‹‹Sarina, sangu miu, tu si tantu spetta
quantu bbabba›› mi riprendeva benevolmente. ‹‹Assettiti e stammi a
sentire. I masculi
sono cocciuti come i picciriddi e quando s’impuntano su una cosa
non sentono ragioni. Allora la fimmina deve essere scaltra, stare
zitta e aspettare il momento giusto per dire la sua e fargli cambiare
pinseri. Tuo padre è come tutti gli altri uomini. Prima farà
fuoco e fiamme per dimostrare che chi porta i causi in casa è lui,
ma poi calerà testa e farà quello che dice tua madre››.
Un libro, e voglio dire un romanzo, e penso a un romanzo che non
si fermi alla superficie dell’accadimento possibile, non è quasi mai
solo
un fatto estetico. Nel senso di un’operazione di scrittura che risponda
all’esigenza di venire incontro al bisogno di compiuto che ci portiamo
dentro, più o meno soddisfatto dentro i parametri dello stile. Quasi
sempre è anche un fatto etico, perché difficilmente lo scrittore
rinunzia
a proporre una sua visione delle cose, a prendere posizione nel grande
arengo della vita.
In questo secondo libro di Maria
Marino, dove la bambina che gli
dà il titolo, Maria la rossa, occupa un ruolo all’apparenza defilato,
in
realtà centrale come il perno d’una ruota che gira su se stessa,
avviene
proprio questo: l’autrice si avvita, e ci avvita, all’interno di una
vicenda tanto più “consueta” - della consuetudine delle cose che
svelano
tragedie che la normalità dei tempi lascerebbe ignote ai più - quanto
più rivelatrice di una condizione oscura di questa nostra età di facili
apparenze, che le cronache di tanto in tanto disvelano (nel senso che
tolgono loro i veli restituendone l’ipocrisia) e intanto ripiombano
nell’inquietante normalità del quotidiano.
Dove le vittime designate,
deboli come sono sempre le vittime, lo sono ancora di più perché
bambini:
e nei loro confronti non sarà mai sufficiente la reverentia.
Non dico a caso: avvita. Perché, e qui l’operazione stilistica supporta
la dimensione estetica con la pronuncia etica, quello che in questo
libro
convince è il fatto che il lettore si trova catapultato dentro una
realtà
di interni familiari di disarmante semplicità, e a mano a mano che pro-
cede vede affiorare, come da un gorgo che all’apparenza nega le sue
ragioni di essere, spezzoni di un mondo che si complica, si chiude in
se
stesso, rivela momenti di ordinaria banalità di traumi, di conflitti
non
confessati e forse neanche capiti, ma anche di abissi oscuri, di igno-
minie rimosse; mentre la storia (dei protagonisti ma anche del restante
sottinteso universo) procede parallela nel suo percorso inesorabile.
È allora che il racconto di una vicenda terapeutica diventa rivelazione
di una condizione patologica non solo individuale. E dunque quel fatto
etico che sostanzia di lievito umano il rigore puntuale della
costruzione
letteraria. E la piccola Maria si fa figura di una tragedia collettiva
dalla
quale solo la scienza configurata dentro le ragioni sociali, dell’umana
solidarietà, può consentire di uscire. Tanto più che il tempo non si
fer-
ma nelle pagine del romanzo, e la pagina finale lascia intuire un nuovo
inizio. L’arte fa il resto: rende il racconto appassionato, lo fa
rivelatore,
semina dubbi lungo il suo percorso, stimola domande, chiede risposte.
Fa diventare un bel romanzo un progetto etico.
Il romanzo è edito dall’Associazione Nazionale Coordinamento
Camperisti.
E' fruibile su personal computer e/o tablet -
smatphone, scaricando
la copia digitale.
prof. Alfio Siracusano