Quale dei due termini è più corretto: "confort" o "comfort"? Simonetta Tino
In italiano sono attestate entrambe le forme ed entrambe sono legittime. Comfort è quella più diffusa: si tratta di prestito dall'inglese (dove la voce risale al 1659) e, quando compare per la prima volta nell'italiano scritto, verso la fine del XIX secolo, ha il significato di 'insieme delle comodità offerte agli occupanti di una abitazione o di un mezzo di trasporto'; in seguito, viene ad assumere il significato più generico di 'comodità, agio', sempre comunque nel senso concreto di 'tutto ciò che rende agevole e piacevole la vita quotidiana in un determinato ambiente'. È interessante notare come comfort abbia costituito prestito semantico per l'italiano, che, a partire dagli anni Venti dell'Ottocento, aggiunse ai significati esistenti di conforto anche quello di 'agio, comodità'. L'uso di conforto in questa accezione è però oggi considerato letterario e antiquato.
Va detto però che l'etimologia dà qualche ragione, se non altro storica, alla legittimità di confort, corrispettivo francese di comfort. Semplicemente perché quest'ultimo traduce per l'appunto la voce francese confort 'conforto' sin dal XIII secolo. Ma l'uso può non badare alle primogeniture etimologiche, per cui in italiano oggi, come detto, prevale comfort 'agio, comodità', voce che piacque già al grande storico della lingua italiana Bruno Migliorini.
Lo scrittore e poligrafo Paolo Monelli, molto attento ai fatti di lingua, nel suo Barbaro dominio, dizionarietto ragionato in cui passa in rassegna con intento spesso critico e censorio le voci di origine straniera che si affacciano nell'italiano del suo tempo (anni Trenta e Quaranta del Novecento), pur spezzando una lancia a favore delle «parole più legittime e antiche» (le autoctone comodo, comodità, agio) e in subordine dell'ottocentesco conforto (nell'accezione che ci interessa), non è così reciso nel rifiutare comfort, pur considerato «errore», e se la prende soprattutto con i molti che «aggiungono errore ad arbitrio pronunciando alla francese», cioè con l'accento sull'ultima sillaba. In questo, almeno, Monelli è stato accontentato dai parlanti italiani, i quali, oggi, preferiscono pronunciare mantenendo l'accento sulla prima sillaba, all'inglese.
In italiano sono attestate entrambe le forme ed entrambe sono legittime. Comfort è quella più diffusa: si tratta di prestito dall'inglese (dove la voce risale al 1659) e, quando compare per la prima volta nell'italiano scritto, verso la fine del XIX secolo, ha il significato di 'insieme delle comodità offerte agli occupanti di una abitazione o di un mezzo di trasporto'; in seguito, viene ad assumere il significato più generico di 'comodità, agio', sempre comunque nel senso concreto di 'tutto ciò che rende agevole e piacevole la vita quotidiana in un determinato ambiente'. È interessante notare come comfort abbia costituito prestito semantico per l'italiano, che, a partire dagli anni Venti dell'Ottocento, aggiunse ai significati esistenti di conforto anche quello di 'agio, comodità'. L'uso di conforto in questa accezione è però oggi considerato letterario e antiquato.
Va detto però che l'etimologia dà qualche ragione, se non altro storica, alla legittimità di confort, corrispettivo francese di comfort. Semplicemente perché quest'ultimo traduce per l'appunto la voce francese confort 'conforto' sin dal XIII secolo. Ma l'uso può non badare alle primogeniture etimologiche, per cui in italiano oggi, come detto, prevale comfort 'agio, comodità', voce che piacque già al grande storico della lingua italiana Bruno Migliorini.
Lo scrittore e poligrafo Paolo Monelli, molto attento ai fatti di lingua, nel suo Barbaro dominio, dizionarietto ragionato in cui passa in rassegna con intento spesso critico e censorio le voci di origine straniera che si affacciano nell'italiano del suo tempo (anni Trenta e Quaranta del Novecento), pur spezzando una lancia a favore delle «parole più legittime e antiche» (le autoctone comodo, comodità, agio) e in subordine dell'ottocentesco conforto (nell'accezione che ci interessa), non è così reciso nel rifiutare comfort, pur considerato «errore», e se la prende soprattutto con i molti che «aggiungono errore ad arbitrio pronunciando alla francese», cioè con l'accento sull'ultima sillaba. In questo, almeno, Monelli è stato accontentato dai parlanti italiani, i quali, oggi, preferiscono pronunciare mantenendo l'accento sulla prima sillaba, all'inglese.