Nel
giorno del Global
Strike for Climate, lo
sciopero globale contro la crisi climatica, numerosi
sono
stati i giovani che hanno manifestato per le vie e nelle piazze
d’Italia.
Lo slogan “Guardare il presente con gli occhi del passato e costruire il futuro alla luce dei valori”, risuona forte nell’iniziativa dei giovani che alimentano un sogno, una speranza dettata anche dalla rabbia e dal desiderio di pensare al domani.
La manifestazione Fridays for Future Italia raccoglie la sensibilità di tutti ed in particolare dei giovani che reclamano i loro diritti e chiedono alla politica e ai governanti attenzione, sostegno e rispetto.
CRISI CLIMATICA
La
crisi climatica non è un evento casuale: il disastro della Marmolada,
le
alluvioni nelle Marche, la siccità, la crisi energetica conseguente
alla guerra
Russo-Ucraina con il caro bollette che mette in ginocchio moltissime
famiglie,
la morte di Giuseppe Lenoci, Lorenzo
Parelli, e
Giuliano De Seta, durante gli stage "formativi" per mancanza
di tutele e sicurezza", sono le conseguenze di
un sistema produttivo ed economico
sfruttatore che fa profitto sul pianeta e sulla vita delle persone"
Durante la campagna elettorale “dalla politica sono arrivate solo proposte, spot, parole e promesse che non vanno al cuore del problema” Parlano tutti di sostenibilità ambientale, riconversione ecologica, ma nessuno che menzioni investimenti nella ricerca e nell'università.
Come si potrà affrontare la crisi energetica, parlando dell'energia nucleare senza investire nel rinnovabile e nel trasporto pubblico gratuito?
Gli studenti si mobilitano ormai da anni per stimolare le istituzioni anche perché
nel mondo degli adulti non c’è la stessa sensibilità su questo tema e per quasi tutti i partiti l’ambiente non sembra essere una urgente priorità.
L’inquinamento che uccide non è solo quello dell’anidride carbonica, anche la diseguaglianza inquina mortalmente il nostro pianeta.
“Non possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino dall’opinione pubblica le antiche e sempre attuali calamità dell’ingiustizia sociale”, ha detto il Papa.
VERSO
UN’ECONOMIA DI PACE
Pace,
cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità,
condivisione, felicità.
Sono queste le dieci
parole dell’economia della vita che i giovani economisti, imprenditori,
changemakers,
hanno deciso di incarnare nella realtà, su invito di papa Francesco, il
quale
intervenendo all’incontro di Assisi
con i giovani di Economy of Francesco,
ha sollecitato un’economia sostenibile e profetica, che ascolti
il grido
della terra, e
che affronti le
insostenibilità economiche, sociali e relazionali del mondo. superi
la crisi della famiglia e con essa
l’accoglienza e la custodia della vita.
L’individualismo, il virus più dannoso del Covid ed il consumismo che cerca di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate hanno creato delle profonde solitudini e “una carestia della felicità”, ed oggi è necessario dare spazio e vita alla creatività, all’ottimismo, all’entusiasmo e così rendere di giovani “Artigiani della pace e costruttori della casa comune”.
Nel capitalismo di oggi manca una dimensione importante e si dimentica che “il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia”.
La società di oggi sta consumando velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà popolare. E così soprattutto i giovani soffrono per questa mancanza di senso: come dimostra il vertiginoso aumento dei suicidi giovanili e spesso di fronte al dolore e alle incertezze della vita si ritrovano con un’anima impoverita di risorse spirituali per elaborare sofferenze, frustrazioni, delusioni e lutti”.
Per Papa Francesco non si può parlare di transizione ecologica, e restare “dentro il paradigma economico del Novecento, che ha depredato le risorse naturali e la terra”.
E’ tempo “di un nuovo coraggio nell’abbandono delle fonti fossili di energia e di accelerare lo sviluppo di fonti a impatto zero e positivo” accettando “il principio etico universale che i danni vanno riparati”, e che dunque “se siamo cresciuti abusando del pianeta e dell’atmosfera, oggi dobbiamo imparare a fare anche sacrifici negli stili di vita ancora sostenibili”.
Occorre un cambiamento rapido e deciso, in una realtà nelle tre dimensioni: sociale, relazionale e spirituale, mettendo in atto un nuovo modello di sviluppo ed il Papa e invita a “fare di più” per la conversione ecologica, perché “la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli”.
L’economia delle piante è un tema innovativo perché “le piante sanno cooperare con tutto l’ambiente circostante, e anche quando competono, in realtà stanno cooperando per il bene dell’ecosistema. Impariamo dalla mitezza delle piante: la loro umiltà e il loro silenzio possono offrirci uno stile diverso di cui abbiamo urgente bisogno”.
“Il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido”, e lavorare per la transizione ecologica significa “tenere presenti gli effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà”, prediligendo “quelle che riducono la miseria e le diseguaglianze”, cercando di non “trascurare l’uomo e la donna che soffrono”.
Il progetto della nuova economia non può limitarsi a lavorare per o con i poveri, perché “sino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide”. E’ necessario cambiare rotta e far sì che gli stessi poveri diventino protagonisti del cambiamento”.
INDICAZIONI DI PERCORSO
Tre sono le indicazioni di percorso che consentono di “abitare i paradossi evangelici”: «guardare il mondo con gli occhi dei più poveri» come fece il movimento francescano che ha saputo inventare nel Medioevo le prime banche solidali, i 'Monti di Pietà'; “Non dimenticarsi «del lavoro» e «dei lavoratori» con l’invito a creare «lavoro, buon lavoro, lavoro per tutti»; tradurre cioè «gli ideali, i desideri, i valori in opere concrete», rifuggendo «la tentazione gnostica» che «pensa di cambiare il mondo solo con una diversa conoscenza, senza la fatica della carne». Perché «la realtà è superiore all’idea».
Nascerà così «un’economia di pace e non di guerra; che si prende cura del creato e non lo depreda; un’economia che contrasta la proliferazione delle armi, specie le più distruttive; un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili; un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza.
Un’economia che «non è utopia», perché «la stiamo già costruendo» e come recita il salmo: “Non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.
Giuseppe Adernò
Lo slogan “Guardare il presente con gli occhi del passato e costruire il futuro alla luce dei valori”, risuona forte nell’iniziativa dei giovani che alimentano un sogno, una speranza dettata anche dalla rabbia e dal desiderio di pensare al domani.
La manifestazione Fridays for Future Italia raccoglie la sensibilità di tutti ed in particolare dei giovani che reclamano i loro diritti e chiedono alla politica e ai governanti attenzione, sostegno e rispetto.
CRISI CLIMATICA
Durante la campagna elettorale “dalla politica sono arrivate solo proposte, spot, parole e promesse che non vanno al cuore del problema” Parlano tutti di sostenibilità ambientale, riconversione ecologica, ma nessuno che menzioni investimenti nella ricerca e nell'università.
Come si potrà affrontare la crisi energetica, parlando dell'energia nucleare senza investire nel rinnovabile e nel trasporto pubblico gratuito?
Gli studenti si mobilitano ormai da anni per stimolare le istituzioni anche perché
nel mondo degli adulti non c’è la stessa sensibilità su questo tema e per quasi tutti i partiti l’ambiente non sembra essere una urgente priorità.
L’inquinamento che uccide non è solo quello dell’anidride carbonica, anche la diseguaglianza inquina mortalmente il nostro pianeta.
“Non possiamo permettere che le nuove calamità ambientali cancellino dall’opinione pubblica le antiche e sempre attuali calamità dell’ingiustizia sociale”, ha detto il Papa.
L’individualismo, il virus più dannoso del Covid ed il consumismo che cerca di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate hanno creato delle profonde solitudini e “una carestia della felicità”, ed oggi è necessario dare spazio e vita alla creatività, all’ottimismo, all’entusiasmo e così rendere di giovani “Artigiani della pace e costruttori della casa comune”.
Nel capitalismo di oggi manca una dimensione importante e si dimentica che “il primo capitale di ogni società è quello spirituale, perché è quello che ci dà le ragioni per alzarci ogni giorno e andare al lavoro, e genera quella gioia di vivere necessaria anche all’economia”.
La società di oggi sta consumando velocemente questa forma essenziale di capitale accumulata nei secoli dalle religioni, dalle tradizioni sapienziali, dalla pietà popolare. E così soprattutto i giovani soffrono per questa mancanza di senso: come dimostra il vertiginoso aumento dei suicidi giovanili e spesso di fronte al dolore e alle incertezze della vita si ritrovano con un’anima impoverita di risorse spirituali per elaborare sofferenze, frustrazioni, delusioni e lutti”.
Per Papa Francesco non si può parlare di transizione ecologica, e restare “dentro il paradigma economico del Novecento, che ha depredato le risorse naturali e la terra”.
E’ tempo “di un nuovo coraggio nell’abbandono delle fonti fossili di energia e di accelerare lo sviluppo di fonti a impatto zero e positivo” accettando “il principio etico universale che i danni vanno riparati”, e che dunque “se siamo cresciuti abusando del pianeta e dell’atmosfera, oggi dobbiamo imparare a fare anche sacrifici negli stili di vita ancora sostenibili”.
Occorre un cambiamento rapido e deciso, in una realtà nelle tre dimensioni: sociale, relazionale e spirituale, mettendo in atto un nuovo modello di sviluppo ed il Papa e invita a “fare di più” per la conversione ecologica, perché “la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli”.
L’economia delle piante è un tema innovativo perché “le piante sanno cooperare con tutto l’ambiente circostante, e anche quando competono, in realtà stanno cooperando per il bene dell’ecosistema. Impariamo dalla mitezza delle piante: la loro umiltà e il loro silenzio possono offrirci uno stile diverso di cui abbiamo urgente bisogno”.
“Il grido dei poveri e il grido della terra sono lo stesso grido”, e lavorare per la transizione ecologica significa “tenere presenti gli effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà”, prediligendo “quelle che riducono la miseria e le diseguaglianze”, cercando di non “trascurare l’uomo e la donna che soffrono”.
Il progetto della nuova economia non può limitarsi a lavorare per o con i poveri, perché “sino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide”. E’ necessario cambiare rotta e far sì che gli stessi poveri diventino protagonisti del cambiamento”.
INDICAZIONI DI PERCORSO
Tre sono le indicazioni di percorso che consentono di “abitare i paradossi evangelici”: «guardare il mondo con gli occhi dei più poveri» come fece il movimento francescano che ha saputo inventare nel Medioevo le prime banche solidali, i 'Monti di Pietà'; “Non dimenticarsi «del lavoro» e «dei lavoratori» con l’invito a creare «lavoro, buon lavoro, lavoro per tutti»; tradurre cioè «gli ideali, i desideri, i valori in opere concrete», rifuggendo «la tentazione gnostica» che «pensa di cambiare il mondo solo con una diversa conoscenza, senza la fatica della carne». Perché «la realtà è superiore all’idea».
Nascerà così «un’economia di pace e non di guerra; che si prende cura del creato e non lo depreda; un’economia che contrasta la proliferazione delle armi, specie le più distruttive; un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili; un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza.
Un’economia che «non è utopia», perché «la stiamo già costruendo» e come recita il salmo: “Non c’è alba più bella di quella che ci sorprende in compagnia dei profeti”.
Giuseppe Adernò