La personalizzazione
Nell'organizzazione didattica va cercata l'identità della nuova
istruzione professionale più che nei curricoli dei suoi
indirizzi. Il Decreto Legislativo n. 61 del 2017 ridisegna l'intero
impianto dell'attività didattica, instaurando principi e regole che
dovrebbero fare dei percorsi dell'Istruzione Professionale qualcosa di
molto diverso da quello che sono i percorsi dell'Istruzione Tecnica, ma
anche da quello che erano i propri percorsi tradizionali. La
personalizzazione è uno dei tratti distintivi della rielaborazione
dell'Istruzione Professionale. Se ne è sempre parlato, ma mai si era
arrivati a definirla in termini organizzativi e in modalità
procedurali. La personalizzazione deve animare il modello
didattico(meglio forse pedagogico... ) e deve orientare lo
studente nell'elaborazione del proprio progetto di vita e di
lavoro. Affermazione risoluta, impegnativa, ma francamente eccedente le
capacità della scuola e il suo diritto di orientare nel progetto
di vita uno studente.
La personalizzazione si avvale di 264 ore nel biennio, quindi di 4 ore
settimanali per due anni, e costituisce parte significativa del
Progetto Formativo Individuale, che seguirà l'alunno fino alla
conclusione degli studi . Il Progetto Formativo Individuale va redatto
entro il 31 gennaio del primo anno e va aggiornato anno per anno;ha
come suo fondamento il bilancio di competenze, che evidenzia saperi e
competenze acquisiti anche in modo informale e non-formale e rileva
carenze e potenzialità al fine di motivare e di orientare lo studente
"nella progressiva costruzione del percorso formativo e lavorativo".
Gli studenti si avvarranno della guida di un tutor, individuato
dal dirigente scolastico nel seno del consiglio della loro classe.
Che cosa sia la personalizzazione lo dice il PECUP dello studente degli
Istituti Professionali, dove esplicitamente viene affermato che
trattasi
di "frequenza di un percorso personalizzato", al quale se si vuole dare
un seguito logico corrisponde per i professionali "la possibilità di
articolare, nella loro autonomia, le classi in livelli di apprendimenti
e periodi didattici come strumenti più efficaci di prevenzione della
dispersione e di inclusione sociale". Da ricordare che nella 107
/2015, richiamata nel PECUP per la definizione degli obiettivi
prioritari, i percorsi individualizzati e personalizzati sono proposti
per gli alunni con bisogni educativi speciali. Si ha un'estensione per
la generalità di tutti i nuovi alunni dei professionali delle
metodologie, ritenute buone ed efficaci per gli alunni con bisogni
educativi speciali... La specificità di un percorso personalizzato puo'
realizzarsi ai sensi dell'art. 5 comma1, lettera e del Decreto
Legislativo, nelle attività di alternanza nel secondo anno del
biennio. Da come è stato redatto il comma 2 dell'art. 4 sembrerebbe che
una delle modalità di impiego delle 264 ore della
personalizzazione sia proprio l'alternanza, come dire che un percorso
di
apprendimento personalizzato per qualche alunno puo' essere anche
l'alternanza al secondo anno del biennio o che con l'alternanza
per alcuni alunni si realizza la loro personalizzazione del percorso di
apprendimento. Al fine di sviluppare "la dimensione
professionalizzante". In un anno che a tutti gli effetti è un anno
dell'obbligo scolastico per la quasi totalità degli alunni.
L'utenza dei professionali
Nella Relazione illustrativa dello Schema del Decreto Legislativo a
chiare lettere vien detto che il modello di riferimento dei nuovi
istituti professionali è quello dell'istruzione degli adulti (CPIA),
tenuto conto "della pluralità di utenza studentesca che caratterizza
il segmento di istruzione in oggetto"; "la particolare e composita
utenza "per la quale si procede alla trasformazione dei curricoli
degli Istituti Professionali è costituita " da una crescente
percentuale di giovani immigrati, caratterizzati da etnie, culture e
lingue molto diverse e da un elevato numero di studenti con disabilità
e con difficoltà di apprendimento". Sono affermazioni che aprono
problemi di un certo peso. Nel passato si è cercato
di fare dell'Istruzione Professionale un indirizzo di studi di pari
dignità con gli altri (Tecnici e Licei), portando i suoi corsi alla
durata quinquennale e aprendo ai suoi diplomati le porte
dell'Università; non pare che questa sia l'ispirazione degli ultimi
provvedimenti. Leggendo la Relazione di accompagnamento allo Schema del
Decreto Legislativo, il Decreto Legislativo n. 61 del 2017 e il nuovo
PECUP si ha un'altra impressione e cioè che dell'Istruzione
Professionale si vuole fare un indirizzo profondamente diverso
, ma non proprio paritario con quello liceale e quello tecnico.
Non pare azzardato leggervi il proposito di trasformare l'Istruzione
Professionale da indirizzo aperto a tutti e possibile per tutti ad
opportunità solo per una categoria di utenza. Diciamolo pure, anche se
dovesse essere e diventare un indirizzo di serie A in virtù della
trasformazione culturale e professionale dei suoi curricoli, pare
evidente che la sua prevalente se non unica destinazione sociale sia
una popolazione provata da diverse forme di disagio economico, sociale
e
culturale. Che l'istruzione professionale abbia senso e valore se
risponde alla vocazione e alle caratteristiche economiche del
territorio circostante e anche ai "nuovi lavori sin qui non
considerati", questo non scandalizza, ma che venga pensata e
riformulata
solo per conformarla ad una specifica e disagiata utenza sociale,
questo
francamente solleva qualche perplessità . Sembra di potere dire che lo
Stato Italiano si sia piegato alle grandi difficoltà di superare i
condizionamenti economico-sociali che sono all'origine delle scelte
scolastiche e che non voglia più farsene un problema.
Una scuola su misura?
Non è solo la stretta correlazione tra condizioni di disagio
dell'utenza e percorsi dei professionali a destare riserve e
preoccupazioni, ma lo stesso principio della personalizzazione, che
rischia di disintegrare ogni Istituto Professionale come
comunità scolastica e privarlo della possibilità di coltivare
mete collettive valide per tutti, perchè se è legittimo aspirare ad una
scuola su misura (come?), è altrettanto necessario misurarsi a scuola
sugli stessi obiettivi formativi. (Ph. Meirieu). Non attenua lo stupore
che la dieta curriculare non sia scelta da ogni singolo
alunno, ma sia la scuola ad assegnarla, perchè resta il
fatto che alunni così diversi per origine, cultura e condizione
sociale, se il modello è quello dell'istruzione per adulti, avranno
meno
momenti di vita comunitaria in cui confrontarsi e
dialogare. Nell'istruzione per adulti, infatti, in cui si lavora per
moduli(o unità di apprendimento)ogni studente ha i propri tempi di
frequenza, determinati con il bilancio di competenze. L'istituto
diventerebbe in questo modo il luogo in cui le differenze non vengono
confrontate e possibilmente superate, ma confermate e
sottolineate. Invece di mischiare i dissimili, si vuole la segregazione
dei simili.
Il problema è questo:se della personalizzazione (o
dell'individualizzazione?) si fa il principio strutturante della
formazione, di fatto l'attività didattica diventa la gestione
simultanea di traiettorie individuali, priva dell'impegno a educare i
giovani a fare società. Si avrebbe una giustapposizione casuale di
obiettivi formativi, calibrati su ogni studente e nella disponibilità
individuale ad appropriarsene. Senza dirlo e senza accorgersene
nell'istruzione professionale si praticherebbe l'elitismo... basterebbe
pensare ai gruppi di livello. Credo che più che sui tempi di frequenza,
come si potrebbe fare, si dovrebbe puntare sulla diversificazione dei
metodi, sulla modulazione dei ritmi, che in qualche modo viene evocata
laddove si parla di periodi didattici e di biennio unitario.
Continua ...
Raimondo Giunta