
Attraverso i suoi scritti, soprattutto con “Il giorno della civetta”, pubblicato nel 1961, il suo romanzo più celebre e più venduto, il primo ad essere tradotto all’estero, fece capire a tutt’Italia cos’è la mafia, considerata prima di lui, quasi un fenomeno folcloristico, ne spiegò la pericolosità, i meccanismi psicologici e culturali, il radicamento con la società arcaica siciliana.
“Tutti amiamo il luogo in cui siamo nati, e siamo portati ad esaltarlo. Ma Racalmuto è davvero un paese straordinario”, con questa espressione scritta nel romanzo, “La Sicilia come metafora”, del 1979, Sciascia dichiarò il forte legame con il suo paese, la sua “celeste prigione”, e lo espresse in molte sue opere, come in “Parrocchie di Regalpetra”, dove racconta i suoi ricordi d’infanzia. Ma Ragalmuto, per Sciascia, non è soltanto un spazio fisico, ma è metafora della Sicilia, un luogo pieno di problemi e di contraddizioni, di inquietudini e di delusioni, di miserie e di ipocrisie, ma è comunque un “luogo unico al mondo”, da amare, da ripagare, da onorare. Un luogo da cui trarre energia e vitalità per scrivere dell’uomo, per raccontare della libertà, del coraggio di vivere da uomini liberi, del senso di etica e di giustizia, del principio di uguaglianza, per combattere le perfidia del potere, l’arroganza, l’ignoranza, l’oscurantismo. Innanzitutto l’uomo e la sua ragione.
Sciascia, “maestro” illuminista e illuminato. Quanto ci manca Leonardo Sciascia al giorno d’oggi, nella Sicilia e nell’Italia dei nostri tempi! Quanto ci manca il suo “sapere”, la sua analisi lucida, la sua capacità di leggere e di decifrare l’animo degli uomini, il suo capire il senso profondo dell’umanità, di intuire i mali oscuri della società. Con intelligenza ed eleganza, con arguzia e coerenza, e anche con ironia e umorismo, e con una leggera punta di bonaria irriverenza, come solo i siciliani sanno essere. Leonardo Sciascia interprete “inflessibile ed esemplare” del suo tempo e della sua Sicilia.
Angelo Battiato