Scuola fuori dall'accordo sul tfr
di Nicola Mondelli
L'accordo sulla destinazione del tfr (trattamento di fine rapporto) maturando dal 1° gennaio 2007 e i sei mesi di tempi per il silenzio/assenso, sottoscritto nei giorni scorsi dal governo, dalla Confindustria e dai sindacati, non coinvolge i dipendenti pubblici, ivi compreso il personale della scuola.
Dal 1° gennaio 2007 non scatterà, infatti, per i dipendenti pubblici, il periodo di sei mesi previsto dall'accordo entro il quale i lavoratori del settore privato dovranno comunicare espressamente se non intendono destinare il trattamento di fine rapporto maturando al fondo pensione di categoria. In tal caso la quota di trattamento di fine rapporto resterà in azienda se questa ha meno di 50 dipendenti, andrà all'Inps se ha più di 50 dipendenti.
Se invece entro i sei mesi previsti dall'accordo non avranno comunicato nulla alla propria azienda, questa verserà il 100% del trattamento di fine rapporto al fondo pensione di categoria che costituirà il secondo pilastro previdenziale.
Il regime in vigore per il personale della scuola. Per il personale della scuola, invece, la situazione in materia è già codificata essendo quello del comparto scuola l'unico ad avere già costituito il fondo pensione complementare, fondo denominato Espero che è operativo da due anni.
Il personale della scuola in regime di tfs (buonuscita), se non intende aderire volontariamente al fondo, si vedrà, all'atto della cessazione dal servizio, liquidare il tfs direttamente dall'Inpdap secondo la normativa vigente, tfs il cui ammontare al lordo è pari all_% dell'ultima retribuzione moltiplicata per gli anni di servizio utili a tal fine.
Se, viceversa, intende aderire al fondo, la quota di tfs maturata sarà commutata in tfr nel quale confluiranno mensilmente i due terzi della contribuzione prevista per il trattamento di fine rapporto. All'atto della cessazione dal servizio l'Inpdap corrisponderà al dipendente scolastico quanto maturato secondo le norme che regolano appunto il trattamento di fine rapporto.
Il restante terzo della contribuzione dovuta a titolo di trattamento di fine rapporto confluirà nel fondo Espero e contribuirà a determinare l'ammontare della pensione complementare che il fondo corrisponderà all'atto della cessazione dal servizio.
Per il personale della scuola che invece è già in regime di trattamento di fine rapporto se non aderisce al fondo Espero o a fondi pensione aperti o polizze previdenziali riscuoterà dall'Inpdap, all'atto della cessazione dal servizio, il trattamento di fine rapporto maturato secondo le norme previste dal codice civile e che l'istituto presieduto da Marco Staderini gestisce direttamente.
Quest'ultimo personale dovrà, in tale ipotesi, accontentarsi della sola pensione che gli garantisce lo stato.
Una pensione che per effetto delle norme vigenti, suscettibili peraltro di ulteriori modifiche in pejus, potrebbe non superare addirittura il 50% dell'ultima retribuzione sempre che possa fare valere 40 anni di servizio utile a pensione. Molto meno se gli anni utili saranno meno di 40.
Nota: Italia Oggi 3 Novembre 2006
di Nicola Mondelli
L'accordo sulla destinazione del tfr (trattamento di fine rapporto) maturando dal 1° gennaio 2007 e i sei mesi di tempi per il silenzio/assenso, sottoscritto nei giorni scorsi dal governo, dalla Confindustria e dai sindacati, non coinvolge i dipendenti pubblici, ivi compreso il personale della scuola.
Dal 1° gennaio 2007 non scatterà, infatti, per i dipendenti pubblici, il periodo di sei mesi previsto dall'accordo entro il quale i lavoratori del settore privato dovranno comunicare espressamente se non intendono destinare il trattamento di fine rapporto maturando al fondo pensione di categoria. In tal caso la quota di trattamento di fine rapporto resterà in azienda se questa ha meno di 50 dipendenti, andrà all'Inps se ha più di 50 dipendenti.
Se invece entro i sei mesi previsti dall'accordo non avranno comunicato nulla alla propria azienda, questa verserà il 100% del trattamento di fine rapporto al fondo pensione di categoria che costituirà il secondo pilastro previdenziale.
Il regime in vigore per il personale della scuola. Per il personale della scuola, invece, la situazione in materia è già codificata essendo quello del comparto scuola l'unico ad avere già costituito il fondo pensione complementare, fondo denominato Espero che è operativo da due anni.
Il personale della scuola in regime di tfs (buonuscita), se non intende aderire volontariamente al fondo, si vedrà, all'atto della cessazione dal servizio, liquidare il tfs direttamente dall'Inpdap secondo la normativa vigente, tfs il cui ammontare al lordo è pari all_% dell'ultima retribuzione moltiplicata per gli anni di servizio utili a tal fine.
Se, viceversa, intende aderire al fondo, la quota di tfs maturata sarà commutata in tfr nel quale confluiranno mensilmente i due terzi della contribuzione prevista per il trattamento di fine rapporto. All'atto della cessazione dal servizio l'Inpdap corrisponderà al dipendente scolastico quanto maturato secondo le norme che regolano appunto il trattamento di fine rapporto.
Il restante terzo della contribuzione dovuta a titolo di trattamento di fine rapporto confluirà nel fondo Espero e contribuirà a determinare l'ammontare della pensione complementare che il fondo corrisponderà all'atto della cessazione dal servizio.
Per il personale della scuola che invece è già in regime di trattamento di fine rapporto se non aderisce al fondo Espero o a fondi pensione aperti o polizze previdenziali riscuoterà dall'Inpdap, all'atto della cessazione dal servizio, il trattamento di fine rapporto maturato secondo le norme previste dal codice civile e che l'istituto presieduto da Marco Staderini gestisce direttamente.
Quest'ultimo personale dovrà, in tale ipotesi, accontentarsi della sola pensione che gli garantisce lo stato.
Una pensione che per effetto delle norme vigenti, suscettibili peraltro di ulteriori modifiche in pejus, potrebbe non superare addirittura il 50% dell'ultima retribuzione sempre che possa fare valere 40 anni di servizio utile a pensione. Molto meno se gli anni utili saranno meno di 40.
Nota: Italia Oggi 3 Novembre 2006