
"Qual fia ristoro ai di perduti un sasso che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte ?"
In Foscolo è presente la consapevolezza senza consolazione della morte come fine di tutto, che riconduce il corpo di ognuno di noi al fango da cui fu estratto, insieme con il bisogno di fissare lo sguardo su una pietra per potervi pensare giacente, sotto di essa "Colui che novo Olimpo alzo' in Roma ai celesti e di chi vide sotto l'etereo padiglion più mondi rotarsi e il Sole irradiarli immoto...". Direi che la poesia dei Sepolcri vive di questa lacerante contraddizione tra questo sapere una verità che non lascia speranza e l'incoercibile bisogno di sopravvivenza, in forza del quale veneriamo quei marmi. "A questi marmi venne spesso Vittorio ad ispirarsi", dice Foscolo e sembra che parli di se stesso.
"Con questi grandi abita eterno e l'ossa fremono amor di Patria".
Si, credo che parlasse profeticamente di se stesso. Una volta ero a Santa Croce. C'era una classe di studenti stranieri in gita. La loro insegnante gli mostrava le varie tombe. Quando giunsero davanti al cenotafio di Dante, sentii un "Ohhh" di stupore di quei ragazzi stranieri, che credevano di trovarsi al cospetto di Dante, che ancora il ricordo mi commuove. Tanto e' il potere evocatore di un marmo con un nome inciso sopra. Ma V. E. III, per avere incarnato l'opposto delle virtù che Foscolo celebra, per le due guerre nelle quali gettò l'Italia, per il Fascismo cui consegnò il Paese, per la sua fuga alla Schettino mentre l'Italia affondava non meritava nulla.
Con lui, furono fin troppo indulgenti sia l'Italia, sia le potenze vincitrici che non lo portarono a Norimberga a rispondere di crimini contro la pace. Troppo ne abbiamo parlato.
Maurizio Ternullo