A Roma,
al Palazzo della “Minerva” al Viale Trastevere, sede
del Ministero dell’Istruzione, nei pressi della storica Biblioteca,
sono
allestiti due spazi: uno riproduce l’aula scolastica di ieri: con
cattedra con la
bacchetta del Maestro, banchi doppi con il foro per il calamaio,
lavagna di
resina con spugna e gessetti, l’appendiabiti con il grembiule nero e di
fronte è
stato allestito uno spazio dai colori chiari con computer, lim, tablet,
monitor, videoproiettori, tavoli circolari e poltroncine.
Due realtà che raccontano la storia della scuola che cresce
e risponde all’esigenza dei nuovi linguaggi, che adotta i nuovi
alfabeti, per
continuare una comunicazione efficace con i giovani.
Il libro di Lorenzo Bordonaro “Giù le cattedre. Guida alla
sopravvivenza nella scuola di oggi e di
domani” (Gaeditori-2019) risponde agli interrogativi riproposti in
copertina: “Serve la scuola? – Come si costruisce la professione
dell’insegnante?”.
Nel capitolo intitolato “L’ultima ora” l’Autore cita Froebel
che già nell’800 diceva: “Educare è arte
nobile, quanto difficile. Non è la cattedra che dà valore al maestro, è
l’azione dell’educatore, l’opera intelligente e buona è il metodo che
il
maestro adotta”.
E Igor
Spinella, imprenditore modenese, autore di “Sirius”, afferma
che “Un insegnante bravo cambia la vita di un
alunno, ma, purtroppo, lo fa anche quello cattivo” e poi
amaramente
conclude “E’ incredibile che entrambi percepiscano
uno stipendio di sopravvivenza”.
Tra le
pagine del volume viene descritto il “sogno di una
scuola così”, in esse vibra forte e luminosa l’idea di scuola che
educa, che
forma, che istruisce e aiuta gli studenti a crescere, a diventare
uomini e
cittadini. Insegnare non è un mestiere, bensì una professione e chi la
esercita
“crede alle cose che fa”.
Una
scuola che accoglie si manifesta nella gioia di andare a
scuola contenti e non nell’immagine dell’uscire da scuola correndo e
urlando,
quasi per liberarsi da un incubo.
Una
scuola pensata “di
tutti e per ciascuno” risponde alle conclamate emergenze educative,
quando
il docente è capace di “saper guardare
tutti ed osservare ciascuno”.
Solo
allora la classe, non rimane semplice elenco di nomi in
ordine alfabetico, ma assume un’anima, il gruppo classe manifesta uno
stile,
diventa laboratorio creativo di un metodo interattivo e coinvolgente
che rende
tutti gli alunni protagonisti nel pensare e nel fare e quindi, a
conclusione
della giornata scolastica, alla mamma che chiede “cosa
avete fatto oggi scuola?” la risposta gioiosa delle nuove
conoscenze acquisite gratifica l’impegno nello studio.
Le
coordinate di sopravvivenza che il prof. Bordonaro
traccia nel volume seguono i principi della qualità, dell’efficacia,
del
significato che ogni gesto e azione educativa deve avere per suscitare
motivazione e partecipazione attiva.
Ed ecco
che la “scuola
sognata” e vestita con l’abito della festa, qualificandosi con
l’attributo
di “buona scuola”, s’imbatte nella
realtà di una scuola reale, presente, con le sue eccellenze, felice del
glorioso
passato, ed anche con tutti i disagi, le imperfezioni, le carenze, i
bisogni, i
vuoti e gli errori.
Nella
dedica sono ricordati due eccezionali educatori: Padre
Luigi Giuliano, fondatore dell’Istituto “S. Maria della Mercede” di S
Agata Li Battiati,
dove Lorenzo ha promosso numerose attività di formazione nell’aula
d’informatica e il preside Santo Gagliano, della “Scuola
della seconda opportunità “Francesco Petrarca”, carissimo
amico e attento educatore dei giovani, campione d’innovazioni e di
progettualità, diventate adesso norma e legge della scuola di qualità, senza classi, senza zaino, capace di
guardare il futuro e costruire una “seconda opportunità” in vista del
domani
dei giovani nell’ottica del lavoro. Presso la scuola Petrarca il prof.
Bordonaro ha insegnato diversi anni, contribuendo attivamente al
processo d’innovazione.
L’attenzione
agli “ambienti di apprendimento” come recita la
legge 107, trova nel volume un percorso di anticipazione e di convinta
asserzione che per essere “ docenti significativi” non serve la
cattedra,
simbolo della trasmissione della cultura, segno dell’insegnamento
dall’alto, ma
si privilegia uno stile di cooperazione e di “interazione
tra lo studente e l’insegnante allo scopo di facilitare le
modificazioni previste nel comportamento dello studente”. Il
termine
comportamento afferisce al modo di pensare, di sentire e di agire e
tutto ciò
si chiama: apprendimento.
Mettere
lo studente al centro dell’azione educativa
significa operare il passaggio dalla lezione frontale allo studio
individuale e
al lavoro di gruppo; dalla cattedra con pedana, con banchi in fila per
due, all’aula
laboratorio, al circle time; dalla
teoria nozionistica al saper fare e
al “compito di realtà; dalla
didattica per obiettivi alla “didattica
per competenze”; dall’aula chiusa, alla classe aperta e proiettata “al di là della finestra”, per conoscere e
scoprire il mondo e guardare le cose con occhi nuovi.
Lorenzo
Bordonaro, alla luce della sua esperienza di docente
che ha saputo da sempre dialogare con l’informatica dedica quattro
capitoli
alle nuove tecnologie della didattica, ai benefici e vantaggi del Piano
digitale, all’uso delle T.I.C.: computer, LIM, tablet, smartphone,
video
proiezione, classe 2.0 . 4.0 e poi alla nuova didattica digitale che
utilizza: E.book,
E.Learning, E.Twinning ed il PBL Problem Based Learning. Tutte
innovazioni che,
ben utilizzate, aiutano e supportano l’azione didattica che ha sempre
al centro
la formazione integrale dello studente di oggi, “nativo digitale”.
Nel sogno
di una scuola vera appare molto evidente la
dimensione della relazione educativa, dell’orientamento e della scuola inclusiva, attenta ai bisogni di
tutti e di ciascuno. Una particolare attenzione viene riservata agli
alunni
disabili, BES e DSA e a tutti gli alunni che hanno il diritto di
trovare a
scuola una guida sicura e “significativa” nel cammino di formazione.
Il
docente bravo sta con i ragazzi, in mezzo ai ragazzi e la
sua professione diventa viva, dinamica, creativa. Le procedure
burocratiche spesso
tolgono respiro alla vera didattica e rendono alcuni docenti
“insignificanti” a
tal punto che i ragazzi tornano a casa, dopo cinque ore di scuola,
buttando la
cartella a terra alla mamma che chiede: “Cosa
avete fatto oggi a scuola?” la risposta immediata e pronta è : “Niente!” Come se cinque ore di lezioni
non abbiano lasciato alcuna traccia, neppure un “segno”,
quasi a confermare che il tempo
scuola, anche se prolungato, nella
sigla TP, voglia dire “tempo perso”.
Nei
diversi capitoli l’Autore “vede” e descrive la scuola,
“giudica” e formula considerazioni d’incoerenza tra il dire e il fare,
e
quindi, senza alcuna pretesa disegna un “piano di azione” che sollecita
il
coinvolgimento e l’intenzionalità personale.
Tante
cose si possono frequentare a scuola: “Basta volerle fare”.
Quanti
camminano sul sentiero delle lamentele, e si sentono
a disagio a scuola, spesso s’indirizzano verso il crinale
dell’indifferenza,
del distacco, del minimo sforzo, e facilmente scivolano sul terreno
della
complicità, rendendo ancor più evidente il negativo, confermando il
detto
latino: “Non progredì, regredi est”.
Il libro
di Lorenzo Bordonaro, comunica con uno stile
semplice e immediato il profondo sentire dell’educatore, e con saggezza
evidenzia
le tracce di un percorso da seguire per continuare a costruire una
scuola
efficiente, capace di produrre qualità formativa ed eccellenti
competenze,
garantendo all’intera società un futuro migliore.
Giuseppe Adernò