L'anno
scolastico che sta per concludersi sarebbe dovuto essere l'anno di
svolta, dopo quello che, per MIUR e Governo Renzi, era stato il piano
di assunzioni "epocale" della storia della scuola. Non ritorneremo
sulle "disgrazie" causate all'intero sistema da Concorso, algoritmo e
mobilità, né sulla beffa subita da quanti, non partecipando al piano di
assunzioni straordinario, sono rimasti con un palmo di naso,
prevalentemente nelle regioni del Mezzogiorno. Non ci soffermeremo
nemmeno a ribadire che il termine precariato, in Italia, assume
carattere politico, più che concettuale e descrittivo, perché tale
termine nasconde sacche di precariato autentico, fuori dai piani di
assunzione con motivazioni arbitrarie e fittizie e aspiranti docenti
parcheggiati per anni in graduatorie che oggi, dal lontano 2007, ancora
rimangono fitte di candidati al "posto fisso", non sempre precari. In
più, con un emendamento, l'anno scorso il Parlamento ne ha prolungato
la validità di almeno un anno, impedendo a chi, dalle graduatorie più
affollate, voglia trasferirsi in altre province, di farlo, magari
scegliendo, e non affidandosi al caso, come è avvenuto per la fase
straordinaria di reclutamento.
Questa circostanza, che penalizzerà migliaia di persone, specie
iscritti nelle GAE della scuola dell'infanzia e della scuola primaria,
oltre che discriminante e illogica, tradisce i proclami politici di
azzeramento delle graduatorie stesse, che hanno fatto presa sui
cittadini ignari della verità dei fatti e che, senza strumenti, non
possono vedere che, anche dietro alle nuove promesse di assunzione, ci
sono insidie e dati falsi.
La pagina più scandalosa, però, si sta scrivendo sulle Graduatorie
d'istituto, affollate da precari disconosciuti da MIUR e Parlamento
rispetto al diritto alla stabilizzazione, riabilitati allo status di
precari solo nella recente definizione della fase transitoria. Da mesi
il Ministro e i suoi collaboratori annunciano la loro riapertura per
l'aggiornamento, parziale, perché vorrebbero riservarla alla II e alla
III fascia, aggiornamento di cui non si sa più nulla, né si riesce
ormai ad intravedere che avvenga compiutamente entro la riapertura del
prossimo anno scolastico, in modo da consentire alle scuole, di
conseguenza agli alunni, un avvio senza il solito balletto di docenti
che si avvicendano su ciascun posto. Mesi di chiacchiere e proclami,
secondo lo "stile" politico del momento, che hanno prodotto già danni,
con la corsa all'accaparramento di titoli e certificazioni che finora
hanno arricchito enti di formazione privati. Inoltre, come per il nuovo
ciclo di TFA mai attivato, l'idea che fosse imminente l'aggiornamento
delle Graduatorie d'istituto ha alimentato il mercato dei
"ricorsifici", travisando l'uso strumentale che la categoria ha fatto
del ricorso, come grimaldello per far leva sulle decisioni politiche
che, negli anni, hanno disconosciuto e danneggiato i precari storici di
queste graduatorie, alimentando illusioni e sperando che la
Magistratura possa sempre agire nel correggere le storture politiche.
Ma con l'impianto normativo nuovo, dopo la L. 107, la politica ha
stravolto il volto del precariato, determinando disparità e attuando
una cesura che, di fatto, preclude aggiustamenti che non passino dalla
politica stessa. Adesso, con il ritardo nell'aggiornamento delle
graduatorie, oltre al danno per il sistema scolastico che vedrà l'avvio
di un nuovo anno con graduatorie esaurite, si profila un danno anche
per i precari, bloccati in scuole e province da graduatorie scadute.
Nessuna possibilità quindi di attuare una "mobilità" funzionale
soprattutto al sistema che ha dovuto ricorrere alla Messa a
Disposizione, per sopperire alle carenze di supplenti, specchio delle
carenze strutturali del sistema. Il ricorso alle MAD, come le nomine
fino all'avente diritto, costituiscono l'ennesima beffa ai danni della
categoria dei precari delle GI e manifesta l'inadeguatezza di questo
esecutivo a garantire gli interessi di tutti, in primo luogo degli
alunni, che vedranno un avvio scolastico con le solite annose
problematiche. Non vediamo alcuna motivazione oggettiva per
giustificare questo ritardo e auspichiamo che la categoria stessa
manifesti il dissenso verso l'atteggiamento di noncuranza che il MIUR
dimostra rispetto alle nostre vite professionali e verso i destinatari
del servizio scolastico, gli alunni e le alunne italiane.
Valeria Bruccola, Coordinatrice
nazionale Adida