Siamo ancora
alla seconda settimana di scuola ed ecco inizia il rito del
venerdì. Si annuncia lo sciopero ed il messaggio viene inviato per
e.mail a tutte le scuole con ripetuti invii già dal 18 settembre. Oggi,
alle ore 8 si scopre che sul sito del Ministero è stato postato il
comunicato che lo sciopero del 28 settembre per il pubblico impiego
viene revocato. La comunicazione porta il timbro dell’Ufficio di
Gabinetto del Ministro con data 26 settembre, ma nessuno ne ha dato
comunicazione. Il giornale radio delle otto ha dato notizia dello
sciopero senza far cenno a questa revoca che riguarda il comparto
scuola. Il dato è tratto, la confusione nelle scuole di fa sempre più
caotica tra comunicazioni di revoca che non giustificano la sospensione
o la riduzione delle ore di lezione e le comunicazioni date ai
genitori, alcuni dei quali non hanno portato i figli a scuola, non
potendo assicurare il prelievo dei figli in anticipo.
Sembra proprio un “buon inizio sindacale” per un autunno che si
manifesta sempre più caldo e per un anno scolastico che si
annuncia ancor più caotico.
La prossima settimana si annuncia corta anzi cortissima per l’assemblea
della CGIL del 4 ottobre e per giunta dalle ore 8,30 alle ore 10,30
(leggasi vacanza per tutti). Una volta il 4 ottobre si faceva vacanza
in onore di San Francesco, Patrono d’Italia, oggi si farà vacanza per
altri santi.
L’assemblea sindacale prepara il successivo sciopero il venerdì 12
ottobre ……..per festeggiare anche la scoperta dell’America.
Che bella la scuola quando non si fa!.
Poi ci si lamenta dei tagli, delle riduzioni e delle tante
cose che non funzionano e si criticano le scuole paritarie,
dove il servizio scolastico è garantito.
Alcuni genitori delle scuole primarie dicono di
essersi pentiti di aver scelto la scuola statale e lamentano
anche la mancanza del servizio di pre e post scuola che, pur essendo
garantito in tutti i giorni dell’anno scolastico, per volontà
sindacale viene vietato nei giorni di sciopero.
Una mamma ha denunciato che lo scorso anno ha dovuto prendere 14 giorni
di ferie per badare ai figli e quasi sempre di venerdì, perché lo
scorso anno ci sono stati 14 giornate di sciopero e quasi tutti
di venerdì.
Nelle scuole di secondo grado si aggiungono poi anche le assemblee
degli studenti e all’insegna della democrazia partecipativa il
calendario scolastico scorre senza poter “capitalizzare” le 200
giornate di scuola in considerazione anche delle “pause” elettorali.
Il messaggio che arriva ai genitori e alle persone esterne
alla scuola di Stato è che i docenti anticipano il fine settimana
e preferiscono le settimane corte…. anzi cortissime.
Si potrà pensare a qualcosa che aiuti a salvare la faccia?
Perché le assemblee sindacali non si fanno di pomeriggio? Tanto la
partecipazione è limitata solo ad alcuni “eletti” perché la maggior
parte utilizza il diritto sindacale delle assemblee per i personali
problemi familiari e non partecipa alle riunioni sindacali.
Perché non si modifica il regolamento capestro che regola lo
svolgimento dello sciopero obbligando ad una comunicazione generica
“non si assicura il regolare svolgimento delle lezioni” che viene
tradotta “ domani è vacanza” ?
La cultura delle legalità e del rispetto delle norme viene insegnata
agli studenti, ma i docenti che firmano l’adesione all’assemblea
sindacale e non ci vanno (le assemblee sindacali sono quasi sempre
deserte e comunque mai corrispondenti al numero dei partecipanti
in relazione al numero dei ragazzi che vengono mandati a
casa), non sono certamente esempio di legalità.
Fa certamente comodo una giornata scolastica leggera anche per il
docente, ma la motivazione che giustifica l’assemblea e la
riduzione di orario dovrebbe essere da tutti conosciuta e, se non
condivisa pienamente e convinzione , è doveroso stare in classe e
fare lezione, spiegando ai ragazzi il motivo di tale scelta di coerenza.
Questo gesto educativo vale più di mille conferenze sulla legalità e
gli studenti apprezzano tali scelte coerenti, anzi vorrebbero che tutti
i docenti fossero sulla stessa lunghezza d’onda.
Se si applicasse anche il Italia il sistema adottato in Francia
di assegnare agli studenti un contributo economico , quale”
buono” premio per la presenza a scuola , i nostri ragazzi avrebbero a
fine anno una somma così esigua che non consentirebbe neanche un gelato.
Pagare la frequenza scolastica in questo difficile momento
di crisi economica nazionale appare un’idea balzana, ma è
significativo constatare che con questo espediente le assenze
scolastiche in Francia sono diminuite e se tale contributo diventasse
budget di autofinanziamento della scuola vedremmo le conseguenze
di certe scelte inconsiderate.
Se si vuole salvare la scuola di Stato certamente lo sciopero non è la
via ideale per conseguire l’obiettivo e, considerati gli esiti dei
tanti scioperi pressoché infruttuosi, anche perché indetti solo
da alcuni “partiti sindacali” e non da sindacati unitari , capaci
di presentare al Governo le istanze della scuola e far
sentire la voce di studenti e degli operatori scolastici.
Viene spontaneo chiedersi: “quali benefici si sono ottenuti dagli
scioperi dello scorso anno ?
Se questi sono i risultati appare chiaro e di buon senso percorrere
altre strade e adottare altre strategie che non sono né le assemblee,
né tanto meno gli scioperi dei singoli sindacati ogni venerdì.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it