Come
si sa, da sempre il Collegio dei docenti, ogni anno, entro la seconda
decade di maggio, delibera le adozioni dei libri di testo. La fase
prodromica di codesta operazione è senza dubbio molto delicata e
impegnativa sotto il profilo della didattica. Purtroppo, dacché è
operante la scuola dell'autonomia, bisogna riconoscere, in tutta
onestà, che le indicazioni operative "a cui le istituzioni scolastiche
devono attenersi per l'adozione dei libri di testo", risultano spesso
tanto arzigogolate e cogenti, da restringere la libertà di scelta dei
docenti, e mortificare il perimetro entro il quale sia azionabile
l'autonomia scolastica stessa.
Non funzionavano così le cose ai tempi della storiella che sto per
raccontare, di cui fu protagonista un docente di filosofia, nostro
conterraneo. 1898. Il ministero della pubblica istruzione offre un
incarico di filosofia nel R. Liceo Mario Pagano di Campobasso a
Giovanni Gentile.
Il Nostro aveva allora poco meno di 24 anni e non era affatto di
carattere accomodante. Ne dette chiara prova alla prima riunione del
collegio docenti. Occorreva scegliere un libro di testo, e Gentile
decise che si sarebbe avvalso delle lezioni di filosofia ad uso dei
licei del filosofo neokantiano Francesco Fiorentino, preferendolo al
testo in uso "Corso elementare di filosofia " di Carlo Cantoni, che,
per giunta, alcuni ragazzi avevano già acquistato in anticipo dal
libraio.
A nulla valsero le rimostranze, seppur garbate, del preside che
raccomandò a Gentile di non cambiare il testo o, almeno, di adottare il
Fiorentino solo per gli studenti del primo anno, lasciando agli altri
il Cantone su cui avevano cominciato il programma. Nulla da fare! Il
giovane docente siciliano restava fermo sulle ragioni della sua scelta.
Secondo Gentile, il manuale usato dal collega che l'aveva preceduto,
doveva essere sostituito: Cantoni aveva scritto un pessimo libro a cui
si doveva la decadenza della filosofia nei licei italiani. Mettere quel
testo nelle mani dei giovani sarebbe stato diseducante. Il preside
capì, e mise la questione all'ordine del giorno per l'indomani,
pretendendo una memoria scritta, con la quale il prof. Gentile
giustificasse e motivasse la scelta della sua adozione e, soprattutto,
precisasse il suo programma didattico e chiarisse davanti al collegio -
docenti gli obiettivi e le finalità del suo insegnamento.
L'indomani con "coscienza nitidissima" del suo dovere, e della sua
libertà di insegnamento, la memoria era già scritta per i colleghi del
liceo "Mario Pagano" di Campobasso. Affermava, fra l'altro, Gentile:
"Io credo (...) che fine precipuo del
mio insegnamento debba essere non tanto insegnare nozioni, elencare
cose e descrivere la natura, come se la verità potesse esistere fuori
dell'uomo, quanto, piuttosto, l'educazione di una forma; non la
produzione di un contenuto mentale, ma una disciplina scientifica del
raziocinio e delle energie pratiche degli alunni, più che un sagace
apprendimento di certi speciali gruppi di conoscenze".
Era il documento iniziale di una battaglia per l'insegnamento della
filosofia nei licei, e non solo.
Era il tempo in cui stava per maturare l'idealismo assoluto.
L'Autonomia scolastica non c'era ancora, per nostra ventura.
Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com