Il Governo Renzi
si è caratterizzato per l’uso reiterato e spregiudicato della politica
dell'annuncio: così ha saputo parlare alla ‘pancia’ dell'italiano
medio, sfruttandone al massimo la propensione demagogica. Gli 80 euro
girati ad alcuni settori della popolazione ne rappresentano
sicuramente l'esempio più eclatante, e gran peso hanno avuto nella
schiacciante vittoria dell'ex sindaco di Firenze alle recenti elezioni
europee e nel conseguente rafforzamento della sua leadership in campo
politico e nell'immaginario collettivo.
Anche il Decreto Madia, annunciato come riforma ‘epocale’ della PA,
nasconde - dietro qualche specchietto per le allodole come la ventilata
soluzione della vergogna relativa a ‘quota 96’, subito cancellata -
meri aggiustamenti strutturali nella direzione di ulteriori tagli,
precarizzazione e peggioramento delle condizioni dei lavoratori
del pubblico impiego. Manca, come al solito, qualsiasi attacco ai
privilegi.
Rimandiamo ad altre occasioni un commento articolato del provvedimento
per appuntare l'attenzione su quello che è stato uno dei punti più
propagandati, nella campagna massmediatica, dal duo Renzi-Madia: il
(presunto) dimezzamento dei permessi sindacali sui posti di lavoro. In
realtà stanno soprattutto mettendo a regime i mai attuati tagli
disposti addirittura dai tempi di Prodi, rimasti sulla carta grazie
alla continua prassi di do ut des fra casta politica e casta sindacale
‘pronta-firma’.
In una situazione di crisi economica e complessiva (anche della
‘rappresentanza’) qual è l'attuale, il Governo ha avuto gioco facile a
far passare l’idea che l'attività sindacale dei delegati dei
“fannulloni del Pubblico Impiego” peserebbe enormemente sui cittadini e
sui servizi pubblici ed ‘agire’ di conseguenza. Come detto, la manovra
non nasce oggi. Quello che invece occorre chiedersi è: come mai le
decisioni governative hanno SEMPRE trovato l’appoggio delle principali
organizzazioni sindacali (le uniche a beneficiare di comandi, distacchi
e permessi sindacali) ?
Dalla prima metà degli anni ’90 i governi Amato e Ciampi ridussero
drasticamente le agibilità sindacali esistenti nel pubblico impiego, ma
CGIL, CISL, UIL, UGL e CONFSAL (in testa) scelsero di concordare la
possibilità di mantenere l’istituto del distacco sindacale (prerogativa
che consente al sindacalista prescelto e ‘nominato’
dall’organizzazione, e non dai colleghi di lavoro, di uscire dal ciclo
produttivo e conservare il posto continuando a ricevere lo stipendio
dalla propria Amministrazione). In sostanza, s’è sempre operata solo
una forte riduzione dei permessi per i rappresentanti rimasti sui posti
di lavoro.
Questo scellerato baratto continua. Meno di dieci anni dopo, furono
ancora CGIL, CILS, UIL & C., col Contratto Collettivo Nazionale
Quadro sulle prerogative sindacali del 7 agosto 1998, a stabilire che
il complessivo contingente dei permessi sindacali utilizzati nei posti
di lavoro fosse ridotto del 10%, trasformando questa aliquota in altri
289 distacchi per le organizzazioni ‘pronta-firma’. Per di più, solo 30
degli 81 minuti residui per dipendente venivano assegnati alle RSU
elette, mentre 51 andavano ai ‘delegati’ nominati dalle organizzazioni
sindacali monopoliste: firmò anche l'RdB-CUB, antesignana dell’attuale
USB!
Anche il CCNQ del 9 ottobre 2009 (secondo governo Berlusconi) diede la
possibilità alle singole organizzazioni sindacali di trasformare
ulteriori permessi per i delegati in distacchi per sindacalisti a tempo
pieno, e nessuno fra gli aventi diritto a firmare (Confederali ed
‘autonomi’, nonché l’USB) si fece scappare l’albero della cuccagna. In
sostanza, dall’iniziale monte-ore complessivo per unità produttiva
calcolato moltiplicando 90 minuti per il numero dei dipendenti,
si arrivò ad una drastica riduzione in tutti comparti. Nella
scuola si giunse a 49 minuti e 30 secondi a dipendente: ma di questi
solo 25 minuti e 30 secondi vennero destinati alle RSU elette.
Con l'ultimo accordo, a partire dal primo Settembre verrà operato un
ulteriore taglio: le RSU di ogni singola scuola, nel loro complesso,
avranno a disposizione per l’attività sindacale un monte ore calcolato
solo tramite il coefficiente di 12 minuti e 45 secondi moltiplicato per
il numero dei dipendenti: appena un quinto di quanto prevede tutt’ora
lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970). I sindacati concertativi hanno
fatto ‘piazza pulita’, ed ora ‘s’apprestano a far sparire anche le loro
stesse rappresentanze elettive.
Sino al '97 le norme richiedevano alle organizzazioni sindacali il
raggiungimento della soglia del 5% dei voti validi nelle elezioni di
categoria (Consigli della Pubblica Istruzione, nazionale e provinciali,
per la Scuola). Nel periodo intercorrente fra un'elezione e l'altra il
calcolo veniva, con un tetto analogo, operato sui sindacalizzati. Il
raggiungimento del 5% su lista nazionale significava per le
organizzazioni di comparto poter sedere al tavolo delle trattative per
il rinnovo del contratto di categoria e per le contrattazioni
decentrate di primo livello; una soglia analoga su lista provinciale
garantiva la partecipazione alle trattative decentrate.
La legge "Bassanini" del Novembre '97 ha stravolto ogni regola.
Innanzitutto impedisce la presentazione di liste nazionali, imponendo
unicamente liste scuola per scuola; delegando poi alle OOSS
concertative la scelta di data e ‘rito’. Così, nella Scuola (10.000
sedi centrali), CGIL, CISL, UIL, SNALS e Gilda impongono la
presentazione di una lista per istituto, e meno liste si presentano,
meno voti si possono raccogliere.
Vengono perciò elette "Rappresentanze Sindacali Unitarie" unicamente
nei luoghi di lavoro, titolate a trattare solo sulla falsa riga di
contratti nazionali e provinciali decisi dai rappresentanti nominati
dalle burocrazie sindacali senza alcun controllo elettivo. Inoltre alle
OOSS "non rappresentative" è interdetta persino la convocazione di
assemblee in orario di servizio, di modo che non possano trovare
candidati e sottoscrittori necessari a presentare le liste, né
presentare il proprio programma qualora li trovino. Quando vengono
elette, alle nostre RSU s’estende tale divieto.
Ma non è tutto. Per favorire i sindacati pronta-firma, è stato
inventata anche la cosiddetta "media": il 5% non viene infatti
calcolato più sui voti o sugli iscritti, ma va raggiunto fra i due
parametri. In tal modo la soglia sul dato elettorale sale
automaticamente, dovendo i sindacati nuovi compensare la ovvia carenza
di iscritti a fronte di quanti esistono da almeno quarant'anni.
Significativo è che il 10% dei sindacalizzati (30%) equivale a meno
della metà del 10% sui votanti (70%), utile ad un sindacato di nuova
formazione. In tal modo, Confederali ed ‘autonomi’, che in decenni si
sono garantiti comunque il 10% dei sindacalizzati, resterebbero
"rappresentativi" anche a voti zero!
I sindacati che non raggiungono tali folli parametri vengono privati di
ogni diritto e spazzati via persino dal piano decentrato, anche se,
come l'Unicobas Scuola, possedevano comunque seggi ed il 10% dei voti
nelle elezioni per il Consiglio Scolastico Provinciale di Roma (prima
che venisse abolito con la ‘autonomia’), nonché il 5% delle deleghe
nell'ambito di numerose province e regioni. Un sindacato può anche
avere il 60% delle deleghe su base provinciale e non essere ammesso a
nessuna trattativa decentrata. In Italia si dibatte molto di
federalismo, ma il federalismo è stato espunto dalla democrazia del
lavoro
Renzi continua vestire i panni ‘dell'alfiere del rinnovamento’ e lascia
intendere di voler colpire in modo radicale la casta sindacale. Invece
gli apparati tradizionali continueranno a beneficiare di migliaia di
distacchi pagati dai cittadini, nonché di risorse economiche
consistenti e benefit governativi (basti pensare ai 15 euro versati
loro dallo stato per ogni pratica CAF evasa), continueranno ad assumere
ruoli direttivi in Enti Bilaterali ed a cogestire i Fondi-pensione
(mentre la previdenza pubblica viene via via smantellata). Ne faranno
le spese le RSU elette direttamente sui posti di lavoro, che vedranno
ancor più eroso il già magro monte ore annuo di permessi per svolgere
la propria attività quali colleghi fra i colleghi, colleghi verso i
quali (il condizionale è d’obbligo) dovrebbe esercitarsi la tutela
sindacale.
L'Unicobas Scuola continuerà a denunciare le operazioni smaccatamente
demagogiche, a smascherare le organizzazioni sindacali sempre pronte a
svendere diritti in cambio di privilegi, a favorire la crescita di un
reale sindacalismo di base, libertario, autogestionario e scevro da
ipoteche di casta e di partito.
Stefano d’Errico (Segretario
nazionale Unicobas)
Stefano Lonzar (dell’Esecutivo
Nazionale dell’Unicobas)