Lettere in redazione
Enrico Mentana ha evidenziato a milioni di telespettatori quella che ha
definito “una scoperta” di “una storia molto interessante”: “che tutti
i partiti o quasi, mentre litigavano sull’università, alla chetichella
hanno fatto una leggina per preservare una particolare serie di presidi
siciliani che avevano vinto un concorso palesemente irregolare”. “Il
Sole 24 ORE” ha aggiunto un po’ di satira.
Così, a sua volta, “Il Sole”, con sarcasmo e con accento
satirico: “Come sono stati i vostri anni da presidi ‘abusivi’?”. Subito
dopo l’accenno al concorso “mitragliato da ricorsi e condanne della
giustizia amministrativa”, l’articolo (del giornalista G.Tr.) riporta
che i 416 vincitori del concorso del 2004 annullato dal C.G.A.
“dovranno rispondere a questa domanda per mantenere il posto”.
E aggiunge che “una ‘prova’ analoga sarà rivolta a chi è stato
dichiarato idoneo ma non ha ancora preso servizio: dovrà raccontare un
progetto su un argomento a scelta elaborato durante la fase di
formazione”. Una legge, così nello stesso articolo giornalistico, che
“disegna un modo singolare per ‘rinnovare’ il concorso: i vincitori
dovranno raccontare la propria esperienza e, a ‘seguito del superamento
di tale prova scritta’, potranno rimanere dove sono. E gli altri? La
‘rinnovazione’ non li dimentica, e prevede l’ennesima rivalutazione
degli scritti ormai storici”. Infine, dopo aver evidenziato che “se
qualcuno sarà giudicato idoneo potrà partecipare a sei mesi di
formazione, che si concludono con un attestato”, la ciliegina finale:
“Il tutto ‘in esecuzione delle statuizione della giustizia
amministrativa’, che però aveva chiesto di rifare tutto”.
C’è veramente da ridere, trattandosi di una farsa: composizione e
rappresentazione teatrale di argomento comico. La legge tripartisan “ad
personas” riconosce e conferma che il concorso era stato svolto
scorrettamente, in modo tale da meritarsi pienamente le sentenze di
nullità assoluta pronunciate dal C.G.A. E i parlamentari che l’hanno
proposta e che l’hanno approvata in due distinte commissioni,
rispettivamente, della Camera e del Senato, invece di fare applicare le
sentenze della giustizia amministrativa, decidono di far ripetere il
concorso annullato nel mese di maggio del 2009 in modi e forme tali da
rendere la legge disuguale per tutti. Deliberano di dar vita ad un
concorso da svolgersi, a mezzo di prove diversificate per gruppi di
concorrenti, per compiti (su argomento ormai conosciuto da parecchi
mesi o su relazione “a piacere”) scritti a casa (preparati su misura e
scritti e corretti chissà da chi?) e, se la memoria personale regge,
trascritti “correttamente” a scuola dai candidati ripetenti. Potrebbe
altrimenti dirsi: compiti “ricopiati” in classe.
Ma quando mai si è visto un concorso di tal fatta! Un concorso che per
consentire di realizzarlo per compiti a casa da trascrivere in classe
(naturalmente sotto sorveglianza per “impedire” di essere copiati da
triscette preparate altrove) sono stati addirittura costruiti diversi
disegni di legge per giungere ad una definitiva approvazione
tripartisan di una legge che vede il Pd, clamorosamente
incoerente per quanto riguarda il principio dell’assoluto rispetto alle
sentenze della magistratura, in sodale accoppiamento con l’MPA (così
come nel governo della Regione, nonostante le discordie interne allo
stesso Pd) e con il Pdl che non vuole farsi sfuggire l’occasione,
perché altrimenti avrebbe rischiato di perdere voti alle prossime
elezioni!
Un “copiato” dal titolo scontato, su un argomento a piacere, preparato
a casa e addirittura così consentito, approvato e tutelato da una legge
costruita ed approvata con specifica intenzione. Nella sostanza, un
“copiato” come si è sempre fatto (ma chi veniva trovato a copiare, dopo
essere andato in gabinetto per trovare le tessere necessarie collocate
per piccoli rotoli nella cartuccera, una cintura provvista di piccoli
scompartimenti cilindrici, stretta attorno ai fianchi o collocata in
altri ambiti del proprio corpo, veniva allontanato dall’aula,
addirittura degli esami di maturità, oppure doveva immediatamente
consegnare tutto il materiale nascosto per essere perdonato non
avendolo utilizzato). La legge per il rinnovamento del concorso
annullato dal C.G.A. forse non consente (ci sarà stretta sorveglianza?)
di ricopiare liberamente in classe il testo costruito a casa, e invece
impone la fatica di impararlo a memoria. E c’è da chiedersi se è
consentito ricopiarlo dal cellulare dove può essere facilmente inserito
(i cellulari debbono essere consegnati all’ingresso?), se è possibile
utilizzare strumenti multimediali ipod dai quali è facile prelevare per
il tramite dell’auricolare il compito sistematovi a casa e se si deve
stare in classe assolutamente a capo scoperto, poiché esistono berretti
di lana con tasche interne per inserirvi auricolari.
Su “il Fatto Quotidiano” c’è chi, naturalmente dei concorrenti che non
erano stati ammessi agli orali dalla commissione irregolarmente
composta, principale motivo (ma ve ne sono stati anche altri) che ha
portato il C.G.A. ad emettere le sentenze di nullità assoluta del
concorso, lamenta che dopo “quattro anni per avere giustizia”
interviene una “leggina” che “comunque non tiene in alcun conto quello
che ha stabilito la magistratura”, aggiunge un “roba da paese delle
banane” e completa con una dichiarazione assolutamente esplicita: “Sono
diventati presidi anche personaggi che hanno presentato temi con errori
di grammatica. I promossi che ritengono di essere preparati, dovrebbero
essere i primi a far sì che i loro incarichi siano avallati da un
giudizio senza imbrogli”.
Già, se non si ha nulla da temere, sarebbe utile avere conoscenza degli
elaborati degli ammessi alla prova orale e anche quelli dei non ammessi
alla prova orale del concorso annullato dal C.G.A., “corretti” da due
sottocommissioni, ciascuna composta da due commissari, e un presidente
vagante da una sottocommissione all’altra mentre le due
sottocommissioni “leggevano” nello stesso tempo due diversi elaborati.
Anomalia ripetuta durante la prova orale dei “fortunati” ammessi.
In definitiva, non costerebbe molto chiedere l’accesso agli elaborati
degli ammessi (e gli ammessi potrebbero chiedere l’accesso agli
elaborati dei non ammessi) e avere le copie di tutti gli elaborati,
fotocopie semplici e senza l’autenticazione per copie conformi: un paio
di centesimi di euro per ciascuna pagina, un euro per cinquanta pagine,
corrispondenti a 8-10 elaborati. Le fotocopie degli 832 elaborati dei
“vincitori” verrebbero a costare da 80 a 100 euro. Da 120 a 150 euro il
costo per avere anche le fotocopie degli elaborati degli “idonei”. Per
le fotocopie dei non ammessi alla prova orale, sarebbero necessari da
180 a 220 euro. La legge e le sentenze al riguardo, con riferimento ai
concorsi, consentono in via assoluta e per pienezza di diritto, non
sussistendo, poiché si tratta di concorso pubblico, alcun impedimento
in ordine alla privacy, l’accesso agli atti e l’estrazione delle copie
degli elaborati di tutti i concorrenti.
Inoltre, l’impossibilità dell’anonimato previsto per la “nuova
valutazione” degli elaborati dei concorrenti che non erano stati
ammessi alla prova orale del concorso annullato dal C.G.A. è scontato
dal fatto che tante copie sono state richieste ed ottenute. Basterebbe
metterle in circolazione, da parte di chiunque. Gli elaborati dei 416
concorrenti che erano risultati vincitori e dei concorrenti che erano
risultati idonei sono certamente accessibili da parte di qualsiasi
concorrente, che potrà estrarne copia, poiché il rinnovato concorso
sulla base delle norme contenute nella legge Siragusa-Lo Monte-Vicari
li dà per definitivi e con il mantenimento del voto allora assegnato
dalle commissioni irregolarmente costituite ed operanti. E possono, in
seguito e a tempo debito, essere chieste, per accesso agli atti e per
fotocopia, poiché si tratta di un rinnovato concorso al quale
partecipano quasi 1.600 candidati, gli elaborati dei 416 concorrenti
sulla “prova scritta sull’esperienza maturata” e le relazioni dei circa
150 concorrenti “sull’argomento” a loro scelta.
Con altri miei interventi sul sito www.aetnanet.it (19 novembre, 21
novembre e 25 novembre 2010) ho evidenziato che dalla lettura dei
verbali delle Commissioni permanenti della Camera e del Senato si
“viene a conoscenza di particolari che destano dubbi e perplessità”.
“Li vedono a prima vista gli avvocati e addirittura gli studenti di
giurisprudenza con due o tre anni di frequenza e di studi”. Altri
particolari emergono dalla lettura di quanto riguarda la legge “salva
presidi”, o dirigenti “congelati”, periodicamente apparse su questo
sito. Una legge che non fa giustizia e che invece fa ingiustizia.
La legge, e non c’è bisogno di riferirsi ai politici e ai filosofi di
secoli ormai lontani per averne maggiore conoscenza, “è il fondamento
stesso della democrazia”. Da alcuni giorni leggo un interessante libro
di Gianrico Carofiglio sulla manomissione delle parole, e dal suo libro
ho tratto le parole che Tucidite fa pronunciare a Pericle: “Le leggi
regolano le controversie private in modo tale che tutti abbiano un
trattamento uguale”. La giustizia “si identifica con la legge e con la
capacità dei corpi sociali di comporre in modo pacifico i conflitti: e
in ciò ha a che fare con l’attività del giudice, con la giustizia
civile e penale”. “Connaturale a questa nozione di giustizia è l’idea
che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge; che in una
controversia, o in generale nei rapporti con i pubblici poteri, essi
vengano trattati alla stessa maniera, secondo regole comuni, leggi
scritte promulgate nell’interesse generale, che non siano proprietà
esclusiva e abusiva di uno solo ‘che si è appropriato della legge’”.
Questo è “il principio di uguaglianza formale di tutti i cittadini
davanti alla legge, enunciato dall’articolo 3, comma primo, della
nostra Costituzione. Ed è il pilastro dello stato di diritto in ogni
Paese democratico”. Nel mito della generazione del mondo raccontato da
Platano nel “Protagora”, “l’arte politica consiste nell’esercizio del
rispetto e della giustizia”, che “sono i fondamenti della civile
convivenza e debbono essere posseduti da tutti i cittadini”, e “chi non
sa parteciparne” (del rispetto e della giustizia) è ‘un male della
città’”.
Ebbene, poiché “negli ultimi anni il Parlamento italiano” – sono ancora
espressioni di Carofiglio – “ha ripetutamente approvato leggi di
tipologia inusuale per una democrazia avanzata e per uno stato di
diritto: le cosiddette leggi ad personam”, nelle quali “il
perseguimento di interessi privati deforma e stravolge la funzione
propria del potere legislativo, che consiste – ‘dovrebbe’ consistere –
nell’elaborare provvedimenti di contenuto generale, non destinati a
risolvere specifiche controversie nell’interesse personale di specifici
soggetti”, bisognerebbe vergognarsi, sempre che non sia andata perduta
la capacità di vergognarsi. Purtroppo, così ancora da parte di
Carofiglio, “la forma verbale ‘vergognatevi’, o il più indiretto
‘dovrebbe/dovrebbero vergognarsi’, è oggi spesso utilizzata nei
confronti di due categorie: i giornalisti, che fanno il loro lavoro
raccogliendo notizie, e i magistrati, che, analogamente, fanno il loro
lavoro raccogliendo notizie, ponendo domande e, se del caso, formulando
accuse e redigendo sentenze”.
Ho ricevuto alcune note, tutte sottoscritte, da parte dei lettori e
delle lettrici dei miei interventi. In una, era tra l’altro scritto:
“Sono molto delusa di come il Partito Democratico abbia potuto
sostenere una legge così scorretta e di parte senza tener conto del
rispetto alla legalità”. In un’altra, veniva sottolineata la necessità
di “porre fine all’uso strumentale delle leggi proposte anche da chi
inveisce contro l’uso personale degli strumenti legislativi per poi
compiere lo stesso errore”. Seguita da una serie di domande: “Cosa
dobbiamo trasmettere ai nostri ragazzi? Quali principi, quali valori?
Bisogna credere nella giustizia, nelle istituzioni, nella uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge, nel rispetto delle sentenze? Oppure
deve passare l’idea cha sia più facile modificare una legge piuttosto
che farla rispettare? In un’altra, un dirigente scolastico di vecchia
nomina evidenziava che “il famoso congelamento ha anche tolto la
possibilità a chi, con tanti anni di servizio, poteva chiedere mobilità
per avvicinarsi ad una sede migliore” e che si sentiva “mortificato al
mattino”, quando andava “a scuola a dire ai nostri ragazzi che non
hanno più valori di nessun tipo”.
Non voglio fare grande riferimento (ma soltanto un breve accenno) alle
espressioni inaccettabili sul piano etico e alle tante aggressioni
verbali ripetutamente usate e rivolte con termini sconvenienti al
C.G.A. della Sicilia, tra le quali quella di accusarlo di “raptus
giustizialista … che ha fatto strame del diritto e ha continuato” a
perseguitare – “con un’inspiegabile ostinazione degna di miglior causa”
– “inopinatamente degradati” i “416 colleghi siciliani vincitori”
e “gli idonei nel concorso ordinario del 2004” e quella di venire
indicato come “colpevole” di “avere osato annullare” il concorso del
2004, che però dalle sentenze del C.G.A. risulta carico di irregolarità
insanabili. Ma intendo riferirmi, in particolare, ad alcuni interventi
recenti, che ho avuto modo di leggere nel sito www.aetnanet.it, dai
quali emergono elementi dai quali traspare come la questione del
rinnovamento del concorso scaturente da una legge “ad personas”,
frettolosamente approvata dalle specifiche Commissioni dei due rami del
Parlamento, sia del tutto anomala e sicuramente in contrasto con la
Costituzione della Repubblica Italiana.
In uno degli interventi pro legge “ad personas” appare del tutto
evidente l’esistenza di una notevole “discordia” tra la Dirpresidi e
quella indicata come “pentiate sindacale, cosiddetta rappresentativa”,
che di “chiacchiere” ne avrebbe prodotte “non poche a mano a mano che
sentiva sul collo il fiato della Dirpresidi. Chiacchiere
inconcludenti, in perfetto burocratese, che alla fine si sono ridotte
nel chiedere all’amministrazione quali fossero i suoi intendimenti
circa la rinnovazione delle prove concorsuali”, fino a indicare come
“modo assai strano per esprimere solidarietà” quello manifestato da uno
dei cinque sindacati rappresentativi, consistente “nell’irriverente
mancia (200 euro) promessa … ai dirigenti scolastici coinvolti nella
lunare vicenda a (risibile) ristoro delle (ingenti) spese legali
sostenute per far valere … i loro sacrosanti diritti. Una solidarietà
ipocrita di chi, sino all’ultimo, aveva sperato di poter imbastire
lucrosi corsi di preparazione e poi di intercettare un cospicuo numero
di deleghe”.
In un successivo intervento, in effetti sembrerebbe una relazione
“tecnica” senza possibilità d’essere attribuita a qualcuno, l’estensore
riferisce che nelle sentenze n. 477 e n. 478 (25 maggio 2009) del
Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia “si rileva
che è quindi stata annullata la correzione delle prove scritte, e
quindi caducate queste e le altre prove sostenute successivamente,
nella sentenza non viene mai messa in dubbio la veridicità e la bontà
di tali elaborati che, a tutt’oggi, risultano validi a tutti gli
effetti”. Ma allora perché, con evidentissima disparità di trattamento,
la “nuova valutazione degli elaborati” deve riguardare soltanto gli
elaborati dei candidati che non erano stati ammessi alla prova orale?
La “veridicità” degli elaborati non è stata messa in dubbio. Benissimo.
Se fosse stata messa in dubbio, la questione sarebbe diventata anche di
competenza della magistratura penale. La “bontà” non è stata messa in
dubbio. Perfetto anche questa volta. Ma c’è un rilevante
particolare: proprio perché la cosiddetta “bontà” non è stata mai messa
in dubbio, e perché “con riferimento a cose” il sostantivo femminile
“bontà” consiste nella “qualità che la fa apprezzare”, non si riesce a
comprendere cosa si voglia intendere con la parola “bontà”. Gli
elaborati sono “apprezzabili”: quindi, a parte il sapere perché sono
apprezzabili (forse perché molti degli elaborati dei non ammessi sono
già noti come tali: “apprezzabili”?), perché non sono stati gli autori
di quegli elaborati “apprezzabili” non sono stati ammessi tutti alla
prova orale del concorso del 2004 annullato dal C.G.A.
Nella stessa relazione “tecnica, alcune righe dopo, l’autore “evidenzia
come … a nulla è valsa la scoperta che in realtà, alcune centinaia –
dai verbali visionati dagli avvocati dei dirigenti scolastici, che sono
solo alcuni, risulterebbero circa trecento – di elaborati siano stati
corretti dalla Commissione in composizione ‘regolare’ (un presidente e
due componenti). Perfetto. Si tratta della prova del fuoco. Più chiaro
di così è assolutamente impossibile. Dall’espressione usata è facile
dedurre (per conferma di chi l’ha scritta) che il concorso si era
svolto scorrettamente. Se dai verbali visionati risulta che “circa
trecento” elaborati sono stati corretti dalla “Commissione in
composizione ‘regolare’”, gli altri circa 2.900 elaborati come
sono stati corretti? Resta comunque fermo il problema del tempo
impiegato per la correzione di ciascuno degli elaborati e l’accertata
attività di correzione di elaborati da Commissione in composizione
‘irregolare’. Il massimo della disparità di trattamento, tale da dover
considerare assolutamente perfette le sentenze del C.G.A. che hanno
annullato per vizio sostanziale insanabile il concorso. Un vizio che
non può giammai rendere validi le correzioni e i voti degli elaborati
degli ammessi alla prova orale e considerare non validi le correzioni e
i voti degli elaborati dei non ammessi alla prova orale. Un vizio che
non può rendere validi i risultati degli orali, sia quelli positivi,
sia quelli negativi, soprattutto perché irrimediabilmente falsati dalle
correzioni, dai giudizi e dai voti delle prove scritte.
In definitiva, un vizio assai grave, insanabile, che non può essere
eliminato con una legge “ad personas”, stranamente indicata col termine
“riparatrice” al fine di consentire “di evitare una serie di gravose e
per la loro complessa articolazione tuttora imprevedibili conseguenze
anche di natura risarcitoria ai danni del buon andamento dell’azione
amministrativa e dell’amministrazione pubblica, garantendo altresì
essenzialmente la continuità della direzione didattica e disciplinare
degli istituti scolastici”. E si è paradossalmente arrivati al punto di
costruire e di approvare in fretta e furia una legge “con la quale si
preveda la rinnovazione del concorso siciliano con modalità diverse per
le diverse tipologie di concorrenti”: un compito, addirittura su un
argomento a scelta, preparato a casa e trascritto a scuola per i
“privilegiati”, e una “nuova valutazione degli elaborati” (non si
comprende “l’ovviamente opportunamente secretate”: “sic” al posto di
segretate) dei candidati che non erano stati ammessi alla prova orale
del concorso durante la fase di palese ed accertata disparità di
trattamento nella correzione delle prove scritte. Tra l’altro, da
un’attenta analisi dei verbali è possibile pervenire ai nomi dei
candidati che hanno avuto corretti gli elaborati da una “commissione in
composizione regolare” e ai nomi dei candidati i cui compiti sono stati
corretti da una “commissione in composizione irregolare”, così da
accertare a quale delle “categorie” (vincitori, idonei, non ammessi
alla prova orale, ammessi alla prova orale ma non superata) essi
appartengono. Già, sarebbe interessante saperlo. In sostanza, un
concorso che tuttora “nasconde” aspetti che invece dovrebbero essere
chiariti. Lo vuole la trasparenza degli atti della pubblica
amministrazione. Lo vuole la certezza del diritto.
Certamente, la rinnovazione delle prove del concorso potrebbe anche
differire da quanto stabilito dal bando del novembre 2004, ma deve
essere uguale per tutti i concorrenti, senza figli privilegiati e
figliastri sfavoriti, perché la legge è uguale per tutti. A
garanzia e a tutela dei figliastri sfavoriti e diseredati c’è la
Costituzione della Repubblica Italiana. Comunque, almeno mille dei
quasi 1.550 concorrenti non otterranno dal concorso comunque rinnovato
la funzione di dirigente scolastico.
Infine, non si parli di “ovvie esigenze di celerità che restituiscano a
breve termine serenità alla scuola siciliana” per fare accettare agli
sprovveduti il varo di una legge di “sanatoria ad personas” che
trasforma un concorso pubblico (annullato per vizi sostanziali
insanabili dal C.G.A. della Sicilia) in tavoli sui quali riportare su
fogli di carta la relazione su un argomento da mesi conosciuto o
il compito a piacere preparati a casa.
Per la scuola siciliana c’è ben altro di cui occuparsi e da fare. Si
pensi cosa possono significare, mentre il percorso della giustizia
continuerà ad essere interessato da ricorsi pur lasciando al loro posto
i poco più di quattrocento dirigenti scolastici “congelati” in attesa
della risoluzione delle controversie passato e di quelle future, le
poco più di cento reggenze assegnate a dirigenti scolastici di ruolo
già da tempo in servizio. Nelle 843 scuole primarie e secondarie di
primo grado e nei 316 istituti di istruzione secondaria superiore (a
cui si aggiungono 10 C.P.I.A. e 3 convitti nazionali ed educandati
femminili) lavorano circa 120.000 tra docenti, personale
tecnico-amministrativo e collaboratori scolastici. L’unica serenità di
cui avvertono il bisogno è quella di poter lavorare in una scuola che
disponga di quelle strutture e di quelle attrezzature assolutamente
necessarie alla migliore formazione degli alunni, ma che purtroppo non
vengono assegnate, e di vedere cancellati i guasti, in termini di
occupazione e di risorse finanziarie, prodotti da una riforma
scolastica che di epocale ha soltanto la disoccupazione di massa del
personale docente e non docente precario, la riduzione del numero degli
insegnanti e l’aumento degli alunni per classe in violazione delle
norme sulla sicurezza. E che dei dirigenti scolastici a tempo
indeterminato potrebbe anche fare a meno, e anche risparmiando
parecchio, con l’applicazione dell’elezione dei capi d’istituto e con
l’incarico annuale o pluriennale sulla base di graduatorie regionali o
provinciali per titoli.
Umberto Tazzer
umbertazzer@hotmail.it