A tre anni e
mezzo dall’entrata in vigore della legge n.221 del 28 dicembre 2015 che
istituisce, all’art.5 comma 6, la figura del mobility manager
scolastico, pochissime sono le scuole di ogni ordine e grado che hanno
adempiuto a tale obbligo. Ravenna, Verona, Roma, Bologna Reggio
Calabria sono alcune delle città che già da tempo hanno cominciato a
formare i “mobility manager scolastici” nell’ambito dei Piani di
Spostamento Casa Scuola (PSCS) e Casa Lavoro (PSCL). Il decreto
direttoriale n. 417 del 21 dicembre 2018 della Direzione Generale per
il Clima e l’Energia aveva avviato per quest’anno il “Programma di
Incentivazione della Mobilità Urbana Sostenibile (PrIMUS)”, finalizzato
al finanziamento di progetti di mobilità sostenibile nei Comuni con
popolazione non inferiore a 50.000 abitanti.
Il bando, ormai scaduto, prevedeva tra l’altro lo sviluppo delle
attività di mobility management proprio nelle scuole e nelle
università, oltre che nelle sedi centrali e periferiche delle
amministrazioni dello Stato e delle amministrazioni territoriali.
Eppure nobili sono stati i fini che hanno ispirato il
legislatore: l'abbattimento dei livelli di inquinamento
atmosferico ed acustico, la riduzione dei
consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del
trasporto e della circolazione stradale, la riduzione al minimo
dell'uso individuale dell'automobile privata e il contenimento del
traffico.
Il mobility manager scolastico ha infatti il compito di organizzare e
coordinare gli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e
degli alunni; mantenere i collegamenti con le strutture
comunali e aziende di trasporto; coordinarsi con gli altri
istituti scolastici presenti nel medesimo comune; verificare soluzioni,
con il supporto delle aziende che gestiscono i servizi di trasporto
locale, su gomma e su ferro, per il miglioramento dei servizi e
l'integrazione degli stessi; garantire l'intermodalità e
l'interscambio; favorire l'utilizzo della bicicletta e di servizi di
noleggio di veicoli elettrici o a basso impatto ambientale;
segnalare all'ufficio scolastico regionale eventuali problemi
legati al trasporto dei disabili.
E dalla fine di questo anno potrebbe disporre di un importante
strumento con la modifica del "nuovo" Codice della Strada, approvato a
luglio scorso in prima lettura in commissione Trasporti alla Camera:
la “strada scolastica” per le strade in prossimità di edifici ad
uso scolastico. L'idea è quella di "consentire la sosta, il movimento e
le manovre connesse" alle scuole.
Su queste strade i comuni provvederanno a "stabilire limitazioni alla
circolazione almeno negli orari di attività didattica e di ingresso e
uscita degli alunni", adottando almeno una di queste misure: fissare un
limite massimo di 30 km/h o inferiore; delimitare zone a traffico
limitato.
Il mobility manager scolastico è scelto su base volontaria e senza
riduzione del carico didattico, in coerenza con il piano
dell'offerta formativa, con l'ordinamento scolastico e tenuto conto
dell'organizzazione didattica esistente. Dal tenore della norma
sembrerebbe che debba essere individuato tra il personale docente.
Dall'attuazione del citato disposto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per cui lo si potrebbe
assimilare ed equiparare a funzione strumentale (Ccnl scuola 2006/2009
art.33 comma 2, confermato dal Ccnl scuola 2016/2018 come indicato
all’art.1 comma 10), utilizzando i soldi previsti dai Fondi d’Istituto
(FIS) per pagare gli incarichi aggiuntivi, di cui proprio nei giorni
scorsi il MIUR ha comunicato l’erogazione alle scuole.
Per ulteriori approfondimenti si richiama il Dossier “Che fine ha fatto
il mobility manager scolastico? Dalle parole ai fatti”, consultabile su
http://www.aetnanet.org/scuola-news-24883298.html
Giuseppe Gullotta