Durante gli scrutini
finali del 13 giugno, e sottolineo «durante», nel mio istituto tecnico è circolata l’improvvisa voce che «una
sentenza» ci obbligava a calcolare anche la religione, l’Irc, fra le
discipline che fanno media.
Questa notizia ha scombussolato tutti per diverse ragioni.
Noi gli scrutini li facciamo con l’ausilio di una piattaforma internet
che si chiama «Scuola-net», quindi avevamo il tabellone generale della
classe già completo di media per alunno e dei conseguenti punteggi di
credito.
Orbene, quel lunedì erano stati chiusi molti scrutini quando la notizia
s’è diffusa, con l’effetto che gli scrutini precedenti non avevano
considerato l’Irc nel calcolo della media mentre gli scrutini
successivi sì.
Il problema era come e se ricalcolare tutte le medie, quindi in caso di
conferma riaprire Scuola-net e controllare ognuna delle attribuzioni
dei crediti derivanti da quelle medie; insomma, un bel pasticcio,
soprattutto per le classi quinte che devono sostenere gli esami di
maturità e quindi ogni punto in più o in meno ha grande rilevanza.
Un altro motivo di confusione c’è stato sul meccanismo legislativo:
nell’edificio scolastico aveva aleggiato un vago mormorio circa «una
sentenza che dice che la religione fa media» e solo su questa diafana
base si pretendeva di cambiare i criteri su cui si stava lavorando, con
i sommovimenti di cui sopra. Nessuno aveva non dico scritto ma neppure
detto di cosa di preciso si trattava, e in forza di quale obbligo ci si
dovesse muovere. Il che, per una scuola, direi che è sufficientemente
grave.
Infine, sembrava che non ci fosse modo di reperire certezze, nonostante
l’uso intensivo di Google. L’unica cosa sicura era il profilo di
iniquità, per non dire discriminazione, che s’andava evidenziando; lo
studente che si avvale di Irc, infatti, può contare su 11 voti per fare
la media, mentre quello che non si avvale può contare solo su 10. È pur
vero che per ogni voto in più rispetto alla base 6, su dieci materie si
deve aggiungere 0,10 (nove 6 e un 7 fa media 6,10) mentre su undici
materie si deve aggiungere “solo” 0,09 (dieci 6 e un 7 fa media 6,09);
tuttavia il punto è che lo studente avvalentesi ha una possibilità in
più di migliorare la media (anche di peggiorarla, ma avere
insufficiente in Irc è un’impresa) che chi non si avvale non ha; e
questo può fare la differenza soprattutto per gli scatti di fascia:
dieci 6 fa media 6 e si rientra nella fascia 3-4 per terzo e quarto
anno e 4-5 per il quinto; ma dieci 6 e un 7 in Irc fa media 6.09 e
scatta la fascia 4-5 (o 5-6).
Questo caos è durato forse non più di un’ora. Nel frattempo mi sono
attivato chiarendo le mie perplessità al vicepreside, devo dire poco
osteggiato dei colleghi di Irc che, anzi, hanno condiviso con imbarazzo
gran parte delle mie argomentazioni, pur dovendo mugugnare per dovere
d’ufficio.
La questione peraltro è abbastanza nota anche – se non soprattutto – a
loro. Con la sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009 il Tar del Lazio
accolse i ricorsi avanzati dall’Uaar e da altri per l’annullamento
dell’Ordinanza n.30 del 2008 emanata dall’allora ministro Fioroni al
fine di permettere all’Irc di determinare il credito scolastico
attraverso la partecipazione “a pieno titolo” agli scrutini degli
insegnanti di religione.
Interessante fu il passaggio in cui quel Tar scrive che “l’attribuzione
di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso […] dà
luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato
Italiano non assicura identicamente la possibilità per tutti i
cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni
ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione […]”.
Ciononostante, il ministro (stavolta si chiama Gelmini) ricorse al
Consiglio di Stato contro questa sentenza. E il Consiglio di Stato, con
la sentenza n. 2749 del 2010, le diede ragione; ma pure questo parere
avverso contiene passi di interesse laico, per esempio quello in cui si
dice che “Tuttavia la mancata attivazione dei corsi alternativi rischia
di mettere in crisi uno dei presupposti su cui si fondano le ordinanze
impugnate”.
E nel mio istituto, pur avendolo chiesto esplicitamente fin dal
settembre 2010, pur essendosi messi a disposizione alcuni di noi per
erogare servizio di ora alternativa, l’ora
alternativa non c’è!
La mattinata si avviava dunque a implodere nel proprio caos, nel senso
che ad un certo punto i consigli di classe più “sovversivi”, come i
miei, continuavano a escludere l’Irc dal computo delle medie, magari
mettendo a verbale una precisa mozione in merito (come quella firmata
da me e da una “coraggiosa” collega), mentre i cdc più prudenti
ricalcolavano i tabelloni inserendo l’Irc in ciascuna media.
Dopo circa un’ora, però, passa un collega emissario della presidenza, e
annuncia urbi et orbi che c’era stata un’affannata e impegnativa
triangolazione fra preside, ex provveditorato e un anonimo ispettore
scolastico, il cui frutto era stato che si poteva continuare a
escludere l’Irc dai calcoli delle medie.
Avevo avuto ragione ma non ho potuto
essere soddisfatto: l’approssimazione, la disinformazione, la
superficialità, la confusione, l’ignoranza, sono tutte condizioni che
in una scuola dovrebbero fare poca o nessuna breccia; ma in questo caso
la scuola, la mia scuola, aveva dimostrato di procedere «di pancia»,
favorendo o inibendo meccanismi importanti senza una precisa cognizione
di causa, esponendosi alla condizione di creare gravi disservizi. Di
fronte a tutto questo, la laicità, il diritto, il rispetto, c’entrano
poco; si tratta, ahinoi, di banale e semplice buona funzionalità delle
cose. (di Calogero Martorana da
http://www.uaar.it/news/2011/06/16/lirc-media-no-scuola-risposta-boh/)
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