Università. L'anticipo è un elemento
del tutto estraneo alle programmazioni delle classi terminali, che
costringe i docenti a rivedere i programmi e ad adattarsi a una
scadenza esterna alla scuola, togliendo importanza all'esame di Stato,
nella logica di chi vorrebbe vederne eliminato il valore legale.
Dietro questo anticipo sembra di vedere una prima realizzazione di un
progetto che l'Invalsi ha più volte suggerito per mettere il suo
zampino nefasto nell'esame di Maturità, cioè l’introduzione dei quiz
per l’ultima classe delle superiori in primavera, con validità sia per
il voto di maturità che per l’ammissione all'Università. Lo dicono da
anni: se ci fosse una prova a quiz all'esame di Maturità non sarebbero
necessari i test d'ingresso per le facoltà!
È assurdo che un quiz decida del futuro degli studenti: i docenti delle
medie ben sanno quanto i loro studenti vengano penalizzati dai ridicoli
quiz all'esame di terza! E oramai l’assurdità dei quiz appare
innegabile a chiunque non sia legato ai carrozzoni dell’Invalsi e
dell’Anvur: indovinelli insulsi e arbitrari, assolutamente non in grado
di valutare gli studenti, oltre che i docenti, la scuole e le
Università, utili solo ad alimentare il vasto mercato della
“preparazione ai test” (e delle tasse di ammissione agli stessi), non
dedicato alla preparazione sulle materie, ma ai trucchi per rispondere
ai quiz, privilegiando risibili saperi nozionisti e tecniche
mnemoniche, estranei al bagaglio culturale che dovrebbe servire per
affrontare una facoltà universitaria.
Ci vogliono tutti/e uguali, standardizzati negli insegnamenti e negli
apprendimenti. La stessa logica falsamente meritocratica che sta dietro
i quiz Invalsi presiede ai test d'ingresso all'Università. Gli studenti
che contesteranno il “numero chiuso” avranno al loro fianco i COBAS,
consapevoli che è in ballo un diritto fondamentale per l’istruzione
pubblica e che non possiamo più permettere che il destino di studenti,
docenti, scuole ed Università sia affidato a crocette in risposta a
insulsi quiz
Sosteniamo la lotta degli studenti
contro il numero chiuso all’Università!
Boicottiamo insieme i test INVALSI
nella media superiore il 13 maggio!
Piero Bernocchi - portavoce nazionale
COBAS
cobas.pa@libero.it