Docenti
aumentati, ma l’assegnazione è sbilanciata a favore di Sud e isole. Il
ministero dell’Economia chiede di razionalizzare i criteri per
stabilire chi ha diritto all’aiuto. Sindacati divisi - Duecentomila
bambini e ragazzi disabili che frequentano le nostre scuole, poco più
di 103 mila insegnanti di sostegno, una norma - quella italiana - che
ci mette ai primi posti nelle classifiche Ocse sull’integrazione, ma
che poi fatica a tenere il passo con le esigenze delle famiglie. Un
esempio su tutti: nel Lazio ci sono genitori che sono stati invitati
dai presidi a fare ricorso preventivo al Tar per ottenere
l’assegnazione delle ore di assistenza che spetterebbero al proprio
figlio. Eppure si tratta di una regione con il migliore rapporto
insegnanti di sostegno/alunni. Un sistema molto poco efficiente ma
costoso. Da qui l’idea di «razionalizzare»: ci sta lavorando il
ministero dell’Economia e delle finanze, in uno dei gruppi guidati dal
commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Sotto la lente di ingrandimento non c’è il numero di insegnanti:
quest’anno, per la prima volta dopo anni, quelli che aiutano i ragazzi
disabili a integrarsi nelle scuole e a partecipare alle attività
didattiche sono cresciuti (+8,8%) più che gli stessi studenti disagiati
(+3,7%). E il decreto istruzione approvato a ottobre prevede la
stabilizzazione di 26 mila docenti (dei 43 mila precari che lavorano
nel sostegno) nei prossimi tre anni: 4.447 entreranno in ruolo già nel
2014. Ma ci sono troppe discrepanze tra regione e regione per numero di
disabili certificati dalle Asl, e di conseguenza per numero di ore di
assistenza richieste agli uffici regionali scolastici. Se la media
degli studenti disabili in Italia, ad esempio, è del 2,63%, rispetto
agli studenti nelle classi, ci sono regioni dove la quota si alza, come
l’Abruzzo (3,28%) e il Lazio (3,31%), e altre dove si abbassa
drasticamente, come la Basilicata (1,95%). Ma anche l’assegnazione
degli insegnanti è fortemente sbilanciata: rispetto a un rapporto medio
nazionale sceso a 1,90 alunni disabili per docente, si registra infatti
uno stato di non equa distribuzione dei posti di sostegno, pesantemente
a favore del Sud e delle Isole, con il Molise a 1,45, la Basilicata a
1,57, la Calabria e la Campania a 1,58. Da qui la necessità di
uniformare i criteri di assegnazione dei punti di disabilità, adottando
protocolli standard e ottimizzando le prestazioni del servizio.
I sindacati temono che dietro la razionalizzazione si nasconda l’idea
di tagliare le ore e gli insegnanti. L’Anief aveva già lanciato
l’allarme giorni fa, quando sembrava che la stabilizzazione della prima
tranche di insegnanti di sostegno stesse slittando. Mimmo Pantaleo,
della Cgil scuola, precisa: «Se si parla di riorganizzazione del
sistema del sostegno, va bene, purché non si tocchino i numeri degli
insegnanti. È inconcepibile anche solo pensarci, la nostra capacità di
integrazione è uno degli aspetti più qualificanti della scuola
italiana. Anzi, bisognerebbe ricordarsi che l’assistenza ai disabili a
scuola è anche data dai collaboratori scolastici, che spesso li
supportano per i servizi igienici, la mensa, gli spostamenti: anche a
loro va riconosciuto il giusto compenso economico».
«Un riequilibrio ci deve essere - sostiene invece Francesco Scrima,
Cisl -. Significa che dobbiamo evitare ciò che accade ora, e cioè che
qualche regione abbia di più e altre di meno. Per quanto riguarda gli
insegnanti, bisognerebbe ripristinare il principio originale della
norma sull’integrazione, e cioè che l’insegnante è di sostegno alla
classe e non solo all’alunno». Avverte invece Massimo Di Menna, della
Uil: «Non vorrei che razionalizzazione fosse un modo elegante per dire
che si vogliono tagliare i costi». Ma il ministero dell’Economia
replica: «Vogliamo usare meglio il lavoro degli insegnanti e
riorganizzare la distribuzione del personale. Stiamo lavorando con le
associazioni di disabili e dei genitori dei disabili».
Corriere.it