I
telefoni cellulari, come altre applicazioni dei campi elettromagnetici
a radiofrequenza nel settore delle telecomunicazioni, fanno ormai parte
della nostra vita.
Alla fine del 2011 risultavano attivi nel mondo 6 miliardi di contratti
di telefonia mobile e tre quarti di queste utenze erano localizzate in
paesi in via di sviluppo.
Tutti i dispositivi a radiofrequenza, per poter essere immessi sul
mercato, devono rispondere ai requisiti di sicurezza basati sulle
conoscenze scientifiche più aggiornate e definiti da organizzazioni
internazionali di esperti riconosciute dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS).
L’incredibile successo commerciale dei telefoni mobili è stato
accompagnato, tuttavia, da preoccupazioni riguardo ad effetti negativi
sulla salute eventualmente associati al loro utilizzo.
L’OMS ha risposto ai timori sui rischi dei campi elettromagnetici
avviando nel 1996 il Progetto Internazionale Campi Elettromagnetici,
orientato a:
identificare le lacune conoscitive
definire le priorità di ricerca sugli effetti sanitari dell’esposizione
a bassi livelli di campi elettromagnetici (inferiori ai livelli
consentiti dalle normative)
promuovere progetti d’indagine coordinati ed efficienti
monitorare gli sviluppi delle conoscenze
valutare ed interpretare i risultati della ricerca scientifica e
diffonderli all’esterno dei ristretti ambiti tecnici.
Negli ultimi vent'anni sono stati realizzati molti studi finalizzati a
valutare se i telefoni mobili comportino potenziali rischi per la
salute.
Ad oggi, secondo l'OMS, non è stato dimostrato alcun effetto sanitario
avverso causato dall'uso dei telefoni cellulari, ma ulteriori ricerche
sono in corso per colmare residue lacune nelle conoscenze.
In particolare, le evidenze scientifiche attualmente disponibili
tendono, nel loro complesso, a deporre contro l’ipotesi che l’uso dei
telefoni cellulari comporti un incremento del rischio di tumori
intracranici.
D’altra parte, non sono ancora disponibili osservazioni a distanze
superiori ai 15 anni dall’inizio dell’uso e per esposizioni iniziate
durate l’infanzia e l’adolescenza. Pertanto, in linea con quanto
raccomandato dall’OMS, è opportuno proseguire la sorveglianza
epidemiologica dell’andamento dei tumori cerebrali nel tempo e gli
studi di coorte prospettici attualmente in corso.
Il Ministero della Salute segue con attenzione l’evoluzione delle
conoscenze scientifiche, e con questo dossier intende trasferire ai
cittadini italiani le conoscenze scientifiche più aggiornate in merito
agli eventuali effetti sanitari, dando risposte alle domande più
frequenti sul rapporto tra telefoni cellulari e salute.
I materiali pubblicati sono tratti dall'allegato al parere della
Sezione III del Consiglio Superiore di Sanità del 19 marzo 2013
COME FUNZIONA UN TELEFONO CELLULARE
I telefoni mobili sono ricetrasmittenti a bassa potenza (i valori
massimi di potenza emessa non superano 2 Watt) che per comunicare
utilizzano segnali a radiofrequenza (RF) nella banda di frequenza
compresa tra 450 e 2600 MHz.
Le prime reti di telefonia mobile (di tipo analogico) utilizzavano
frequenze intorno ai 450 MHz e sono state progressivamente sostituite,
nella seconda metà degli anni ’90 in Italia, dal sistema GSM (900-1800
MHz) e quindi dallo standard UMTS (in Europa inizialmente nella banda
dei 2100 MHz, oggi in fase di spostamento sulla banda dei 900 MHz).
Recentemente è stato introdotto lo standard di quarta generazione LTE
(Long Term Evolution), che in Italia opera nelle bande 800/900, 1800 e
2600 MHz.
La tecnologia della telefonia cellulare si basa sullo scambio di
segnali elettromagnetici tra i terminali (i telefoni) e gli impianti
fissi (le stazioni radio base), che convogliano i segnali prodotti dai
terminali su reti fisse di più ampie dimensioni, e rimandano al
terminale stesso i segnali da queste ricevute.
Le stazioni radio base coprono il territorio secondo una configurazione
a celle, in modo che ogni cella sia servita da almeno un impianto fisso.
Ciascuna cella serve un’area fino a distanze dall’impianto che possono
variare da qualche centinaio di metri a qualche chilometro, in funzione
della tipologia del territorio e del numero di utenze da garantire.
La potenza emessa dai telefoni e dalle stazioni fisse è strettamente
limitata a quella utile per coprire la distanza tra terminale e
stazione e viceversa, ed è automaticamente ottimizzata istante per
istante in funzione della distanza tra di essi.
LA NORMATIVA SULLA SICUREZZA
Sotto il profilo della sicurezza, tutti i telefoni cellulari immessi
nel mercato europeo devono soddisfare i requisiti e gli standard
definiti dalla Direttiva 1999/5/CE, sulle apparecchiature radio e le
apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco
riconoscimento della loro conformità (recepita dal D.lgs. 9 maggio 2001, n.269), e dalla
Raccomandazione 1999/519/CE, relativa alla limitazione dell'esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici con frequenze da 0 Hz a 300
GHz.
In particolare l’assorbimento di energia elettromagnetica all’interno
della testa non può essere superiore a 2 Watt/kg, per ogni elemento di
tessuto di massa pari a 10 g.
Il rispetto del requisito è sempre riferito a condizioni di prova in
cui il telefono è a diretto contatto con la testa.
Sui mezzi di informazione sono stati a volte riportati estratti dai
manuali d’uso dei telefoni, che raccomandano distanze minime di uso dal
corpo quando il telefono non è appoggiato all’orecchio, lasciando
intendere che si tratti di distanze dall’orecchio.
Tali raccomandazioni, in realtà, non rivestono alcun carattere
sanitario diretto, e sono finalizzate a garantire in via conservativa
il rispetto del limite per l’assorbimento di energia nel corpo,
esclusivamente in situazioni di utilizzo di accessori (come auricolari,
blue tooth, ecc.) di tipo commerciale e di origine diversa dal
produttore del telefono, accessori che non possono essere stati testati
dal produttore medesimo.
I LIVELLI DI ESPOSIZIONE
Quando effettuiamo una telefonata, l’antenna del nostro cellulare
emette energia durante la ricerca della stazione (potenza massima) e
nel corso della conversazione, ma solo quando siamo noi a parlare,
mentre non viene emessa energia durante la fase di ascolto
dell’interlocutore.
I manuali dei telefoni riportano obbligatoriamente il valore massimo di
assorbimento di energia (in termini di SAR, Specific Absorbtion Rate)
prodotto dal telefono.
In realtà, studi scientifici hanno dimostrato che, a parità di tempo
d’uso, il maggiore determinante del livello di esposizione personale è
costituito dall’efficienza e dalla qualità della copertura di rete
delle stazioni radio base, indipendentemente dal modello di telefono e
dal massimo SAR dichiarato.
Ove la qualità della copertura delle stazioni è ottimale i telefoni
sono in grado di operare alla potenza minima, o quasi.
Al contrario una scarsa o poco efficiente copertura di rete costringe
il telefono a ricercare in continuazione la migliore connessione e ad
utilizzare ripetutamente la sua potenza massima.
Le condizioni di traffico nella rete possono portare infatti il
telefono a cercare la connessione su stazioni diverse rispetto a quella
più vicina.
Ciò è possibile in quanto ogni porzione di territorio di solito è
coperta da più celle, allo scopo di ottimizzare il servizio e
garantirlo in caso di guasti.
Cambiamenti di stazione (hand-over in linguaggio tecnico) possono
intervenire più volte durante una stessa chiamata e ciò comporta
l’emissione di potenza da parte del telefono a livelli che tornano al
valore massimo, per poi ridursi di nuovo.
Anche il movimento dell’utente (ad esempio per l’uso in automobile)
induce il telefono a ricercare frequentemente nuove connessioni con la
migliore stazione disponibile.
Dal punto di vista biofisico, l’energia radiofrequenza (RF) emessa dal
telefono cellulare durante le chiamate vocali viene assorbita dalla
pelle e dai tessuti immediatamente circostanti all’area di contatto tra
il dispositivo e la testa dell’utilizzatore.
Questa energia interessa una zona relativamente piccola e non è
praticamente più misurabile a distanza di circa 5 cm (sia in larghezza,
sia in profondità) dall’antenna che ne costituisce il punto d’origine.
Nella banda di frequenza utilizzata dalla telefonia mobile, a parità di
potenza emessa dal telefono, il contenuto di energia assorbito dai
tessuti interessati diminuisce progressivamente passando dai 450 MHz,
ai 900, 1800 e 2600 MHz.
Inoltre, a differenza dei sistemi analogici di telefonia cellulare, i
sistemi digitali (GSM e UMTS) hanno fortemente ridotto l’esposizione
degli utilizzatori grazie alle tecniche di controllo automatico della
potenza (APT – Adaptive Power Control) e ad altre caratteristiche
operative.
In un’indagine di valutazione dell’esposizione condotta nell’ambito
dello studio internazionale Interphone, effettuata utilizzando
prototipi di telefoni in grado di registrare in continuo la potenza, è
stato osservato che l’energia media emessa dall’antenna del telefono
nell’unità di tempo è maggiore per le telefonate più brevi (inferiori
ad 1-2 minuti), rispetto alle telefonate più lunghe.
I RISCHI PER LA SALUTE
Allo stato attuale delle conoscenze non sono stati evidenziati effetti
nocivi sulla salute.
Gli unici effetti sanitari avversi delle onde a radiofrequenza (RF) ad
oggi accertati sono quelli di natura termica (l’energia assorbita viene
trasformata in calore all’interno dell’organismo).
Questi effetti si verificano solo a livelli di esposizione molto
elevati, superiori di alcuni ordini di grandezza rispetto a quelli
prodotti dai telefoni cellulari (a loro volta superiori di un fattore
1000 o 10000 all’esposizione a corpo intero che si può ricevere a breve
distanza da antenne radio-base o da un modem Wi-Fi).
Gli effetti termici delle radiofrequenze, peraltro, sono comunemente
sfruttati nei forni a microonde di uso domestico e industriale.
Nel caso dei telefoni cellulari, gli studi scientifici hanno dimostrato
che, anche nei tessuti più esposti (come la pelle a diretto contatto
con il telefono e l’orecchio), l’aumento di temperatura non supera 1 o
2 decimi di grado centigrado neppure nelle condizioni di massima
potenza, e le variazioni di temperatura all’interno del cervello sono
tanto piccole da risultare praticamente non rilevabili.
Variazioni di temperatura di questa entità sono inferiori a quelle che
si verificano per motivi fisiologici.
Ad ogni modo, in considerazione della notevole diffusione della
telefonia mobile (in Italia, il rapporto tra utenze e numero di
abitanti ha superato il 100% nel 2001 e nel 2008 era pari al 180%)
numerose autorità sanitarie nazionali e internazionali hanno avviato e
sostenuto programmi di ricerca sui possibili rischi dell’esposizione a
bassi livelli di campi elettromagnetici (inferiori agli standard
internazionali per la protezione dagli effetti noti).
GLI STUDI SCIENTIFICI
Per produrre una sintesi attendibile delle evidenze scientifiche su un
possibile agente di rischio occorre:
esaminare in modo completo la lettera scientifica disponibile
valutare la omogeneità o l’eterogeneità dei risultati dei diversi studi
sull’uomo
tener conto dei limiti metodologici da cui nessuno studio
epidemiologico è immune e identificare le possibili sorgenti d’errore
in ciascuna indagine (stimando l’impatto di tali errori sui suoi
risultati)
esaminare la coerenza dell’evidenza epidemiologica con altre fonti di
dati e con i risultati degli studi degli studi di laboratorio su
animali e cellule.
L’Università di Aachen (Germania) ha realizzato il sito web EMF Portal
e l’accesso libero ad una banca dati della letteratura scientifica sul
tema campi elettromagnetici e salute.
All’inizio del 2013 questo archivio contava 16710 articoli scientifici.
Tra questi lavori, ve ne sono più di 900 incentrati sull’esposizione
associata all’uso dei telefoni cellulari o alle stazioni radio base:
163 studi epidemiologi (su tumori, benessere e sintomi soggettivi,
malattie cardiovascolari, mortalità, ecc.) e 745 studi sperimentali (su
funzionalità cellulare, genotossicità, cancerogenicità, effetti
neuro-comportamentali, sonno, barriera emato-encefalica, fertilità,
ecc.).
L’insieme di questi studi non fornisce evidenza coerente di effetti
nocivi per la salute.
Gli studi epidemiologici sul rischio tumori
Gli eventuali effetti cancerogeni dell’esposizione alle radiofrequenze
(RF) utilizzate nella telefonia mobile sono stati valutati in studi su
cellule e animali da esperimento (studi sperimentali) e in studi
sull’uomo (studi epidemiologici).
Gli studi di cancerogenicità su roditori, con particolare riferimento
alle indagini condotte completamente in cieco e con sistemi ottimali di
esposizione e dosimetria, non indicano alcun effetto cancerogeno ai
livelli di esposizione rilevanti per l’uomo.
Gli studi epidemiologici si sono prevalentemente concentrati sul
rischio di tumori intracranici, che originano dalle cellule e dagli
organi direttamente interessati dall’assorbimento di RF durante l’uso
del cellulare.
Si tratta in particolare del meningioma (tumore generalmente benigno
che si sviluppa dalle meningi, tre strati di tessuto collocati tra la
scatola cranica e l’encefalo) del glioma ( un tumore spesso maligno che
deriva dalle cellule gliali contenute nella sostanza grigia cerebrale)
del neurinoma del nervo acustico (tumore benigno delle cellule di
Schwann che rivestono gli assoni dei nervi cranici).
Queste neoplasie sono rare: il tasso annuale d’incidenza del glioma e
del meningioma è circa 5-6 casi per 100.000 abitanti, mentre il
neurinoma dell’acustico è ancora meno frequente (poche decine di nuovi
casi per milione di abitanti all’anno).
Tra il 1999 e la fine del 2012 sono stati pubblicati circa 50 articoli
scientifici che hanno riportato i risultati di oltre 30 studi
epidemiologici, indipendenti l’uno dall’altro, dedicati ad esaminare la
relazione tra uso del cellulare e incidenza di tumori intracranici.
La ricerca epidemiologica su questo tema ha dovuto affrontare due
principali difficoltà.
In primo luogo, a causa della rarità delle neoplasie d’interesse, la
maggior parte delle indagini ha adottato il disegno caso-controllo
(nello studio caso-controllo si identificano tutti i casi della
malattia d’interesse diagnosticati tra i residenti di un particolare
territorio. Dalla stessa popolazione residente si estrae un campione
casuale di soggetti, generalmente appaiati ai casi per sesso ed età, e
si indaga se nei due gruppi vi è stata una differente esposizione
all’agente sotto studio), che è particolarmente suscettibile ad errori
nella ricostruzione dell’esposizione e a distorsioni da partecipazione
differenziale tra il gruppo dei casi e quello dei controlli.
Per questo motivo, molti team di ricerca hanno progettato studi
paralleli di stima degli errori e hanno tenuto conto dei risultati di
queste indagini nell’interpretazione degli studi principali
sull’associazione esposizione-malattia.
I risultati degli studi
Il progetto Interphone è il più grande studio epidemiologico finora
realizzato sull’occorrenza di tumori intracranici in relazione all’uso
di telefoni mobili (2765 casi di glioma, 2425 casi di meningioma, 1121
casi di neurinoma del nervo acustico e 7658 persone sane di controllo).
Interphone è stato coordinato dall’Agenzia Internazionale per la
Ricerca sul Cancro (IARC) e realizzato contemporaneamente in 13 paesi
del mondo, inclusa l’Italia.
I risultati di questo studio sono stati pubblicati in due articoli
usciti rispettivamente nel 2010 (glioma e meningioma) e nel 2011
(neurinoma dell’acustico).
L’indagine, basata sulle storie d’uso del telefono cellulare rilasciate
dai soggetti nel corso di interviste computerizzate, non ha evidenziato
alcun aumento del rischio dei tre tumori intracranici negli
utilizzatori di telefoni cellulari rispetto ai non utilizzatori, né
incrementi del rischio all’aumentare degli anni trascorsi dall’inizio
dell’uso (fino a 10-13 anni), del numero totale di chiamate effettuate
o delle ore totali d’uso.
Solo nei soggetti classificati nella categoria più elevata di tempo
totale d’uso (che includeva meno del 10% degli utilizzatori), è stato
osservato un lieve incremento del rischio di glioma (40%).
Tuttavia, l’incremento era molto più evidente tra gli utilizzatori più
recenti (coloro che avevano iniziato ad utilizzare il cellulare da 1-4
anni), piuttosto che tra gli utenti di medio (4-9 anni) e lungo periodo
(10 anni e più).
Questi risultati non sono coerenti con le relazioni dose-risposta che
caratterizzano i cancerogeni noti (come le radiazioni ionizzanti o il
fumo di tabacco), e devono essere interpretati con prudenza.
Gli autori ritengono che essi potrebbero anche essere dovuti a
distorsioni e limiti metodologici nel disegno di studio, e non sia
possibile interpretare questa osservazione in termini di rapporto
causa-effetto.
Un'altra indagine importante è lo studio sull’incidenza di tumori nella
coorte di circa 400.000 titolari danesi di un contratto di telefonia
mobile nel periodo 1985-92, seguiti nel tempo dal punto di vista delle
diagnosi di qualsiasi tipo di tumore (risultati dello studio).
Utilizzando i dati del Registro Tumori nazionale sono stati accertati
3664 casi di glioma, 356 dei quali tra i titolari di un contratto di
telefonia mobile. Non è stato osservato alcun incremento del tasso
d’incidenza di glioma tra gli esposti rispetto ai non esposti, né nei
sottogruppi di utenti a lungo termine (oltre 13 anni di distanza dal
primo contratto).
Altri studi caso-controllo sui tumori intracranici negli adulti, di
minori dimensioni, sono stati condotti negli Stati Uniti da due gruppi
di ricercatori del National Cancer Institute e dell’Health Effect
Institute, in Svezia da un team dell’Università di Örebro, in Grecia e
in Giappone. La maggior parte di queste indagini, ad eccezione della
serie di tre successivi studi casi-controllo condotti dal gruppo di
Örebro, non ha evidenziato incrementi del rischio di tumori cerebrali
associati all’uso del telefono cellulare.
E’ disponibile al momento un solo studio sull’incidenza di tumori
cerebrali infantili e uso del cellulare, CEFALO, realizzato in Svezia,
Norvegia, Danimarca e Svizzera, i cui risultati non supportano
l’ipotesi di un’associazione causale tra esposizione e malattia, ma
ulteriori approfondimenti sono ritenuti necessari. Una seconda indagine
internazionale, Mobi-Kids sui tumori cerebrali nei bambini in relazione
all’uso di telefoni mobili è attualmente in corso.
CLASSIFICAZIONE RADIOFREQUENZE
Nel maggio del 2011, la International Agency for Research on
Cancer-IARC ha assegnato i campi elettromagnetici a radiofrequenza al
gruppo 2B (agenti possibilmente cancerogeni per l’uomo) del proprio
sistema di classificazione, in base a evidenze limitate di
cancerogenicità nell’uomo e negli animali da esperimento.
Il giudizio di evidenza limitata nell’uomo derivava dalle associazioni
positive tra uso di telefoni cellulari e rischio di glioma osservate
nello studio Interphone e nella serie di Örebro, mentre l’evidenza
epidemiologica proveniente dagli studi che avevano valutato il rischio
di tumori in relazione ad esposizioni professionali o ambientali a
sorgenti di radiofrequenza diverse dai telefoni cellulari veniva
considerata inadeguata a formulare una valutazione.
In generale, le valutazioni della IARC sono valutazioni della
cancerogenicità potenziale di agenti fisici, chimici o biologici,
basate sul metodo del "peso dell’evidenza" applicata alla totalità
degli studi pubblicati su riviste scientifiche e provenienti da diverse
aree di ricerca (studi epidemiologici, studi su animali da laboratorio,
studi sui meccanismi d’azione).
Queste revisioni e valutazioni delle evidenze scientifiche vengono
effettuate da gruppi multidisciplinari di esperti espressamente riuniti
per la stesura di una specifica monografia, invitati a seguire dei
rigidi criteri prestabiliti.
Per quanto riguarda gli studi sull’uomo, i risultati dei diversi studi
disponibili possono essere assegnati ad una di quattro classi di
evidenza, che vanno da sufficiente a suggestiva di assenza di
cancerogenicità:
sufficiente: si ritiene che sia stabilita una relazione causale tra
esposizione all’agente ed il cancro nell’uomo.
limitata: è stata osservata una relazione positiva tra esposizione e
tumori per la quale una interpretazione causale viene ritenuta
credibile, ma caso, distorsioni e confondimento non possono essere
esclusi con ragionevole certezza.
inadeguata: gli studi disponibili sono di insufficiente qualità,
coerenza (consistente nella terminologia anglosassone) o potenza
statistica per permettere una conclusione in merito alla presenza o
all’assenza di una relazione causale tra esposizione e cancro, oppure
non sono disponibili dati sui tumori nell’uomo.
suggestiva di assenza di cancerogenicità: ci sono numerosi studi,
mutuamente coerenti nel non osservare un’associazione tra agente e
neoplasia a nessun livello di esposizione. La possibilità di un rischio
molto piccolo ai livelli di esposizione studiati non può mai essere
esclusa.
L’agente, o processo, sotto esame viene quindi classificato in una
delle seguenti 5 categorie:
cancerogeno certo (Gruppo 1): questa categoria viene utilizzata in caso
di evidenza sufficiente di cancerogenicità nell’uomo. Il gruppo conta
più di un centinaio di agenti,tra cui il fumo attivo e passivo, le
radiazioni ionizzanti, la radiazione solare, le lampade abbronzanti,
l’amianto, il benzene, e gli scarichi dei motori diesel
probabile cancerogeno (Gruppo 2A): questa categoria viene utilizzata di
regola quando c’è evidenza limitata di cancerogenicità nell’uomo e
sufficiente evidenza nell’animale da esperimento. Nel gruppo sono
classificati più di 60 agenti, tra cui l’emissioni indoor di
combustibili a biomassa (legno) per uso domestico, gli steroidi
anabolizzanti, le emissioni da processi di friggitura ad alta
temperatura, il lavoro in turni, e l’esposizione occupazionale a vari
agenti.
possibilmente cancerogeno (Gruppo 2B):questa categoria viene in genere
utilizzata per agenti per i quali c’è evidenza limitata di
cancerogenicità nell’uomo ed evidenza di cancerogenicità negli animali
da esperimento meno che sufficiente. Il gruppo conta quasi 280 agenti,
tra cui le radiofrequenze, i campi magnetici a frequenze estremamente
basse, il caffè, l’esposizione occupazionale al bitume, il cloroformio,
il DDT, gli scarichi dei motori a benzina, le esposizioni occupazionali
nei processi di stampa
non classificabile (Gruppo 3): in questa categoria rientrano di solito
gli agenti per cui sia ha evidenza di cancerogenicità inadeguata
nell’uomo e inadeguata o limitata nell’animale da esperimento. Nel
gruppo (il più numeroso) sono classificati più di 500 agenti, tra cui i
campi magnetici statici, i prodotti in cuoio, il polistirolo, il tè, e
molti composti chimici
probabilmente non cancerogeno (Gruppo 4) - Questa categoria si applica
ad agenti per i quali c’è evidenza suggestiva di assenza di
cancerogenicità sia nell’uomo, sia nell’animale da esperimento. Un solo
agente, il caprolattame, è classificato in questa categoria.
La categoria 2B, dunque, rappresenta il supporto più debole all’ipotesi
che l’agente abbia effetti cancerogeni, e sostanzialmente identifica un
sospetto di possibile cancerogenicità, che studi successivi dovranno
confermare o smentire.
Va poi notato che nel sistema di classificazione IARC non esiste la
categoria non cancerogeno.
Ove le evidenze scientifiche depongano chiaramente verso l’assenza di
cancerogenicità è invece assegnata la categoria probabilmente non
cancerogeno, anche a sottolineare l’incertezza insita in qualsiasi
processo di valutazione scientifica.
D’altra parte, anche la Commissione Tedesca di Radioprotezione (SKK) ha
valutato nel 2011 le evidenze di cancerogenicità relative ai campi
elettromagnetici a RF utilizzati nella telefonia mobile e ha
classificato questi agenti nel gruppo E0, (mancanza o insufficiente
evidenza di causalità o non-causalità), del proprio sistema di
classificazione, che si avvale di criteri di valutazione delle evidenze
più articolati rispetto al sistema della IARC.
La classificazione di cancerogenicità utilizzata dalla SKK si basa
sulle seguenti categorizzazioni dell’evidenza scientifica disponibile:
E3: evidenza convincente
E2: evidenza incompleta
E1: evidenza debole
E0: mancanza o insufficiente evidenza di causalità o non-causalità
EN: evidenza a favore di non causalità
D2: dati inconclusivi
D1: dati inaffidabili
D0: dati mancanti o insufficienti.
La categoria E3 corrisponde al gruppo 1 IARC “cancerogeni per l’uomo”.
La E2 e la E1 corrispondono, rispettivamente, ai gruppi 2A e
2B,"probabilmente" e "possibilmente cancerogeni per l’uomo”, ma si
propongono di rendere meno ambigue le sfumature di significato tra
questi due gruppi, e meno frequenti le incoerenze tra diversi panel di
esperti nell’allocazione di agenti all’una o all’altra categoria.
La categoria E0 e la categoria EN corrispondono al gruppo 4 IARC
“probabilmente non cancerogeni per l’uomo”, ma permettono di
specificare meglio il grado dell’evidenza a favore dell’assenza di un
rapporto causale tra esposizione ed effetto.
Le categorie D2, D1, D0, infine, sono un’alternativa al gruppo 3 IARC,
considerato poco specifico nei criteri di attribuzione.
TUMORI CELEBRALI E TELEFONIA CELLULARE
A fronte della imponente crescita del numero di utilizzatori di
telefoni cellulari a partire dalla metà degli anni ’80, numerose
analisi dell’andamento temporale dei tumori cerebrali durante gli
ultimi 30 anni in Inghilterra, Paesi Nordici e Stati Uniti hanno
evidenziato una notevole stabilità nei tassi di incidenza.
Inoltre, due importanti studi di simulazione hanno concordemente
dimostrato che gli incrementi del rischio di tumori cerebrali maligni
evidenziati da alcuni degli studi epidemiologi sopra menzionati, non
sono compatibili con i dati dei registri tumori americani e
nord-europei, anche se si ipotizza che il periodo di latenza tra
esposizione e diagnosi della neoplasia sia di oltre 10 anni (e fino a
15 anni).
Conclusioni sul rischio di tumori intracranici
Le evidenze scientifiche attualmente disponibili tendono, nel loro
complesso, a deporre contro l’ipotesi che l’uso dei telefoni cellulari
comporti un incremento del rischio di tumori intracranici.
D’altra parte, non sono ancora disponibili osservazioni a distanze
superiori ai 15 anni dall’inizio dell’uso e per esposizioni iniziate
durate l’infanzia e l’adolescenza.
Pertanto, in linea con quanto raccomandato dall’OMS nel Promemoria
193 del giugno 2011, è opportuno proseguire la sorveglianza
epidemiologica dell’andamento dei tumori cerebrali nel tempo e gli
studi di coorte prospettici attualmente in corso.
STAZIONI DI TELEFONIA MOBILE E SISTEMI WI-FI
Le attuali conoscenze non forniscono evidenze di un possibile rischio.
I livelli di esposizione prodotti da questo tipo di impianti sono molto
bassi in rapporto sia a quelli dovuti alle trasmittenti
radiotelevisive, che rappresentano le sorgenti ambientali più
significative, sia a quelli dovuti al telefono cellulare, che
rappresenta la più rilevante sorgente di esposizione a radiofrequenze
(RF).
Nel bilancio complessivo delle esposizioni alle radiofrequenze, la
particolare preoccupazione del pubblico per questa tipologia di
sorgenti non trova riscontro nei dati scientifici e nei reali livelli
di esposizione da esse prodotti.
Come afferma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non sussiste
alcuna evidenza scientifica che i deboli segnali prodotti dalle
stazioni radio base provochino effetti nocivi per la salute, anche alla
luce delle considerazioni generali sull’assenza di evidenze di rischio
per esposizioni a livelli molto più elevati.
I punti d’accesso delle reti locali Wi-Fi hanno potenze ulteriormente
ridotte rispetto alle stazioni radio base, fino a 10 volte inferiori a
quelle di un telefono cellulare.
La difficoltà di distinguere i segnali molto deboli emessi dalle
stazioni radio base da quelli di intensità più elevata comunque
presenti nell’ambiente ha peraltro fatto sì che, ad oggi, pochi studi
abbiano analizzato in modo selettivo i possibili effetti sulla salute a
queste collegabili.
I risultati di questi studi sono affetti da elevati margini di
incertezza e non permettono alcuna interpretazione in termini di
rischio sanitario.
Va segnalato inoltre che in Italia è in vigore un rigido regime di
autorizzazione e vigilanza, in capo alle Regioni, all’esercizio degli
impianti, ed i limiti di esposizione vigenti sono basati sul principio
di precauzione e più restrittivi di quelli raccomandati e applicati a
livello internazionale e nell’Unione Europea.
COME RIDURRE L'ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Nella presente situazione non del tutto conclusiva sui possibili rischi
per la salute, il cittadino può decidere di adottare misure per la
riduzione dell’esposizione, sua personale o dei propri familiari, ai
campi elettromagnetici emessi dai telefoni cellulari.
Per questo motivo il Ministero della Salute ritiene opportuno elencare
le misure e comportamenti pratici a ciò finalizzati veramente efficaci,
in considerazione delle informazioni spesso poco corrette, se non
totalmente infondate, a cui il cittadino è sottoposto:
effettuare telefonate preferibilmente in condizioni di alta ricezione
del segnale e in zone ad alta copertura dalle reti di telefonia mobile
utilizzare sistemi a "mani libere" (auricolari e sistemi viva-voce)
ridurre le telefonate non necessarie
utilizzare messaggi di testo.
E’ molto importante precisare, come anche sottolineato
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che i vari dispositivi
commerciali pubblicizzati come in grado di ridurre i livelli di
esposizione del telefono non sono mai risultati efficaci quando testati
con metodi scientifici, né il loro uso è da raccomandarsi in quanto
possono sortire l’effetto contrario di indurre il telefono ad aumentare
la potenza per compensare un eventuale effetto di attenuazione del
dispositivo sui segnali.
Va anche reso noto che molti di questi dispositivi commerciali
presentano informazioni del tutto ingannevoli sul loro funzionamento e
efficacia.
Va altresì sottolineato che né l’Organizzazione Mondiale della Sanità a
livello internazionale, né la Food & Drug Administration negli
Stati Uniti, forniscono ad oggi raccomandazioni esplicite
sull’opportunità di ridurre l’esposizione.
BAMBINI E TELEFONI CELLULARI
Le conoscenze scientifiche disponibili, sia di tipo dosimetrico sia
epidemiologico, non indicano che i bambini siano più suscettibili degli
adulti ad eventuali rischi per la salute da campi elettromagnetici a
radiofrequenza.
Certamente, iniziare ad utilizzare il telefono cellulare da bambini e
adolescenti, come attualmente accade, significa che gli adulti di
domani avranno durate di esposizione molto superiori a quelle
sperimentate dagli adulti contemporanei.
In questa prospettiva, i genitori potrebbero voler dilazionare o
ridurre l’uso del cellulare da parte dei propri bambini, ferma restando
l’opportunità che il telefono sia presentato ai bambini come uno
strumento di comunicazione da usarsi quando necessario, e non come un
comune oggetto di gioco.
DIECI BUONE ABITUDINI
Ecco alcune buone abitudini in grado di favorire la riduzione dei
livello di esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dai telefoni:
-effettuare telefonate preferibilmente in condizioni di alta ricezione
del segnale e in zone ad alta copertura dalle reti di telefonia mobile
-utilizzare sistemi a "mani libere" (auricolari e sistemi viva-voce)
-ridurre le telefonate non necessarie
-utilizzare messaggi di testo
-limitare alle situazioni di necessità l’uso del telefono in auto e
durante la guida, anche ove si utilizzino sistemi in viva voce e a mani
libere. E’ dimostrato che l’uso telefono cellulare durante la guida di
veicoli aumenta il rischio di incidenti stradali, diminuendo la
capacità di attenzione del conducente
-presentare ai bambini il telefono come uno strumento di comunicazione
da usarsi nelle situazioni di necessità, e non come un comune oggetto
di gioco
-non fare uso di dispositivi commerciali pubblicizzati come in grado di
ridurre i livelli di esposizione del telefono, la cui efficacia non è
in realtà mai stata dimostrata ed anzi possono sortire l’effetto
contrario
-non tenere il cellulare acceso negli ospedali (attenersi alla
segnaletica), o dove sono presenti apparecchiature elettromedicali
-per i portatori di pace-maker o di altri dispositivi medici attivi,
non mantenere il telefono in prossimità o a contatto con l’impianto (ad
esempio nel taschino della giacca sul lato dell’impianto stesso) così
da prevenire eventuali interferenze sul corretto funzionamento del
dispositivo
-prestare particolare attenzione all’uso del telefono in strada,
soprattutto in relazione alla lettura e scrittura di messaggi di testo.
L’uso in strada del telefono può comportare una forte diminuzione del
livello di attenzione verso l’ambiente esterno e concorrere al
verificarsi di incidenti e investimenti, con conseguenze potenzialmente
molto gravi
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