Ci eravamo appena
ripresi dall’essere stati cacciati dal centro
dell’universo per diventare gli abitanti di un pianeta periferico di
una delle moltissime galassie che lo popolano, quand’ecco un altro
colpo al nostro orgoglio. Ad essere messo ai margini questa volta è
l’universo stesso che potrebbe essere solo uno fra tanti. La realtà
potrebbe consistere di moltissimi, forse infiniti, universi paralleli e
separati tra loro di cui nulla sappiamo, ma nei quali condurrebbero la
loro esistenza copie di noi stessi, diverse tra loro magari solo per
qualche dettaglio.
Non è la mente di un romanziere visionario a partorire questa idea, ma
il rigoroso pensiero di un fisico americano: Brian Greene. Greene
insegna alla Columbia university di New York ed è l’autore di un best
seller uscito una decina d’anni fa: L’universo elegante. Nel 2011 ha
scritto un altro libro, uscito in Italia con il titolo La realtà
nascosta, (Einaudi 2012, pag 431 euro 26,00), grazie al quale in questi
giorni ha vinto il premio letterario Merck. Greene vi descrive ben 9
versioni di universi paralleli, o multiversi come li chiama lui. A
seconda della teoria della fisica che prendiamo in esame, dice Greene,
si genera un certo tipo di multiverso: c’è quello patchwork, quello
inflazionario, quello a brane, quello ciclico, quello quantistico e via
discorrendo. Ognuno di essi viene reso con una metafora appropriata e
sapiente: gli universi potrebbero essere come le pezze della coperta
patchwork che si ripetono identiche ogni tanto, oppure come i buchi nel
groviera separati dal formaggio, o come le bolle in una infinita vasca
da bagno piena di bagnoschiuma che si infilano una dentro l’altra.
“Molti differenti approcci della fisica prima o poi si imbattono
nell’idea del multiverso, quindi, benché sia un’idea controversa, deve
essere valutata seriamente”, ci spiega lo scienziato americano durante
una chiacchierata in una soleggiata mattina di luglio davanti a una
tazza di tè caldo corretto al latte di soia.
Mentre parliamo, sembra di essere catapultati in un libro dello
scrittore giapponese più à la page del momento, Haruki Murakami, in cui
giovani assassine, scendendo una scala, entrano in un universo
parallelo e simile all’originale. Ma Greene ci rassicura: “E’
virtualmente impossibile per una persona muoversi volontariamente da un
universo all’altro”. In ogni caso, l’idea che ci siano altre dimensioni
nelle quali si aggirano le nostre copie imperfette è un po’ inquietante
e non solo per noi profani: “Alcuni dei primi ricercatori che hanno
elaborato questa idea l’hanno definita deprimente e sconvolgente.
Secondo loro ci depredava della nostra individualità. Io non la penso
così. Al contrario, sono pieno di stupore e meraviglia per la visione
più ampia della realtà che emerge dall’indagine matematica”, Già perché
di tutto questo è colpevole la matematica: è per soddisfare alcune
equazioni che siamo incappati nell’idea di multiverso. Ma la matematica
non è una creazione della nostra mente? “Questo è un vero enigma.
Abbiamo inventato noi la matematica per decifrare il disegno che è
dietro a ciò che percepiamo con i nostri sensi? Oppure la matematica è
cucita nella stoffa della realtà? Ci sono diversi punti di vista al
riguardo. Un giorno potrebbero arrivare sulla Terra degli alieni e
dirci: ma guardatevi, siete ancora intrappolati nel mondo della
matematica! Tuttavia al momento faccio fatica a pensare a qualcosa di
diverso per decifrare il mondo”. Ammettiamo che l’ipotesi dei
multiversi sia vera, il ruolo del caso nel nostro universo
aumenterebbe: non c’è nessun motivo per cui l’universo che conosciamo è
fatto così com’è, tant’è vero che ce ne sono molti altri. “Sì è così.
Però ci dovremmo essere abituati. La vita stessa è un fenomeno
transitorio e raro, anche se fosse vero il multiverso. Dovremmo essere
ben contenti della finestrella di opportunità che ci è stata data,
anche perché in termini cosmici si chiuderà presto”. In che senso? “I
dati ci dicono che nel futuro le condizioni non saranno tali da
sostenere la vita”.
Ci rimane solo da sperare che Leibniz avesse ragione quando diceva che
il nostro è il migliore dei mondi possibili. Ma Greene non condivide
del tutto questa opinione: “Se penso alla mia famiglia, sono d’accordo
con lui: non posso immaginare niente di migliore. Ma se considero
l’universo in cui vivo come parte di un multiverso, non vedo perché
debba essere speciale”. Mi viene un sospetto: in un altro universo
potrebbero esserci una copia di me e una di Greene che stanno parlando
in questo momento? “Anche se non possiamo dire “in questo momento”
perché la nozione del tempo non è applicabile a tutti gli universi
nello stesso modo, tuttavia potrebbe avvenire. Naturalmente, se è
compatibile con le leggi della fisica. Forse in quell’universo però lei
sarebbe il fisico e io il giornalista”. Forse anche il tè sarebbe
freddo invece che caldo.
Box: L’undicesima edizione del premio letterario Merck è stata vinta da
Brian Greene con La realtà nascosta (Einaudi 2012) e Marco Paolini con
l’opera Itis Galileo (2012). A Elio Cadelo è andata una menzione
speciale della giuria per il libro Perché gli ogm (Palombi 2011).
Greene è un fisico statunitense, tra i più famosi sostenitori della
teoria delle stringhe, una teoria che tenta di conciliare la meccanica
quantistica con la relatività generale e che si fonda sul principio
secondo cui la materia, l’energia e, sotto certe ipotesi, lo spazio e
il tempo, siano in realtà la manifestazione di entità fisiche
primordiali che vengono chiamate stringhe oppure p-brane.. Attualmente
Greene è impegnato nello sviluppo di una cosmologia delle stringhe
anche per ricostruire la dinamica del big bang all’origine
dell’universo.
La cerimonia di premiazione si è tenuta ieri a Roma. Nel corso della
cerimonia sono stati premiati anche i migliori racconti degli studenti
che hanno partecipato al progetto “La scienza narrata”, un laboratorio
di scrittura creativa a sfondo scientifico che vede protagonisti i
ragazzi delle scuole superiori di tutta Italia e che è giunto
quest’anno alla settima edizione.
Cristiana Pulcinelli - Unita.it