In questi
giorni si sono svolte le prove selettive per gli aspiranti alla
specializzazione per il sostegno scolastico. A queste prove, il
Consiglio di Stato ha ammesso con riserva i docenti privi di
abilitazione formale all'insegnamento ma che da anni esercitano la loro
attività di docente proprio ricoprendo incarichi sui posti di sostegno
nelle classi con alunni con disabilità: “inadatti” a specializzarsi,
perché nemmeno ammissibili a frequentare un corso a pagamento, ma
adatti a svolgere da precari la professione a pieno titolo. Qualcosa
non torna, visto anche che hanno affrontato la necessità di formarsi
autonomamente, per poter svolgere con consapevolezza ed efficacia il
proprio ruolo, maturando sul campo una notevole esperienza che, secondo
logica e buon senso, dovrebbe essere valorizzata e riconosciuta.
Invece, si è scelta ancora una volta la strada del numero chiuso,
limitando la competizione per l'accesso ai corsi ai soli docenti
abilitati, precari come i primi, nonostante la realtà strutturale
dell'utilizzo di docenti di tutte le graduatorie, anche della III
fascia d'istituto, per sopperire alle carenze del sistema.
Uno spreco di risorse umane e una disparità di trattamento che si
realizza a convenienza, tra segmenti di docenti differenzianti nello
status ma non nella posizione giuridica e professionale determinata dal
contratto sottoscritto e dalle mansioni svolte. Sono anni che ribadiamo
la necessità di un riconoscimenti per tutti i docenti di fatto,
precari a tempo indeterminato, per i quali la legge 107 non ha previsto
nulla. L'attuazione delle nuove modalità di formazione e reclutamento
hanno dovuto contemplare solo successivamente una fase
transitoria, non prevista dalla legge, che permettesse di mettere una
toppa sulla incresciosa vicenda di un ricorso massiccio ai precari
delle graduatorie d'istituto, visti gli slogan e le promesse del
passato Governo e i fallimenti di un Concorso nazionale ancora non
concluso. Con questa fase transitoria, si avrà un pallido
riconoscimento del pregresso servizio, ma nell'immediato, e
nell'incertezza dei tempi di attuazione della stessa, rimangono
precluse le possibilità di formazione e progressione in carriera, per
bieco calcolo numerico che, tra l'altro, non corrisponde né al
fabbisogno, né al diritto costituzionale alla formazione, continuamente
disatteso.
Come associazione, abbiamo sempre sostenuto la necessità di cercare
dialogo e soluzioni alle vicende dei precari delle Graduatorie
d'Istituto in ambito politico ma il ricorso alla Magistratura si è reso
necessario per arrivare dove la politica si ferma. È evidente che gli
obiettivi generali della Legge di riforma del sistema scolastico sono
stati ampiamente deludenti e delusi, avendo escluso dai piani di
stabilizzazione i precari di II e III fascia, reclutati massicciamente
anche quest'anno. Inoltre, si è generato, per effetto di piani di
assunzione sconclusionati, ulteriore precariato.
L'aver continuato a perseverare sul numero chiuso e sugli sbarramenti
per l'accesso ai percorsi formativi sul sostegno, infine, travisa
l'obiettivo che fa da sfondo a tutti i processi educativi e sociali,
l'inclusione, richiamata anche nella legge 107. Come si può pretendere
che tutta la comunità scolastica, nel nostro caso, partecipi
attivamente per raggiungerla, se si preclude agli insegnati stessi di
accedere, pur pagandola, alla formazione? Una macroscopica
contraddizione che, oltre tutto, non fa che alimentare il numero dei
contenziosi a danno del sistema scolastico e dello Stato in generale.
Valeria Bruccola, Coordinatrice
Nazionale Adida