In tempi di crisi e di ristrutturazione dei servizi pubblici, con tagli di retribuzione ai manager e ai dirigenti pubblici e privati super pagati, con la Grecia che brucia e con il pericolo incombente di default anche per il Bel Paese, ritorna di prepotenza alla ribalta la modalità con cui viene svolto ed espletato il servizio pubblico essenziale di istruzione e formazione.
L’occasione ci è data da un progetto didattico di flessibilità presentato al dirigente dell’USR Lombardia, dott. Colosio, e al Ministro Profumo e ai due sottosegretari del ministro, dal preside dell’IC S “ Erasmo da Rotterdam di Cisliano, il prof. Luciano Giorgi; progetto che è stato dunque posto all’attenzione dei massimi vertici sia del MIUR sia dell’USR Lombardia ma che, appena illustrato al collegio dei docenti, ha trovato l’ostracismo della CGIL Lombarda, e manco a dirlo una scatenata campagna di stampa mediatica tendente a osteggiare quella che invece questa volta risulta essere una questione seria e giuridicamente fondata.
Prima di entrare nel merito del progetto di utilizzo didattico dei docenti anche durante la sospensione delle attività didattiche frontali, diciamo subito che nessuno vuole toccare le ferie sacrosante di nessuno. Nessuno si sogna, e men che meno risulta averlo detto o scritto il preside Luciano Giorgi, di far venire a scuola nel mese di agosto i docenti; questa è la solita bugia divulgata dai detrattori lombardi del preside che sventolando il solito CCNL di lavoro, vorrebbero sostenere che, chiuse le lezioni al 5 giugno, nessuno può chiamare o disturbare i docenti se non per gli esami.
Chiariamo subito che dopo l’emanazione del decreto Brunetta, che vale anche per la scuola, tutto quello che c’è scritto nei contratti in contrasto con la legge va considerato giuridicamente invalido e automaticamente cassato.
Ebbene il decreto 159 “ Brunetta “ dice che la gestione delle risorse umane è di esclusiva competenza del dirigente e tutto quello che è in contrasto con questa elementare norma è da intendersi inefficace; tant’è vero che l’art. 6 del CCNL è sottratto alla contrattazione integrativa con le RSU ed è soltanto oggetto di solo informazione sindacale.
Il progetto è stato presentato a tutto il collegio dei docenti in due adunanze del 29 e 30/11/11 (secondaria e poi infanzia e primaria) e l’altra al CD unitario del 21/2/2012. I docenti hanno rigettato l’idea (quale collegio vuoi che aumenti i propri presunti carichi di lavoro?) e subito reagito invocando l’intervento dei sindacati; nulla di strano tutto è comprensibile perché una consuetudine radicata per decenni di considerare la scuola terreno franco e luogo dove collocare, a mo di cassa integrazione, una massa enorme di manodopera intellettuale che non risponde a nessuno e a nulla della qualità del servizio svolto, è difficile da smontare in tempi rapidi. La sede appropriata è quella del Consiglio di Istituto alla presenza degli studenti e delle famiglie, dove tutta la questione va inquadrata nell'ambito dell'arricchimento dell'offerta formativa, oltre il curricolo obbligatorio; la questione rientra all’interno del POF che è adottato dal C.d.I, il Collegio dei docenti propone e delibera solo sugli aspetti didattici ma non ha alcuna competenza sugli aspetti organizzativi e amministrativi. Il piano annuale delle attività portato in collegio è un'aberrazione e rientra tra una marea di invasioni di campo del CCNL rispetto al decreto 159. A questo proposito non si capisce cosa aspetti Il MIUR a disdire il CCNL zeppo di lacci e laccioli in palese contrasto con la nuova normativa senza bisogno di aspettare il rinnovo alle calende greche. Ma si sa che i burosauri del MIUR sono spesso emanazione diretta delle centrali sindacali e quindi c’è poco da sperare da quel versante per non dire poi dell’autonomia scolastica che è più che un feticcio vuoto di contenuti e attributi.
Questa volta l’emergenza salva-paese ci viene in aiuto; e allora vediamo di capire di che cosa si tratta.
La scuola ha necessità di superare il vecchio schema della lezione frontale in aula investendo sulla possibilità di attivare capacità e competenze didattiche da destinare al recupero della dispersione e a un rapporto individualizzato con gli studenti potenziando l’offerta formativa con flessibilità nel tempo e nello spazio anche al di fuori dello schema stantio del rapporto studente-docente in aula. Per realizzare questo ci vuole l’impiego di tempo a scuola con modalità e metodologie lasciate all’autonomia di ogni singola istituzione scolastica che decide secondo il contesto sociale e culturale in cui opera.
In Italia lavorano circa 700.000 docenti che hanno uno status contrattuale di dipendenti (e non di professionisti autonomi come spesso in maniera equivoca si vuol dare a intendere) e alla stregua degli altri dipendenti pubblici vengono reclutati secondo graduatorie e concorsi e godono di 32 giornate di ferie annuali che obbligatoriamente vanno usufruite durante i periodi estivi, natalizi e pasquali. Tutti i lavoratori dipendenti in Italia godono di 32 giorni di ferie e per il restante periodo si presentano regolarmente in ufficio o nel proprio posto di lavoro per essere utilizzati dalla struttura in cui operano.
Per quale strano motivo i docenti dovrebbero usufruire di ulteriori periodi di ferie “ bianche “ oltre i 32 giorni, che gli consentono di stare a casa o di svolgere doppi o tripli lavori, mentre per esempio gli ATA della stessa scuola sono sottoposti al regime normale? Eppure docenti e ATA sono inquadrati nello stesso contratto. Ebbene tutti sappiamo che questo “ privilegio “ è dovuto alla consuetudine per cui la docenza è un terreno franco con un fortissimo trand di femminilizzazione, che barattando basso salario con grande disponibilità di tempo-casa, possono svolgere ambedue le evenienze.
Può ancora reggere nel 2012 e negli anni a venire questo ” pactum sceleris “ tra amministrazione e sindacati corporativi ?
La risposta è ovviamente no; se si vuole mantenere il privilegio si deve modificare lo status da impiegati a professionisti con tutte le conseguenze e le ricadute anche in ordine al raddoppio dello stipendio e ai maggiori impegni conseguenti. Non si può più mantenere lo status di impiegato e i privilegi del professionista autonomo.
Ebbene se la scuola chiede a ognuno dei 700.000 docenti di impiegare 15 giorni (ripetiamo fatte salve le 32 giornate di ferie conteggiate ad agosto, Natale e Pasqua) all’anno per valorizzare e finalizzare il miglioramento della scuola pubblica italiana, dov’è lo scandalo? Dal 1/7/2012 al 31/8/2012 ci sono 62 gg. Tolte 8 domeniche fanno 54 gg. Su 54 gg tolti 36 giorni di ferie (32+4) restano 18 giorni utili; togliamo anche i 3 sabati e fanno 15 giorni lavorativi. Moltiplicando i 15 giorni per tutto il corpo docente di 700.000 unità otteniamo appunto 10.500.000 giornate lavorative.
Sarebbero 10.500.00 giornate che al costo medio di 100 euro farebbero una somma di un miliardo e cinquanta milioni di euro già pagate e sino ad ora non impiegate. Ci possiamo permettere uno spreco di un miliardo senza richiedere in cambio nulla? Per quale motivo bisognerebbe pagare i corsi di recupero agli stessi docenti che registrano le insufficienze visto che questi 15 giorni possono benissimo essere coperte senza alcun onere aggiuntivo per lo Stato? Alcuni anni fa qualche scuola faceva firmare la presenza dei docenti che dopo aver apposto la firma se ne ritornavano a casa. Questa modalità farisaica di stare “ a disposizione “ oltre ad essere illogica è odiosa e umiliante e ora dopo la legge Brunetta viola anche la nuova disposizione. I sindacati che tendono a difendere questo privilegio medievale citano sentenze e pronunce di giudici che ripetiamolo ancora dopo la produzione legislativa nuova sono tutte superate e inefficaci. Tutte le disquisizione del sindacato lombardo che distinguono tra “ personale in servizio “ , “ personale a disposizione “ che non deve fare niente dopo essere sceso dalla cattedra, sono degli artifici giuridici che hanno funzionato sino ad ora ma che sono privi di qualsiasi supporto giuridico e normativo.
La disposizione del preside Giorgi non lede nessun diritto sindacale relativo all’orario di lavoro e/o di servizio, alle ferie o altro aspetto normativo. I docenti sono sempre “ in servizio “ e non “ a disposizione”; e poi a disposizione per fare cosa?
Ai docenti che vanno in pensione vengono conteggiati i giorni di servizio effettivamente retribuiti e non si fa menzione di giorni a disposizione.
La flessibilità “ organizzativa “ prevista dalle leggi va applicata non solo per gli ATA ma anche per i docenti che come gli ATA sono degli impiegati; trattamenti diversi tra lavoratori non dovrebbero trovare giustificazione da parte degli stessi sindacati che rappresentano entrambi. Ai docenti viene chiesto di svolgere la propria attività quando essa è più necessaria per gli studenti perché l’obiettivo è quello di intervenire sul miglioramento della qualità della scuola eliminando un “ benefit” che oggi in tempi drammatici dell’Europa non è più possibile mantenere.
Nel momento in cui in Lombardia ritorna alla ribalta il problema del reclutamento diretto dei docenti da parte delle istituzioni scolastiche e il riconoscimento del merito e della meritocrazia rappresenta il traguardo che l’Europa ci impone, l’Italia deve fare la sua parte anche nel liberalizzare il settore scolastico eliminando sacche di inefficienza e di sprechi insopportabili recuperando risorse anche a costo zero per mantenere e potenziare l’attività didattica e organizzativa a favore degli alunni e delle famiglie. Non vale poi rilanciare la palla al MIUR che fa gli accordi perversi con i sindacati, perché l’autonomia delle scuole responsabilizza la dirigenza decentrata e non fa più testo lo scaricabarile del quesito al provveditore, che non esiste più, o al direttore regionale che non ha competenze in relazione a come si risolve in ogni scuola il rapporto di lavoro.
Certo però che l’Amministrazione centrale deve dire da che parte sta; se sta dalla parte dello Stato o dalla parte dei sindacati.
Salvatore Indelicato, s.indelicato@tin.it , 330365449