
«L’anno scorso – continua la docente - sono stata fortunata perché da ottobre a giugno ho lavorato tramite graduatoria d’istituto e in estate ho potuto contare sulla Mini Aspi, cioè la nuova indennità di disoccupazione con requisiti ridotti. Quest’anno invece che ho svolto i “diritti a scuola” da gennaio a luglio – dice Sara – mi trovo nell’assurda posizione di avere versato i contributi, come tutti, e di non avere diritto ad un assegno di disoccupazione. Ho fatto domanda per l’una tantum, ma mi è stata immediatamente rigettata per mancanza di requisiti. Ho provato a inviare la domanda per la Mini Aspi, come per l’anno scorso, e mi è stata negata per lo stesso motivo poiché i contributi dei lavoratori dei “diritti a scuola” finiscono nella gestione separata dell’Inps. E se in tutto questo ci mettiamo che percepisco un misero assegno mensile di 320 euro, quale reversibilità di mio marito, e ho ancora a carico i miei due figli di 17 e 28 anni disoccupati, allora la vita è davvero impossibile».
«Essere precaria – asserisce Sara - vuol dire avere a portata di mano costantemente una calcolatrice per tenere sotto mano la tua situazione economica: una vacanza non so cosa sia e non posso neppure permettermi delle cure mediche. Un vero e proprio incubo. Se poi – aggiunge – a questa situazione paradossale si associa quella ancora più grave di aver 170 punti in graduatoria e sapere già che non ci sarà posto tra i ruoli perché di anno in anno le nomine diminuiscono. E quelle poche nomine sono pure da ripartire tra gli iscritti alle graduatorie ad esaurimento (in cui mi trovo io), graduatorie del concorso e i riservisti, che chissà com’è – sottolinea – spuntano sempre all’improvviso per i ruoli. Vanificando i decenni di servizio nella scuola, il merito e l’infinita gavetta».
Con l’aggiornamento delle graduatorie di istituto, dice Sara, «quest’anno ho scelto di inserire negli elenchi solo sette scuole, le più vicine a casa mia, perché non ho più le energie per correre da una scuola all’altra in paesi distanti. Non mi posso permettere l’automobile e comincio ad aver problemi fisici. E poi - conclude la Cossu - al governo dovrebbero smetterla di parlare per slogan, la scuola è fatta di persone e non di numeri. Abbiamo diritto ad essere rispettati anche noi».
Francesca Marsico - Lagazzettadelmezzogiorno.it