Giovane per età
anagrafica ma solida e matura nella visione estetica, nella cultura e
nelle realizzazioni tecniche, l'artista Serena Stefani vive in
terra di confine tra Liguria e Toscana, a Santo Stefano Magra,
che amministrativamente si trova in provincia di La Spezia in una
striscia di territorio pianeggiante sulla sponda sinistra del
fiume Magra, là dove la natura non ha potuto segnare una
più larga e sicura demarcazione geografica. L'arte e la scienza
però non hanno sedi deputate e così l'Artista che è nata a
Sassuolo in Emilia, dopo aver girato in lungo e in largo per
l'Italia con la famiglia per serie ragioni di lavoro del
padre,operaio meccanico e lodato inventore, ha trovato casa e
bottega in questa graziosa e raffinata cittadina e dei bravi maestri
nell'Accademia di Belle Arti di Carrara, nella quale ha conseguito
prima il diploma triennale con il massimo dei voti e poi la laurea
magistrale nel biennio di specializzazione in pittura con il
medesimo risultato.
Entro subito nel merito della valutazione dell'opera della
Stefani, senza perdere tempo in preamboli decorativi ed
edulcorati di cui l'Artista santostefanese non ha certamente
bisogno, giacché la sua arte è limpidamente realizzata con i normali
strumenti tecnici, le comuni risorse pittoriche e la richiesta al suo
lettore di una normalissima disponibilità all'ascolto intellettivo e
sentimentale, con qualche eccezione di un impegno più intenso dovuto
a particolari momenti di vera difficoltà in cui viene indicata e
rappresentata con tecniche speciali una irreparabile frattura
dell'essere umano nello sprofondamento catastrofico dell'attuale
civiltà. Qui, per una adeguata intelligibilità dell'opera, deve
sopperire una più acuta sensibilità ed uno sforzo maggiore di
comprensione con l'intervento simultaneo della ragione e
dell'intuizione. Il tema prevalente, quello che determina la poetica e
che investe tutto il lavoro dell'Artista, riguarda proprio la
frantumazione dell'umano nella civiltà dei consumi e
dell'industrializzazione avanzata. L'uomo è visto nel suo
sbriciolamento fisico, morale e intellettuale e nel vano
tentativo della sua autonoma ricomposizione, che non si può
verificare grazie alle energie autoctone, bensì solamente
in virtù dell' intervento risolutivo di una Forza Superiore che salva,
redime e ricompone le inevitabili ferite dell'esistere. Si tratta in
verità del recupero dell'anima in mezzo ad un processo di intensa
civilizzazione che ne ha prodotto la perdita e quindi la
sconsacrazione e la totale secolarizzazione dell'umanità e la rottura
dissacrante dei rapporti con il divino.
Nella trilogia stefaniana titolata "Casa", "Fabbrica" e "Metropoli" è
rappresentato il processo di sfaldamento dell'umano con i pezzi di
vestito che volano nella prima tela, i fogli di carta che si staccano
dal loro contesto nella seconda tela e la fitta rete viaria
che confonde e sconvolge la mente e ostruisce il passaggio
nella terza tela; e l'intervento divino che si mostra sensibilmente con
le lacrime che scendono dal cielo in segno di Pietosa Benevolenza.
Questa viene a redimere ed a restituire all'uomo la sua anima
dispersa e sconnessa nell'ordine temporale del finito. La Stefani scava
nella miseria umana e riconosce il segno del divino nella grazia
e nella fede, dopo aver visto il fallimento drammatico di ogni supposta
grandezza umana. Crollano, infatti, miseramente l'uomo biologico di
Darwin incapace di competere a lungo e di sopravvivere e il
superuomo di Nietzsche avvilito dai suoi limiti invalicabili, e
scendono le lacrime pesanti e pietose dal cielo con lo sguardo pensoso
di Dio che guarisce, redime e introduce il Bene nell'anima ritrovata:
"Il mondo visibile somiglia a quel carcere e la luce di quel fuoco alla
potenza del Sole [...] Iddio sa se sono nel vero. Ma io credo che sia
così, e cioè che nel mondo intelligibile l'idea del Bene sia la più
alta e la più difficile a scorgersi, ma che, quando si sia scorta,
bisogna concludere che essa è per tutti la causa d'ogni cosa buona e
bella, poiché nel mondo visibile ha generato la luce e il signore di
questa[...] così quest'organo dell'anima dev'essere stornato da ciò che è
divenire, fino a che non si renda capace di contemplare l'Essere e
contemplarlo nella sua parte più luminosa che è, come affermiamo, il
Bene" (da Platone, Repubblica,
libro VII). Solo l'anima, dunque, restituisce valore e dignità
all'essere umano spappolato e mortificato e solamente Dio, l'Essere
trascendente, ha la forza di imprimere nell'anima umana l'idea
del Bene e di permettere all'uomo vivo e vegeto la tessitura del suo
mantello lacerato.
Qui l'arte della Stefani gioca la sua partita decisiva e la vince
con la potenza rappresentativa e comunicativa di argomenti forti
e difficili che solo concettualmente trovano la loro migliore
sistemazione, ma che la Stefani sa maneggiare con delicatezza, senza
lasciarsi prendere dal panico e usando i suoi poderosi strumenti
tecnici al servizio di una Superiore Verità. L'estetica le darebbe
ragione e direbbe inoltre che l'operazione metafisica si può, e
si deve, rappresentare ed intuire con successo artistico purché
non sia inquinata da intenzioni predicatorie, da sterili esercizi di
retorica edificante o da astratto razionalismo. La grande
bellezza dell'arte, insomma, è legata organicamente alla sua capacità
veritativa, e la Stefani fornisce un modello validissimo ed
elegantissimo sia dell'una che dell'altra.
prof. Salvatore Ragonesi