
L’idea di fondo sottesa a questa nuova perla sfoggiata dalla compagine governativa è quella di redigere una graduatoria degli atenei italiani perché, lo sottolineava con inquietante candore il nostro premier qualche mese fa «esistono già università di serie A e di serie B in Italia, dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo»; aggiungendo anche che «rifiutare la logica del merito dentro le università e pensare che tutte siano brave è quanto di più antidemocratico vi possa essere».
Insomma, non più l’idea che sia lo Stato a garantire un medesimo standard d‘istruzione (a parità di titolo) uniforme su tutto il territorio nazionale in accordo con gli Articoli 33 e 34 della nostra Costituzione, ma, spiega Ernesto Carbone relatore della riforma Madia, dobbiamo «stabilire caso per caso quanto vale un titolo di studio […]». Inoltre, tra dichiarazioni e prospettive di “riforma” viene completamente disatteso l'Articolo 3 che stabilisce inequivocabilmente quale obbligo dello Stato quello di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”
Siamo di fronte non solo allo smantellamento della scuola pubblica che il DDL sulla buona scuola ha rimodellato su un becero modello privatistico oramai consunto e superato, ma alla demolizione surrettizia dell’idea stessa di pubblico su cui poggia la nostra Carta costituzionale.
Valeria Bruccola - Coordinatrice Nazionale Adida
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