Scuole per insegnanti senza prospettive.
Oltre 12mila posti nel decimo ciclo
di Antonietta Demurtas, Il Sole 24 Ore del 9.7.2008.
Per spiegare come funzionano le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (S.s.i.s) e per capire quindi come e dove si formano gli insegnanti, ci vorrebbe proprio un professore. Istituite dalla legge 341 del 1990, sono organizzate in tutta Italia (una per ogni regione) secondo i criteri di un decreto ministeriale arrivato ben otto anni dopo, il 26 maggio 1998, che affida alle università la formazione degli insegnanti.
Le prime Ssis sono così nate nel 1999: gli atenei si uniscono in consorzio e organizzano corsi biennali con diverse classi di abilitazione. Dopo una prova di ammissione, 1.200 ore di corso, di cui 400 di tirocinio nelle scuole, una media di 35 esami e circa 2.600 euro di tasse universitarie tutto si conclude con l'esame di Stato per l'abilitazione.Finalmente, ogni neo insegnante può iscriversi (in una provincia a scelta) alle ex graduatorie permanenti, ora graduatorie ad esaurimento (gae). Che però dal 2007 sono state bloccate fino appunto al loro esaurimento. Questo vuol dire che gli studenti che frequentano il nono ciclo Ssis (11.830 studenti) che si concluderà il prossimo anno, non potranno accedervi e quindi per loro sarà più difficile essere chiamati per fare supplenze: passare di ruolo diventa una chimera, il precariato routine. E la situazione non migliorerà nel biennio 2008-2010, per il quale il decreto ministeriale del 7 maggio ha dato la disponibilità alle Ssis di bandire 12.389 posti, salvo che le scuole ancora aspettano il decreto attuativo che stabilisce le norme e le date per i relativi concorsi di ammissione e senza il quale non potrà partire nessun corso. E se il ministro Gelmini ha annunciato nei giorni scorsi un «provvedimento drastico» (si veda «Il Sole-24 Ore» del 25 giugno) al momento la situazione resta tuttavia incerta. «Sto scrivendo la terza lettera al ministro - spiega il neopresidente della Conferenza nazionale dei direttori delle Siss (CoDiSiss) Rosa Maria Sperandeo - per sapere se potremo attivare il decimo ciclo. Siamo subissati dalle richieste di giovani laureati che vogliono iscriversi ». Per Sperandeo, il problema non è chiudere le Ssis, ma assumere gli insegnanti che sono chiamati a fare supplenze e quindi insegnano, ma non sono immessi in ruolo. «Il problema è il reclutamento non la mancanza di lavoro. Per il ministro Gelmini precariato è sinonimo di esubero delle cattedre, ma non è così. Le scuole spesso chiamano gli studenti che ancora non hanno finito la Ssis per fare supplenze perché mancano gli abilitati».
E anche sulle graduatorie la confusione regna sovrana: «Fioroni le aveva bloccate per introdurre un cambiamento che poi non è avvenuto- spiega Giovanni Gobber, direttore della Ssis dell'università Cattolica di Milano- non so se ci sarà un altro biennio. Per ora posso solo prendere atto dei giudizi critici del ministro Gelmini sulle Ssis. Un giudizio così negativo non si dà se non c'ègià un'intenzione di eliminare le scuole».
Ma a chiedere l'attivazione dei corsi è proprio il ministero che anche quest'anno ha stabilito i posti per il decimo ciclo, in base alla disponibilità data dalle Ssis che a loro volta si accordano anche con le richieste dell'ufficio scolastico: «Noi come Consorzio lombardo abbiamo chiesto 1.852 posti per il biennio 2008-2010». Una volta abilitati il problema sono però le " liste di attesa": «È un problema politico, il Governo deve decidere cosa fare con le graduatorie che già erano state chiuse e poi riaperte. Fioroni, all'inizio del 2007 voleva eliminare le Ssis e affidare tutto agli uffici scolastici, che però si rifiutarono perché non erano in grado di gestire la formazione degli insegnanti. E così uscì il bando per il nono ciclo», spiega Gobber.
Per Enrico Decleva, neopresidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) la situazione è confusa: «Non si capisce se ci sarà un futuro per le Ssis, o se ci saranno dei cambiamenti. Aspettiamo indicazioni del ministro. Le Ssis sono nate in una prospettiva di continua espansione, ma adesso siamo in un momento di forte incertezza. È tutto legato alla finanziaria e ai tagli che ci saranno sulla scuola». Mentre secondo Alessandro Coda, presidente regionale del consorzio delle Ssis Lombardia, è un problema di giochi di potere in cui forte è l'influenza dei sindacati edei precari che temono la concorrenza dei diplomati Ssis, «c'è un braccio di ferro tra queste forze e intanto il problema della formazione è sottovalutato». Ma la questione è invece centrale. «La Ssis – dice Arturo DeVivo, direttore della Ssis Campania – è il punto istituzionale di incrocio tra le competenze dei docenti dell'università e della scuola. Abbiamo iniziato il processo di attivazione per il decimo ciclo perché è il ministero che ci ha chiesto di attivarlo attraverso un decreto e noi come università rispondiamo. Il problema è se eliminare le Ssis o riformarle, ma bisogna tenere conto che in Europa si fa la formazione postlaurea. Se il ministro non riesce a esaurire le graduatorie - si chiede De Vivo - per dieci anni dovrà sparire la professione dell'insegnante? Dobbiamo dare a tutti la possibilità di formarsi».
Oltre 12mila posti nel decimo ciclo
di Antonietta Demurtas, Il Sole 24 Ore del 9.7.2008.
Per spiegare come funzionano le scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario (S.s.i.s) e per capire quindi come e dove si formano gli insegnanti, ci vorrebbe proprio un professore. Istituite dalla legge 341 del 1990, sono organizzate in tutta Italia (una per ogni regione) secondo i criteri di un decreto ministeriale arrivato ben otto anni dopo, il 26 maggio 1998, che affida alle università la formazione degli insegnanti.
Le prime Ssis sono così nate nel 1999: gli atenei si uniscono in consorzio e organizzano corsi biennali con diverse classi di abilitazione. Dopo una prova di ammissione, 1.200 ore di corso, di cui 400 di tirocinio nelle scuole, una media di 35 esami e circa 2.600 euro di tasse universitarie tutto si conclude con l'esame di Stato per l'abilitazione.Finalmente, ogni neo insegnante può iscriversi (in una provincia a scelta) alle ex graduatorie permanenti, ora graduatorie ad esaurimento (gae). Che però dal 2007 sono state bloccate fino appunto al loro esaurimento. Questo vuol dire che gli studenti che frequentano il nono ciclo Ssis (11.830 studenti) che si concluderà il prossimo anno, non potranno accedervi e quindi per loro sarà più difficile essere chiamati per fare supplenze: passare di ruolo diventa una chimera, il precariato routine. E la situazione non migliorerà nel biennio 2008-2010, per il quale il decreto ministeriale del 7 maggio ha dato la disponibilità alle Ssis di bandire 12.389 posti, salvo che le scuole ancora aspettano il decreto attuativo che stabilisce le norme e le date per i relativi concorsi di ammissione e senza il quale non potrà partire nessun corso. E se il ministro Gelmini ha annunciato nei giorni scorsi un «provvedimento drastico» (si veda «Il Sole-24 Ore» del 25 giugno) al momento la situazione resta tuttavia incerta. «Sto scrivendo la terza lettera al ministro - spiega il neopresidente della Conferenza nazionale dei direttori delle Siss (CoDiSiss) Rosa Maria Sperandeo - per sapere se potremo attivare il decimo ciclo. Siamo subissati dalle richieste di giovani laureati che vogliono iscriversi ». Per Sperandeo, il problema non è chiudere le Ssis, ma assumere gli insegnanti che sono chiamati a fare supplenze e quindi insegnano, ma non sono immessi in ruolo. «Il problema è il reclutamento non la mancanza di lavoro. Per il ministro Gelmini precariato è sinonimo di esubero delle cattedre, ma non è così. Le scuole spesso chiamano gli studenti che ancora non hanno finito la Ssis per fare supplenze perché mancano gli abilitati».
E anche sulle graduatorie la confusione regna sovrana: «Fioroni le aveva bloccate per introdurre un cambiamento che poi non è avvenuto- spiega Giovanni Gobber, direttore della Ssis dell'università Cattolica di Milano- non so se ci sarà un altro biennio. Per ora posso solo prendere atto dei giudizi critici del ministro Gelmini sulle Ssis. Un giudizio così negativo non si dà se non c'ègià un'intenzione di eliminare le scuole».
Ma a chiedere l'attivazione dei corsi è proprio il ministero che anche quest'anno ha stabilito i posti per il decimo ciclo, in base alla disponibilità data dalle Ssis che a loro volta si accordano anche con le richieste dell'ufficio scolastico: «Noi come Consorzio lombardo abbiamo chiesto 1.852 posti per il biennio 2008-2010». Una volta abilitati il problema sono però le " liste di attesa": «È un problema politico, il Governo deve decidere cosa fare con le graduatorie che già erano state chiuse e poi riaperte. Fioroni, all'inizio del 2007 voleva eliminare le Ssis e affidare tutto agli uffici scolastici, che però si rifiutarono perché non erano in grado di gestire la formazione degli insegnanti. E così uscì il bando per il nono ciclo», spiega Gobber.
Per Enrico Decleva, neopresidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) la situazione è confusa: «Non si capisce se ci sarà un futuro per le Ssis, o se ci saranno dei cambiamenti. Aspettiamo indicazioni del ministro. Le Ssis sono nate in una prospettiva di continua espansione, ma adesso siamo in un momento di forte incertezza. È tutto legato alla finanziaria e ai tagli che ci saranno sulla scuola». Mentre secondo Alessandro Coda, presidente regionale del consorzio delle Ssis Lombardia, è un problema di giochi di potere in cui forte è l'influenza dei sindacati edei precari che temono la concorrenza dei diplomati Ssis, «c'è un braccio di ferro tra queste forze e intanto il problema della formazione è sottovalutato». Ma la questione è invece centrale. «La Ssis – dice Arturo DeVivo, direttore della Ssis Campania – è il punto istituzionale di incrocio tra le competenze dei docenti dell'università e della scuola. Abbiamo iniziato il processo di attivazione per il decimo ciclo perché è il ministero che ci ha chiesto di attivarlo attraverso un decreto e noi come università rispondiamo. Il problema è se eliminare le Ssis o riformarle, ma bisogna tenere conto che in Europa si fa la formazione postlaurea. Se il ministro non riesce a esaurire le graduatorie - si chiede De Vivo - per dieci anni dovrà sparire la professione dell'insegnante? Dobbiamo dare a tutti la possibilità di formarsi».