Dopo una serie di
bozze che hanno navigato via mail e internet è stata emanata la
circolare n. 2 dell’8 marzo 2012 del Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi. Tra i
tanti contenuti relativi ai limiti di età per la permanenza in
servizio, al trattenimento in servizio e alla risoluzione unilaterale
del rapporto di lavoro, agli esoneri, al periodo transitorio, ecc. di
rilievo la parte relativa ai cosiddetti “pensionamenti coatti” che
vanno disposti, secondo Patroni Griffi, dalle amministrazioni nei
confronti dei lavoratori che abbiano maturato i requisiti di età o di
servizio o la quota 96 entro il 31 dicembre 2011.
Al comma 6 del punto 3 della circolare si legge quanto appresso: “Resta
inteso che il presupposto per l’applicazione dell’istituto della
risoluzione nei confronti di coloro che hanno maturato i requisiti di
età o di anzianità contributiva entro l’anno 2011 per effetto della
norma rimane fissato secondo il regime previdente al compimento dei 40
anni di anzianità contributiva”. Quindi la nuova legge attualmente
in vigore riguarderebbe solo chi maturi i requisiti per il
pensionamento a partire dal 1° gennaio 2012, almeno secondo Patroni
Griffi.
Scontata la reazione degli interessati che volevano permanere in
servizio e che evidenziano lo squilibrio di una legge in vigore per
tutti ma che si applica solo ad alcuni lavoratori ed ad altri no. E
siccome, come dice la circolare “occorre evitare comportamenti che
conducano a scelte contradditorie” diventa cogente un atto di indirizzo
generale e, compreso nell’atto, anche la “programmazione dei fabbisogni
di personale o comunque adottati dall’autorità politica”.
In ogni caso, secondo Patroni Griffi anche a seguito dell’entrata in
vigore della riforma, sono applicabili gli istituti previsti nell’art.
72 del D.L. n. 112/2008 e, quindi, il trattenimento in servizio oltre i
limiti di età, ma anche la risoluzione unilaterale del rapporto di
lavoro e l’esonero nei limiti fissati dal comma 14, lettera e)
dell’articolo 24.
Così i dipendenti che nell’anno 2012 compiono 66 anni di età (avendo
maturato il requisito anagrafico di 65 anni nell’anno 2011 e sempre che
entro la stessa data abbiano maturato il diritto al pensione,
“rimangono soggetti al previdente regime e l’amministrazione avrebbe
potuto accordare il trattenimento da 65 anni sino a 67. Pertanto, salvo
l’eventuale trattenimento in servizio concesso dall’amministrazione o
l’applicazione dell’eventuale finestra, per questi dipendenti l’età di
collocamento a riposo rimane fissata a 65 anni e il servizio non può
protrarsi oltre il 65° anno di età”.
Scontato che sui presupposti della circolare n. 2 sopra richiamata, i
preavvisi di pensionamento inviati entro il 29 febbraio u.s. che
sembravano all’origine forzature istituzionali, ora diventano legittimi
e sembra meno praticabile il ricorso all’art. 700. La questione semmai
si sposta a livello parlamentare per capire se la circolare di Patroni
Griffi violi o meno l’assetto istituzionale prefissato dalle norme
vigenti sul pensionamento. Sempre che qualche esponente politico decida
di farsene carico!
Hanno titolo ad essere collocati in pensione coloro che hanno maturato
40 anni di anzianità contributiva o che al 31 dicembre 2011 hanno
compiuto 65 anni di età accertabile facilmente; meno facile diventa
l’accertamento sui 40 anni certi di contribuzione. Come abbiamo già
scritto ampiamente nei giorni scorsi, si dà il caso che stiano
fiaccando preavvisi di pensionamento molto pasticciati in cui, oltre
agli anni pieni, sono calcolati come riscattati (e quindi validi nel
computo) anche i servizi pre-ruolo, gli anni di laurea e il servizio
militare, ecc. calcolando anche quelli appena chiesti a riscatto ma non
ancora formalizzati dall’amministrazione e, soprattutto, non accettati
dal lavoratore.
Siffatta situazione impone che detti periodi non possono essere presi
in considerazione ai fini del computo della anzianità contributiva
odierna. Quindi, ogni pensionamento diventa una storia individuale e
letture sommarie dei fascicoli (sia pure per eccesso di zelo),
potrebbero portare a provvedimenti formalmente scorretti emessi da
parte dell’amministrazione se insiste nell’esercitare la risoluzione
del rapporto comunque e che in giudizio potrebbero risultare
palesemente illegittimi. (Elio Palumbo)
da CERIPNEWS