Nato da un’umile famiglia ebbe una gioventù difficile ed errabonda, visse e studiò a Torino e svolse diverse professioni, tra cui quella della copia di testi musicali. Le sue relazioni con tutti gli intellettuali illuministi suoi contemporanei, oltre che con le istituzioni della Repubblica di Ginevra, finirono per deteriorarsi a causa di incomprensioni, sospetti e litigi, e Rousseau morì in isolamento quasi completo. Suo padre, Isaac, un artigiano di modeste condizioni ma di una certa cultura, educò il bambino da solo per i primi dieci anni della sua vita, instillandogli un amore per la lettura e un sentimento patriottico per la Repubblica di Ginevra che Jean-Jacques avrebbe conservato per tutta la vita.
Studiò inoltre la geometria, il latino, la storia, la geografia e l’astronomia. Con Françoise-Louise de Warens, di tredici anni più anziana e da lui soprannominata maman, Rousseau intrattenne anche una relazione sentimentale, i cui piaceri rievocò poi nelle Confessioni. Nel 1737 Rousseau si assentò da Chambery in due occasioni, prima (a luglio) per recarsi a Ginevra a ritirare l’eredità di sua madre e poi (a settembre) per consultare un medico in seguito a un problema al cuore; durante questo secondo viaggio ebbe una breve ma appassionata relazione amorosa con una donna incontrata durante il tragitto, Madame de Larnage. Per quanto breve il soggiorno di Rousseau a Venezia fu significativo, perché fu in questa occasione che egli iniziò a stendere alcune riflessioni sul malgoverno della città che posero le basi di un ampio trattato di filosofia politica, le Institutions politiques; questo testo rimase incompiuto, ma in seguito ne venne estratto quello che sarebbe divenuto il Manoscritto di Ginevra e, quindi, Il contratto sociale. Gli abbiamo posto alcune questioni:
Rete ASASi: Professor Rousseau, Nel 1753 venne pubblicata una nuova questione dell’Accademia di Digione: «Qual è l’origine della disuguaglianza fra gli uomini e se essa è autorizzata dalla legge naturale.» Il Discorso sulle scienze e le arti rappresenta un’aspra critica della civiltà (civilization) contrapposta allo stato naturale, di assoluta felicità, dell’uomo. Rousseau argomenta che i rapporti tra gli uomini all’interno della società sono profondamente viziati da un’attitudine ineliminabile alla menzogna e all’ipocrisia, tanto che è in generale impossibile distinguere l’apparenza di ciascuno dal suo essere reale. Cosa pensa lei, eminente pedagogo, della formazione professionale in Sicilia?
Jean-Jacques Rousseau: Come sarebbe dolce vivere tra noi, se l’atteggiamento esteriore fosse sempre l’immagine delle disposizioni del cuore. Prima che l’arte avesse modellato le nostre maniere e insegnato alle nostre passioni un linguaggio controllato, i nostri costumi erano rozzi, ma naturali. La natura umana, in fondo, non era migliore; ma gli uomini trovavano la base della loro sicurezza nella facile penetrazione reciproca. Nel momento in cui diventa impossibile rapportarsi al prossimo con assoluta sincerità, si ha l’emergenza del vizio. La Formazione professionale Regionale in Sicilia è un bel corteo di vizi! Addio stima reale, addio fiducia fondata. È così, che la depravazione dei costumi è avanzata di pari passo con il progresso dei finanziamenti clientelari. La perdita della virtù ha causato enormi abusi, ha generato una diseguaglianza convenzionale (indipendente dalla naturale differenza di forza o di ingegno tra due individui) molto maggiore della diseguaglianza naturale, e ha viziato in profondità la stessa costituzione delle società umane. L’assessore Centorrino ha appena finanziato 289 milioni di euro per gli Enti di formazione collegati a partiti e sindacati. Ma si stanno perdendo 1,6 miliardi che la Regione non riesce a spendere perché non ha deciso come lottizzare. Si perdono 1,6 miliardi e si escludono dal finanziamento le scuole statali che potrebbero fare formazione seria collegata con aziende presenti sul mercato.
Rete ASASi: Professor Rousseau, le sue tesi, esposte nel Discorso sulle scienze e le arti, erano evidentemente in aperto conflitto con la visione del mondo di un’epoca, quella illuminista, che riconosceva al progresso scientifico e culturale un ruolo molto positivo nel miglioramento dell’uomo, liberato dalla superstizione e affrancato dal suo stato di minorità. Cosa pensa dell’iniziativa del Ministro profumo di destinare 30 milioni di euro agli studenti eccellenti?
Jean-Jacques Rousseau: Sono d’accordo con Profumo. Non dobbiamo proporre una scuola elitaria, ma il modello di un allievo ideale. Émile appunto, che richiede, un’umanità retta e virtuosa, che solo un’educazione accurata e ponderata dei singoli individui può sviluppare: per la società nuova è necessaria una nuova umanità, una generazione di cittadini consapevoli e buoni, di cui idealmente Émile è il primo rappresentante. Quello dell’Émile (la proposta del modello di studente bravo e serio) può essere letto come un «programma minimo», come un tentativo di riforma morale e civile sulla piccola scala dell’individuo, che viene intrapreso perché si riconosce l’impossibilità pratica di attuare una simile riforma sulla grande scala dello Stato. Alcuni hanno interpretato l’Émile come un tentativo di portare l’uomo alla felicità all’interno dello Stato e della società, cioè come una riscrittura del Contratto sociale non più nell’ottica di modellare uno Stato legittimo, bensì nell’intento di formare alla moralità un singolo individuo, di renderlo capace di rapportarsi correttamente con la comunità e di fargli ottenere così l’unica felicità possibile al di fuori dello stato di natura.
Rete ASASi: Professor Rousseau, cosa pensa del poco onorevole Gianfranco Micciché che ha detto di Maria Falcone: “Ci avissiru a dari timpulate” (dovrebbero schiaffeggiarla) e “Sul fratello morto vuole speculare fino all’ultimo”, e che ha contestato l’intitolazione dell’aeroporto di Palermo con la motivazione: “Intitolare l’aeroporto a Falcone e Borsellino è un errore dal punto di vista del marketing?”.
Jean-Jacques Rousseau: Riguardo a Gianfranco Micciché, bisogna distinguere i bisogni dell’infante dai suoi capricci, assecondando senza esitazione i primi e ignorando completamente i secondi. Occorre assicurare a Micciché una buona educazione contro la corruzione a cui la società che lo circonda lo fa andare incontro. Queste circostanze minimizzano la capacità di Gianfranco di dedicarsi ad attività impegnative come gli studi. Sempre condotto da un obiettivo pratico, cioè sempre immediatamente consapevole dell’utilità di quello che studia, Émile - Gianfranco deve essere in grado di entrare a contatto con l’umanità in modo che egli la capisca a fondo, più che invidiare gli altri uomini. Comunque, per come è stato educato, il suo naturale amor di sé prevarrà sempre. L’educazione sociale e morale di Micciché deve essere completata dall’introduzione alla religione, alla quale è dedicata una larga parte del mio quarto libro sotto forma della Professione di fede del vicario savoiardo. Infine, Gianfranco, deve essere davvero introdotto in società: sulla quale il precettore non ha mancato di alimentare le aspettative del discepolo in modo che egli non si accontenti di niente di meno di quello che merita: inevitabilmente disprezzerà la lussuosa e corrotta civiltà urbana. Evidentemente, con le critiche a Falcone e Borsellino voleva accreditarsi presso qualcuno, chissà verso chi?
Roberto Tripodi, robertotripodi@virgilio.it,