
Ma non siamo d’accordo con Sciascia, quando afferma che il mito di Majorana sarebbe il mito del rifiuto della scienza. Il rifiuto della scienza da parte di Majorana, sembrerebbe piuttosto il rifiuto del determinismo della scienza classica.
Secondo un’ipotesi recente di Oleg Zaslavski (fisico teorico dell’Università di Kharkov in Ucraina) , la pluralità delle versioni sul mistero della scomparsa di Majorana sarebbe il risultato di un piano, dallo stesso congegnato, per incarnare con il suo destino i principi della meccanica quantistica, quali per esempio quello della sovrapposizione simultanea di una particella in due stati quantistici che si escludono a vicenda (situazione spinta al paradosso dal già citato esperimento concettuale di Erwin Schrödinger, in cui un gatto risulta vivo e morto allo stesso tempo).
Secondo questo recente studio, Majorana sarebbe stato insoddisfatto delle leggi stesse dell’esistenza, che non prevedono alternative. Da qui il tentativo di creare un destino che fosse, nella percezione degli altri, l’incarnazione dell’ambiguità e dell’ambivalenza, proprio in conformità con la nuova idea del mondo scaturita dalle acquisizioni della fisica quantistica. Tutto questo avrebbe uno straordinario analogo nel destino dell’artista (e dello scrittore) che, in quanto costruttore di simboli, personaggi ed esistenze possibili, è l’araldo dell’ambivalenza, della contraddizione e del paradosso.
Con il suo straordinario intuito, Majorana avrebbe dunque percepito la distanza del rigido determinismo delle leggi classiche della fisica, dalla dimensione della vita".
(Nino Arrigo, "L'artista e lo scienziato. Ethos a confronto", in "Mnemosyne o la costruzione del senso", 6 2013).
Nino Arrigo