
In questo momento altro non c'è per la scuola, perché i suoi compiti non possono essere concepiti nel vuoto sociologico, voltando le spalle alle emergenze che premono alla sua porta. La scuola ha un dovere di educazione nei confronti di ogni singolo alunno, per emanciparlo da ogni forma di condizionamento e per svilupparne le capacità razionali. Per renderlo libero e autonomo.
Ne deriva il fatto che una scuola degna di questo nome non puo' lasciare nessuno indietro, non puo' permettersi la rinuncia a far crescere gli alunni in difficoltà. Sul sentimento di incapacità che produce un certo modo di insegnare e di valutare non si costruisce nulla di buono e tanto meno il recupero degli alunni che si sono persi o si stavano perdendo per strada. Sono di qualità anche gli apprendimenti degli alunni che hanno richiesto più tempo per arrivarvi. La scuola purtroppo va in fretta e di apprendimenti ne pretende troppi. Senza volerlo l'intensificazione del numero delle discipline ha un involontario sapore discriminatorio. Un alunno debole, che beneficia delle condizioni ideali d'apprendimento, può diventare tanto competente quanto un alunno forte posto in condizioni normali d'insegnamento (M. Crahay).
Per fronteggiare il disprezzo della conoscenza e della cultura tutti gli alunni devono possedere gli strumenti per orientarsi autonomamente nel lavoro e nella società e devono avere provato a scuola il sapore del sapere, il piacere di essere e sentirsi competente.
Raimondo Giunta