Sul testo
definitivo si potrebbe chiudere domani: per i nati tra il 1951 e il
1954 che aderiranno, si prospetta un assegno di quiescenza lontanissimo
rispetto a quello percepito dagli attuali pensionati che hanno versato
persino meno contributi. La riforma Fornero, infatti, introducendo il
contributivo, ne ha già ridotto la consistenza di oltre il 20%. La
restituzione dei tre anni e 7 mesi di “scivolo” farà ‘dimagrire’ la
pensione di un’altra percentuale simile: per ogni anno d’anticipo
pagherà il 5% o il 6% dell'assegno, da restituire in 20 anni. Se si
utilizza appieno lo strumento, andando via 3 anni e 7 mesi prima, la
quota oscillerà tra il 15% e il 18%. Vi è, poi, l'interesse alla
banca e il premio assicurativo anti-premorienza; si arriva a togliere,
quindi, un altro 20-25%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è immorale e ingiusto privare un
pensionato del diritto di vivere la terza età su livelli proporzionali
con i contributi versati. Non comprendiamo perché non abbiano inserito
l’insegnamento tra le attività usuranti. Se va bene, sarà concesso solo
ai maestri d'asilo. Certamente, le docenti della scuola dell’infanzia
svolgono tra le professioni più a rischio burnout, quindi, tra coloro
che non debbono restituire nulla in cambio dell’anticipo. Ma è
l’insegnamento intero a comportare patologie e stress, quindi, anche
per chi insegna nella primaria e secondaria. Se, invece, a decidere per
la vita delle persone devono continuare a essere le coperture indicate
dal Mef, allora è meglio che lo dicano subito.
“Non abbiamo mai sopportato il ‘dimagrimento’ e lo slittamento delle
pensioni di chi ha lavorato per una vita, voluto dalla Fornero tra le
lacrime. Ora si sta chiudendo, probabilmente già domani, su un accordo
che prevede l’ammortamento dell’assegno di quiescenza, con
l’applicazione del prestito oneroso da restituire in vent’anni, per
lasciare fino a 43 mesi prima. Francamente, è troppo”. A dirlo è
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal,
commentando il via libera dei sindacati maggiori a progetto del Governo
sulle modalità di attuazione dell’Ape, l'anticipo pensionistico per
tentare di salvare tanti lavoratori dall’assurdo innalzamento
generalizzato dei requisiti introdotto dalla riforma pensionistica
avvenuta sotto il Governo tecnico di Mario Monti.
Il cerchio si sta chiudendo attorno a un'Ape riservata ai nati tra le
fine del 1950 e il 1954: quest’ultimo potrà essere chiesto dall'anno
prossimo a partiredai 63 anni di età e quindi a 3 anni e 7 mesi dal
pensionamento di vecchiaia. Il periodo di sperimentazione del sistema
dovrebbe essere di 2 anni e, per il momento, potranno uscire dal lavoro
nel 2017 soltanto i nati fino al 1954, una volta compiuti 63 anni. Solo
per le categorie disagiate (per chi percepisce una pensione fino a
1.200 euro netti) e logoranti (ad esempio chi lavora nell’edilizia o
gli infermieri), l'anticipo dovrebbe essere sostanzialmente gratuito,
perchè da restituire attraverso una soluzione fiscale praticamente
“indolore”.
Chi percepirà una pensione lorda superiore a 1.500 euro e non rientra
nelle professioni logoranti, per ogni anno di anticipo pagherà circa il
5% o il 6% dell'assegno, da restituire sempre in 20 anni. Se si è
utilizzato appieno lo strumento, andando via 3 anni e 7 mesi prima, la
quota oscillerà tra il 15% e il 18%. Vi è, anche , l'interesse
alla banca e il premio assicurativo contro la premorienza; quindi, si
arriva al 20-25% in meno dell’assegno.
Secondo Anief-Cisal, restituire per due decenni una cifra che tra i
lavoratori della scuola varia tra i 150 e i 200 euro al mese
rappresenta tutto fuorché un’occasione ‘da non perdere’. Stiamo
parlando, tra l’altro, già di pensioni fortemente penalizzate dal
passaggio dal sistema retributivo a contributivo: il nuovo sistema ha,
infatti, decurtato le pensioni di percentuali sostanziose, almeno il
20%, di quelle assegnate sino alla riforma Fornero.
“Secondo il nostro sindacato – continua Pacifico – è immorale e
ingiusto privare un pensionato del diritto di vivere la terza età su
livelli proporzionali e in linea con i contributi versati. Al tavolo di
questa partita, le due parti, pubblica e sindacale, farebbero bene a
prendere piuttosto in considerazione l’insegnamento tra le attività
usuranti senza fermarsi ad alcune professioni, come coloro che operano
nell'edilizia e gli infermieri. Se tutto va bene, nella lista ristretta
rientreranno le maestre d'asilo; quello delle docenti della scuola
dell’infanzia va annoverato, infatti, tra le professioni più a rischio
burnout, quindi tra coloro che non debbono restituire nulla in cambio
dell’anticipo”.
“Quello che non si comprende - dice sempre il sindacalista Anief-Cisal
- è perché lo stesso trattamento, il riconoscimento del logorio
professionale, non venga riconosciuto anche a chi ricopre l’incarico di
docente della scuola primaria e della secondaria. L’insegnamento,
infatti, comporta patologie e stress a tutti i livelli scolastici: non
è un’opinione ma un dato accertato da studi internazionali. Se, invece,
a decidere per la vita delle persone, in carne e ossa, devono
continuare a essere le coperture indicate dal Ministero dell’Economia,
allora è meglio che lo dicano subito, evitando di cadere in palesi
contraddizioni. Percepire per vent’anni, da pensionati e dopo una vita
di lavoro, un assegno di quiescenza quasi dimezzato, appare ai nostri
occhi un’ipotesi davvero impraticabile”.
Ricordiamo che, oggi, con le nuove norme pensionistiche, un lavoratore
va in pensione al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di anzianità di
servizio per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (prescindendo
dall’et), oppure 66 anni e 7 mesi di età da attuare assieme al
raggiungimento di 20 anni di servizio entro il 31 dicembre 2016.
“Nel frattempo, in altri Paesi europei, si continua a andare in
pensione senza ‘trappole’ o tranelli.Un docente della Germania, lascia
l’insegnamento dopo 24 anni di servizio e senza decurtazioni,
percependo una pensione quasi doppia rispetto ai nostri. In Italia,
invece,per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva
neppure a mille euro al mese.Ora si chiede di percepire una cifra di
questo genere, andando in pensione a 65 anni, facendola passare per una
scelta anticipata. Se guardiamo al futuro, c’è poi da mettersi le mai
nei capelli: chi è stato immesso in ruolo nell’anno della Buona Scuola,
ad esempio, andrà in pensione solo a 70 anni con assegni sicuramente
sotto i mille euro”, conclude il sindacalista.
Anief comunica che per far fronte alle esigenze di migliaia di
associati interessati all’argomento in questione, il giovane sindacato
ha siglato una convenzione con il Centro servizi Cedan, società
autorizzata ad erogare, per mezzo della confederazione Cisal, servizi
di Caf e patronato: sarà possibile avvalersi di tali servizi scrivendo
a info@cedan.it....
Anief.org