Non è un
caso se il romanzo, oggi, è diviso tra visioni distopiche (il futuro
come inevitabile apocalisse, il trionfo della tecnologia come controllo
tirannico e soppressione delle libertà, l'omologazione come trionfo
della mediocrità acritica) e nostalgie regressive (ritorni alla terra,
saghe familiari, arcadie contadine e utopie libertarie). Escludo,
ovviamente, i romanzi intimisti, che non mi interessano, e l'inflazione
di gialli da consumo. Nei romanzi di qualche interesse il presente è
schiacciato tra quel futuro da temere e quel passato da rimpiangere:
letteratura a favore della "decrescita"?
Può anche darsi, o più semplicemente, ancora una volta, è il romanzo e
non le scienze sociali o peggio la politica a metterci sulla strada
della verità. Che poi, per chiunque ragioni libero da interessi e
pregiudizi, è ovvia: siamo sull'orlo dell'abisso, con una terra
devastata, interi continenti sfruttati e affamati, ceti dirigenti
inconsapevoli o incapaci se non corrotti e malavitosi, un Potere
anonimo e astratto mai così dispotico e tuttavia inattaccabile, un
post-capitalismo finanziario rapace avventuriero e discriminatorio che
ci fa rimpiangere i "padroni delle ferriere", una tecnologia
spersonalizzante e illiberale, l'agonia nelle scuole nelle università
nei media e nell'editoria del pensiero critico.
E allora via alla nostalgia, sdoganiamola, non per favoleggiare di
paradisi perduti ma per capire ciò che per via abbiamo perso, che va
recuperato a costo di fare molti passi indietro, e di azzerare la
tronfia hybris di un Io collettivo possessivo e ossessivo che spaccia
per "progresso" il successo e la sopraffazione, il dominio e la
disuguaglianza. E giacché ci siamo, sdoganiamo pure il "populismo",
pensando non tanto ai sedicenti populismi nostrani marpioni e
cialtroni, ma a quell'ondata di giovani puri, eredi dei Vangeli, che
nella Russia dell'Ottocento si misero al servizio del popolo, ne
condivisero gli stenti e le speranze, non per imporre loro ideologie
strategie leadership e rivoluzioni illiberali ma per rinascere insieme
a loro, liberi e uguali, in un mondo liberato dal profitto e dal
bisogno, dal potere e dalla povertà, dall'ignoranza e dalla violenza.
E allora, che il romanzo ci dica dei nutrimenti terrestri,
dell'avvicendarsi della luce e della tenebra, del mistero
dell'esistere, delle lucciole e dei mendicanti, degli angeli
sprigionati dal sonno della Ragione.
Antonio Di Grado