Nel “Sistema nazionale di istruzione e formazione” la scuola media ha un proprio ruolo ed una
specifica identità.
“In attuazione dell’articolo 34 della Costituzione, l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado. La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.
E’ questo il primo articolo della Legge 1859, approvata il 31 dicembre del 1962 e quest’anno si ricordano i primi sessant’anni della “Scuola media”, ora “Scuola secondaria di 1° grado”, che orienta l’attenzione pedagogica alla delicata fase evolutiva del ragazzo, all’acquisizione di un metodo di studio e di lavoro, rinforzato da positive e concrete esperienze realizzate a scuola, anche in orario pomeridiano, come è previsto nel PNRR istituzionalizzando lo sport, la musica, il teatro, i laboratori e consentendo l’esercizio e lo sviluppo di competenze trasversali.
Un po’ di storia
A distanza di 15 di anni dall’introduzione della Costituzione (1 gennaio 1948) la tappa raggiunta nel dicembre di 60 anni fa fu considerata un grande traguardo per una “scuola di tutti e per ciascuno”.
In questa definizione e nella specificità delle preposizioni “di” e “per”. si condensano tutti i principi istituzionali relativi al diritto allo studio e all’’obbligo scolastico e i valori educativi del processo di insegnamento-apprendimento che sollecita l’interazione tra lo studente e l’insegnante al fine di promuovere la modifica del comportamento e specificamente del modo di pensare, di sentire e di agire.
Con la legge 478 del giugno 1961 l’allora Ministro Giacinto Bosco determinò l’abolizione dell’esame di ammissione alla scuola media e in termini quantitativi portò a un’esplosione delle iscrizioni e spianò di fatto la strada alla chiusura delle scuole di avviamento professionale e, a firma del Ministro Luigi Gui, all’istituzione nel 1962 della Scuola Media statale “unica, obbligatoria e gratuita” per tutti.
La scuola media unica ha avuto il pregio e il merito di diventare un segno di presenza ed un presidio culturale anche nei piccoli paesi e nelle periferie, nelle scuole di montagna e delle piccole isole, offrendo un servizio culturale di massa, in risposta all’elevato tasso di analfabetismo. Nei primi dieci anni, infatti, il numero dei cittadini in possesso di licenza di scuola media è passato dal 45% all’80%
All’insegna dell’obbligatorietà ha accolto tutti i ragazzi anche i meno motivati, con un percorso scolastico a volte frammentato e poco efficace ai fini della crescita culturale e del rendimento scolastico complessivo.
L’attività di insegnamento in gruppi classe eterogenei è stata difficoltosa e non sempre ha trovato attuazione pedagogica il “per ciascuno”. Tutto ciò ha determinato un abbassamento dei livelli di proposte educative, mantenendo uno standard di basso profilo o circoscritto nella fascia della cosiddetta “sufficienza”.
L’impegno di aiutare tutti e venire incontro ai bisogni di ciascuno, nel colmare le gravi carenze di base, ha determinato nel tempo la modifica dell’impianto tradizionale delle discipline del “ginnasio inferiore” . Nel 1959 l’insegnamento del latino divenne facoltativo: in seconda media come “Elementi di latino” e nella terza classe come disciplina opzionale, obbligatoria per chi intendesse iscriversi successivamente al liceo classico.
I ragazzi eccellenti hanno avuto modo di realizzare le loro potenzialità nella scuola secondaria di 2° grado, potenziando le capacità personali e le abilità acquisite, che man mano li hanno condotti allo sviluppo di nuove ed efficaci competenze.
Positivo è stato ‘inserimento delle lingue comunitarie, prima una, poi due con la prevalenza della lingua inglese per tutti. Le discipline scolastiche: artistica, musica, tecnologia. avevano tutte le connotazione di “educazione”.
Verso nuovi orizzonti
L’uso delle nuove tecnologie ha aperto nuovi orizzonti alla didattica, ma pur avendo adesso molti strumenti tecnologici e informatici non sempre vengono adeguatamente adoperati per una didattica efficace.
A questi positivi traguardi si aggiungono le molteplici e variegate sperimentazioni che hanno caratterizzato il progredire della qualità del servizio scolastico e dell’offerta formativa che si è arricchita dell’organizzazione del tempo prolungato.
Il graduale assetto di modifica è stato registrato negli anni, anche a seguito delle riforme ministeriali e ordinamentali, ma, come si evince dal recente rapporto della Fondazione Agnelli sulla Scuola media, si constata che, mentre il mondo del lavoro è cambiato, la scuola è rimasta al passo, presentando ancor più gravi i punti di debolezza, e, come dicevano i latini: “non progredi regredi est”.
Si registra ancora che l’età media dei docenti si attesta attorno ai 52 anni e si segnala che molti docenti ammettono di sentirsi preparatissimi sul piano dei contenuti, ma poco attrezzati sul piano didattico. E’ mancata, infatti, in questi lunghi anni di innovazione e di autonomia, la linfa vitale dell’aggiornamento professionale, già riconosciuto come un diritto e un dovere del docente. Quel che appare più grave è il fatto che i docenti, oberati da tante incombenze burocratiche e da frequenti riunioni, sostengono di non avvertire la necessità di una specifica formazione per rinnovare le metodologie didattiche innovative in risposta ai nuovi linguaggi e alle esigenze dei ragazzi di oggi, nativi digitali.
Le attività di formazione hanno privilegiato il settore della sicurezza e della competenza digitale, trascurando l’ambito metodologico didattico.
L’innovazione della “didattica a distanza”, adottata durante il lockdown per il Covid 19 per molti docenti è stata, purtroppo, soltanto una trasposizione di cattedra “da scuola a casa”, senza apportare alcuna modifica alle tradizionali formule di spiegazione, interrogazione e valutazione ed il rendimento scolastico degli studenti è stato fortemente penalizzato. Se ne registrano le conseguenze nel biennio della scuola secondaria di secondo grado.
Dall’esito dei sondaggi si evidenzia nella scuola media un clima di classe pedagogicamente ed emotivamente poco coinvolgente; un insegnamento prevalentemente frontale e trasmissivo, centrato sui libri di testo, poco orientato alla promozione del lavoro autonomo e delle strategie metacognitive. La quinta competenza europea “imparare ad imparare” in molte realtà scolastiche non ha ancora trovato reale applicazione nelle strategie di insegnamento, poco indirizzate ad “insegnare a pensare”
Come ha affermato Roberto Ricci, presidente di Invalsi, la scuola media è ancora “strisciante verso il secondo grado”, orientata sui contenuti e poco attenta al consolidamento delle competenze. Molti i docenti, inoltre, la considerano “scuola di passaggio” e attendono il trasferimento al secondo grado, come sviluppo e progressione di carriera.
Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ha scritto che “La scuola media deve avere una nuova missione, la preparazione alle scelte successive e l’orientamento non può ridursi ad una ratifica della pagella, bensì alla valorizzazione delle competenze che potranno essere meglio sviluppate proseguendo gli studi ad indirizzo liceale, tecnico o professionale”
E’ proprio la dimensione orientativa che spesso è venuta meno nelle tensioni educative della programmazione didattica. La didattica della scuola media, che per definizione “istruisce, forma e colloca nel mondo persone e cittadini”, necessita di una specifica didattica di orientamento, che potenzi esercizi e attività intesi come “compiti di realtà”, “compiti autentici” nel complesso della progettazione e lo studio va centrato su temi concreti, mettendo in atto la regola pedagogica di John Dewey: “learning by doing”. Imparare facendo costituisce la via maestra dell’apprendimento e così le nozioni apprese guideranno il “saper fare” e indirizzeranno al “saper essere”.
La tappa del 60° compleanno dovrebbe offrire a tutte le scuole l’opportunità di “fermarsi a pensare” come poter migliorare questo segmento significativo del percorso formativo dello studente e l’avvio allo studio delle discipline necessita di un attrezzato impianto metodologico arricchito dal corretto uso delle tecnologie, in cammino verso una scuola di qualità.
Giuseppe Adernò
“In attuazione dell’articolo 34 della Costituzione, l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado. La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.
E’ questo il primo articolo della Legge 1859, approvata il 31 dicembre del 1962 e quest’anno si ricordano i primi sessant’anni della “Scuola media”, ora “Scuola secondaria di 1° grado”, che orienta l’attenzione pedagogica alla delicata fase evolutiva del ragazzo, all’acquisizione di un metodo di studio e di lavoro, rinforzato da positive e concrete esperienze realizzate a scuola, anche in orario pomeridiano, come è previsto nel PNRR istituzionalizzando lo sport, la musica, il teatro, i laboratori e consentendo l’esercizio e lo sviluppo di competenze trasversali.
Un po’ di storia
A distanza di 15 di anni dall’introduzione della Costituzione (1 gennaio 1948) la tappa raggiunta nel dicembre di 60 anni fa fu considerata un grande traguardo per una “scuola di tutti e per ciascuno”.
In questa definizione e nella specificità delle preposizioni “di” e “per”. si condensano tutti i principi istituzionali relativi al diritto allo studio e all’’obbligo scolastico e i valori educativi del processo di insegnamento-apprendimento che sollecita l’interazione tra lo studente e l’insegnante al fine di promuovere la modifica del comportamento e specificamente del modo di pensare, di sentire e di agire.
Con la legge 478 del giugno 1961 l’allora Ministro Giacinto Bosco determinò l’abolizione dell’esame di ammissione alla scuola media e in termini quantitativi portò a un’esplosione delle iscrizioni e spianò di fatto la strada alla chiusura delle scuole di avviamento professionale e, a firma del Ministro Luigi Gui, all’istituzione nel 1962 della Scuola Media statale “unica, obbligatoria e gratuita” per tutti.
La scuola media unica ha avuto il pregio e il merito di diventare un segno di presenza ed un presidio culturale anche nei piccoli paesi e nelle periferie, nelle scuole di montagna e delle piccole isole, offrendo un servizio culturale di massa, in risposta all’elevato tasso di analfabetismo. Nei primi dieci anni, infatti, il numero dei cittadini in possesso di licenza di scuola media è passato dal 45% all’80%
All’insegna dell’obbligatorietà ha accolto tutti i ragazzi anche i meno motivati, con un percorso scolastico a volte frammentato e poco efficace ai fini della crescita culturale e del rendimento scolastico complessivo.
L’attività di insegnamento in gruppi classe eterogenei è stata difficoltosa e non sempre ha trovato attuazione pedagogica il “per ciascuno”. Tutto ciò ha determinato un abbassamento dei livelli di proposte educative, mantenendo uno standard di basso profilo o circoscritto nella fascia della cosiddetta “sufficienza”.
L’impegno di aiutare tutti e venire incontro ai bisogni di ciascuno, nel colmare le gravi carenze di base, ha determinato nel tempo la modifica dell’impianto tradizionale delle discipline del “ginnasio inferiore” . Nel 1959 l’insegnamento del latino divenne facoltativo: in seconda media come “Elementi di latino” e nella terza classe come disciplina opzionale, obbligatoria per chi intendesse iscriversi successivamente al liceo classico.
I ragazzi eccellenti hanno avuto modo di realizzare le loro potenzialità nella scuola secondaria di 2° grado, potenziando le capacità personali e le abilità acquisite, che man mano li hanno condotti allo sviluppo di nuove ed efficaci competenze.
Positivo è stato ‘inserimento delle lingue comunitarie, prima una, poi due con la prevalenza della lingua inglese per tutti. Le discipline scolastiche: artistica, musica, tecnologia. avevano tutte le connotazione di “educazione”.
Verso nuovi orizzonti
L’uso delle nuove tecnologie ha aperto nuovi orizzonti alla didattica, ma pur avendo adesso molti strumenti tecnologici e informatici non sempre vengono adeguatamente adoperati per una didattica efficace.
A questi positivi traguardi si aggiungono le molteplici e variegate sperimentazioni che hanno caratterizzato il progredire della qualità del servizio scolastico e dell’offerta formativa che si è arricchita dell’organizzazione del tempo prolungato.
Il graduale assetto di modifica è stato registrato negli anni, anche a seguito delle riforme ministeriali e ordinamentali, ma, come si evince dal recente rapporto della Fondazione Agnelli sulla Scuola media, si constata che, mentre il mondo del lavoro è cambiato, la scuola è rimasta al passo, presentando ancor più gravi i punti di debolezza, e, come dicevano i latini: “non progredi regredi est”.
Si registra ancora che l’età media dei docenti si attesta attorno ai 52 anni e si segnala che molti docenti ammettono di sentirsi preparatissimi sul piano dei contenuti, ma poco attrezzati sul piano didattico. E’ mancata, infatti, in questi lunghi anni di innovazione e di autonomia, la linfa vitale dell’aggiornamento professionale, già riconosciuto come un diritto e un dovere del docente. Quel che appare più grave è il fatto che i docenti, oberati da tante incombenze burocratiche e da frequenti riunioni, sostengono di non avvertire la necessità di una specifica formazione per rinnovare le metodologie didattiche innovative in risposta ai nuovi linguaggi e alle esigenze dei ragazzi di oggi, nativi digitali.
Le attività di formazione hanno privilegiato il settore della sicurezza e della competenza digitale, trascurando l’ambito metodologico didattico.
L’innovazione della “didattica a distanza”, adottata durante il lockdown per il Covid 19 per molti docenti è stata, purtroppo, soltanto una trasposizione di cattedra “da scuola a casa”, senza apportare alcuna modifica alle tradizionali formule di spiegazione, interrogazione e valutazione ed il rendimento scolastico degli studenti è stato fortemente penalizzato. Se ne registrano le conseguenze nel biennio della scuola secondaria di secondo grado.
Dall’esito dei sondaggi si evidenzia nella scuola media un clima di classe pedagogicamente ed emotivamente poco coinvolgente; un insegnamento prevalentemente frontale e trasmissivo, centrato sui libri di testo, poco orientato alla promozione del lavoro autonomo e delle strategie metacognitive. La quinta competenza europea “imparare ad imparare” in molte realtà scolastiche non ha ancora trovato reale applicazione nelle strategie di insegnamento, poco indirizzate ad “insegnare a pensare”
Come ha affermato Roberto Ricci, presidente di Invalsi, la scuola media è ancora “strisciante verso il secondo grado”, orientata sui contenuti e poco attenta al consolidamento delle competenze. Molti i docenti, inoltre, la considerano “scuola di passaggio” e attendono il trasferimento al secondo grado, come sviluppo e progressione di carriera.
Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ha scritto che “La scuola media deve avere una nuova missione, la preparazione alle scelte successive e l’orientamento non può ridursi ad una ratifica della pagella, bensì alla valorizzazione delle competenze che potranno essere meglio sviluppate proseguendo gli studi ad indirizzo liceale, tecnico o professionale”
E’ proprio la dimensione orientativa che spesso è venuta meno nelle tensioni educative della programmazione didattica. La didattica della scuola media, che per definizione “istruisce, forma e colloca nel mondo persone e cittadini”, necessita di una specifica didattica di orientamento, che potenzi esercizi e attività intesi come “compiti di realtà”, “compiti autentici” nel complesso della progettazione e lo studio va centrato su temi concreti, mettendo in atto la regola pedagogica di John Dewey: “learning by doing”. Imparare facendo costituisce la via maestra dell’apprendimento e così le nozioni apprese guideranno il “saper fare” e indirizzeranno al “saper essere”.
La tappa del 60° compleanno dovrebbe offrire a tutte le scuole l’opportunità di “fermarsi a pensare” come poter migliorare questo segmento significativo del percorso formativo dello studente e l’avvio allo studio delle discipline necessita di un attrezzato impianto metodologico arricchito dal corretto uso delle tecnologie, in cammino verso una scuola di qualità.
Giuseppe Adernò