Pubblichiamo
una lettera di Mister Reginald Green, papà del piccolo
Nicholas Green, ucciso dalla malavita
calabrese 25 anni fa. Gli organi del piccolo americano sono stati
trapiantati a sette cittadini italiani e
cinque sono
ancora vivi.
Le famiglie dei donatori non riescono così a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo.
Si attende una legge che consenti chi ha ricevuto un organo la possibilità di conoscere e incontrare i familiari di chi li ha donati.
“La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della legge 91 del 1999 che impedisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sia riguardo i donatori di organi che i loro riceventi.
Questa battaglia si può e si deve portare avanti”.
Il 4
Febbraio sarà il 26esimo anniversario di quando
mia moglie Maggie ed io incontrammo per la prima volta sei delle sette
persone
le cui vite erano state trasformate quando avevano ricevuto gli organi
e le
cornee di mio figlio Nicholas Green di sette anni. Nicholas, un bambino
americano, era stato colpito e ucciso da un proiettile quattro mesi
prima
durante una rapina andata male lungo l’autostrada Salerno-Reggio
Calabria,
mentre la nostra famiglia era in vacanza. Il settimo ricevente stava
bene ma
stava ancora ristabilendosi in ospedale.
Incontrarli a Messina, durante un evento organizzato dalla Fondazione Bonino-Pulejo, è stato uno dei momenti più edificanti della mia vita. Fino ad allora, i riceventi erano stati solo dei nomi. Vederli mi fece capire nel modo più vivido possibile quanta devastazione la nostra semplice decisione avesse evitato.
Ventisei anni dopo, cinque dei sette riceventi vivono ancora delle esistenze produttive, sebbene una di loro sia tornata in dialisi e un altro abbia avuto un secondo trapianto di cornea.
Quell’incontro, però, sarebbe impossibile oggi in Italia. Nel 1999, è stata emanata una legge che impedisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sia riguardo i donatori di organi che i loro riceventi. Venne promulgata con le migliori intenzioni – per assicurare la privacy – ma ha generato l’insensibile, alcuni direbbero crudele, risultato che due famiglie non possono ricevere nient’altro che le informazioni di base sulla propria controparte. Non possono nemmeno scambiarsi lettere anonime.
Adesso però, una proposta di legge è stata presentata in Parlamento per permettere alle due parti di scriversi qualora entrambe lo vogliano, o persino incontrarsi, sotto condizioni stabilite dai loro medici. Il Dott. Pierpaolo Sileri, vice-ministro della Salute, ha commentato “La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso”.
Si tratta di uno strabiliante cambiamento. Quando cominciai una campagna per liberalizzare i contatti, non riuscii ad ottenere il sostegno di neanche un singolo medico o funzionario della sanità – ma solo di un amico di Roma, Andrea Scarabelli. Eravamo così soli che diventammo conosciuti come Don Chisciotte e Sancho Panza.
Ma quando demmo origine alla nostra campagna, un gruppo abbastanza numeroso di media fu di mente aperta abbastanza da visualizzare quanto di conforto potesse essere per le famiglie dei donatori sapere che differenza avesse fatto la loro donazione. Alcuni dei maggiori quotidiani pubblicarono importanti articoli, alcuni dei programmi televisivi più seguiti concessero spazio per interviste, e le interviste alle radio raggiunsero i guidatori bloccati nel traffico. Dall’essere una materia che sembrava estinta come un dodo, le persone in tutta Italia cominciarono a chiedere alle autorità sanitarie: “Se due famiglie con un legame così stretto come questo vogliono entrambe contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe avere il potere di dire di no?”
Marco Galbiati, di Lecco, il cui figlio quindicenne Ricky era morto nel 2017, raccolse 50.000 firme in una petizione per cambiare la legge.
Ma non dovevamo basarci sull’emozione. Negli Stati Uniti, dove i contatti non solo sono permessi ma sono stati anche fortemente incoraggiati negli ultimi trent’anni, decine di migliaia di famiglie si sono scritte e alcune di loro si sono incontrate.
I rapporti clinicamente documentati mostrano che la stragrande maggioranza di queste interazioni è stata terapeutica per entrambe le parti.
Dopo aver studiato le prove, ogni principale autorità della Sanità italiana – il Comitato Nazionale di Bioetica, l’Istituto Superiore di Sanità e il Centro Nazionale Trapianti – ha parlato a favore del permettere i contatti.
Il progetto di legge in Parlamento ha fatto proprie le loro raccomandazioni.
Alcuni Parlamentari In Italia hanno presentato un disegno di legge per permettere che le due parti possano scriversi ed eventualmente anche incontrarsi, se entrambe lo vogliono.
Durante uno scambio di email che ho avuto in questi giorni con il Sen. Pierpaolo Sileri, Viceministro della Salute, il Dott. Sileri mi ha mandato questa inequivocabile dichiarazione di sostegno al cambiamento della legge: “La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti”.
Nel 2016, quando ho dato inizio a questa campagna insieme solamente ad un amico, Andrea Scarabelli, di Roma, nessuno ci ha appoggiato. L’opposizione era talmente tanta che abbiamo pensato a noi stessi come Don Chisciotte e Sancho Panza.
Il grande cambiamento è avvenuto perché i media hanno pubblicizzato le nostre ragioni e le persone comuni hanno visto la mancanza di sensibilità, persino la crudeltà della legge attuale che di fatto impedisce alle due parti coinvolte in un trapianto di conoscere qualsiasi cosa tranne le informazioni di base della controparte. Le famiglie dei donatori non riescono così a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo.
Nessuna delle due parti può nemmeno mandare delle lettere non firmate all’altra, per quanto entrambe potrebbero volerlo fortemente.
Nel 2016, l’intera questione era un tabù. Oggi invece le persone di tutta Italia si chiedono ‘Se due famiglie con un legame così profondo vogliono contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe essere in grado di impedirlo’? Sentimenti come questi (per esempio, un affranto padre di Lecco, Marco Galbiati, ha raccolto quasi 50.000 firme in una petizione che chiedeva il cambiamento della legge dopo la morte del figlio Riccardo, nel 2017) e la pressione dei media hanno indotto il Centro Nazionale Trapianti a rimettere la questione al Comitato Nazionale di Bioetica. Ma prima di dare un parere positivo al cambiamento della legge, i membri del Comitato avevano bisogno di vedere delle prove tangibili, e non solamente dei forti sentimenti personali.
A loro mandammo i dati che mostravano come, negli Stati Uniti, decine di migliaia di famiglie coinvolte in un trapianto si fossero scritte ed una parte minoritaria si fosse anche incontrata. Nella grande maggioranza dei casi, come hanno dichiarato le autorità sanitarie, i risultati hanno contribuito ad accrescere la felicità e la salute di entrambe le parti.
Dopo attente considerazioni, il Comitato di Bioetica ha caldeggiato che alle famiglie dei donatori di organi dovrebbe essere permesso comunicare con i propri riceventi – una svolta epocale – sotto condizioni controllate e se entrambe le parti lo desiderano. Il Dottor Carlo Petrini, Direttore dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica come delegato dell’ISS, ha in seguito descritto le prove concrete che avevamo presentato come una ragione “fondamentale se non quella decisiva” per la decisione presa dal Comitato di Bioetica.
Questa inattesa risoluzione ha persuaso molti altri eminenti nomi a sostenere la nostra causa. Così, le famiglie dei donatori potrebbero presto avere l’opportunità di porre fine ad una vita di incertezze e ricevere notizie direttamente dalle persone a cui hanno salvato la vita.
Non c’è un altro sentimento paragonabile a quello di contattare i riceventi degli organi della persona amata: si prova meraviglia di fronte al fatto che delle persone le cui vite volgevano al termine oggi possono praticare sport, avere una carriera e dei figli, l’orgoglio di essersi aperti agli altri per aiutarli quando la pressione di ritrarsi su se stessi, nel dolore e nella disperazione, era quasi insopportabile, e il conforto nel sapere che qualcuno che si amava ha fatto così tanto per rendere il mondo un posto migliore.
Grazie, Italia, per aver sempre ricordato Nicholas in tutti questi anni.
Spero davvero che la proposta di legge possa essere approvata e con un ampio sostegno.
Qui
di seguito c’è la dichiarazione
integrale del Sen. Dott. Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute:
La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti, creando un sistema strutturato che, oltre la normativa, accompagni i riceventi e i donatori nell’elaborazione del lutto. Voglio ringraziare ancora una volta la famiglia di Nicholas, che senza fiducia nel prossimo e volontà di contribuire alla nostra emancipazione come individui, non avrebbe mai perseguito la strada del dono e della campagna sulla liberalizzazione. Significa avere a cuore il prossimo e condurre una battaglia come Don Chisciotte, ricorda nelle sue parole il padre di Nicholas, Reg Green. Conosco bene le battaglie contro i mulini a vento e voglio sostenere in modo costruttivo e manus legis una modifica della 91/99 che è ormai vetusta. Insieme siamo più forti e più umani, come ci ha insegnato Nicholas e la sua famiglia.
comunicazione.sileri@sanita.it
Giuseppe Adernò
Le famiglie dei donatori non riescono così a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo.
Si attende una legge che consenti chi ha ricevuto un organo la possibilità di conoscere e incontrare i familiari di chi li ha donati.
“La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della legge 91 del 1999 che impedisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sia riguardo i donatori di organi che i loro riceventi.
Questa battaglia si può e si deve portare avanti”.
Incontrarli a Messina, durante un evento organizzato dalla Fondazione Bonino-Pulejo, è stato uno dei momenti più edificanti della mia vita. Fino ad allora, i riceventi erano stati solo dei nomi. Vederli mi fece capire nel modo più vivido possibile quanta devastazione la nostra semplice decisione avesse evitato.
Ventisei anni dopo, cinque dei sette riceventi vivono ancora delle esistenze produttive, sebbene una di loro sia tornata in dialisi e un altro abbia avuto un secondo trapianto di cornea.
Quell’incontro, però, sarebbe impossibile oggi in Italia. Nel 1999, è stata emanata una legge che impedisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sia riguardo i donatori di organi che i loro riceventi. Venne promulgata con le migliori intenzioni – per assicurare la privacy – ma ha generato l’insensibile, alcuni direbbero crudele, risultato che due famiglie non possono ricevere nient’altro che le informazioni di base sulla propria controparte. Non possono nemmeno scambiarsi lettere anonime.
Adesso però, una proposta di legge è stata presentata in Parlamento per permettere alle due parti di scriversi qualora entrambe lo vogliano, o persino incontrarsi, sotto condizioni stabilite dai loro medici. Il Dott. Pierpaolo Sileri, vice-ministro della Salute, ha commentato “La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso”.
Si tratta di uno strabiliante cambiamento. Quando cominciai una campagna per liberalizzare i contatti, non riuscii ad ottenere il sostegno di neanche un singolo medico o funzionario della sanità – ma solo di un amico di Roma, Andrea Scarabelli. Eravamo così soli che diventammo conosciuti come Don Chisciotte e Sancho Panza.
Ma quando demmo origine alla nostra campagna, un gruppo abbastanza numeroso di media fu di mente aperta abbastanza da visualizzare quanto di conforto potesse essere per le famiglie dei donatori sapere che differenza avesse fatto la loro donazione. Alcuni dei maggiori quotidiani pubblicarono importanti articoli, alcuni dei programmi televisivi più seguiti concessero spazio per interviste, e le interviste alle radio raggiunsero i guidatori bloccati nel traffico. Dall’essere una materia che sembrava estinta come un dodo, le persone in tutta Italia cominciarono a chiedere alle autorità sanitarie: “Se due famiglie con un legame così stretto come questo vogliono entrambe contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe avere il potere di dire di no?”
Marco Galbiati, di Lecco, il cui figlio quindicenne Ricky era morto nel 2017, raccolse 50.000 firme in una petizione per cambiare la legge.
Ma non dovevamo basarci sull’emozione. Negli Stati Uniti, dove i contatti non solo sono permessi ma sono stati anche fortemente incoraggiati negli ultimi trent’anni, decine di migliaia di famiglie si sono scritte e alcune di loro si sono incontrate.
I rapporti clinicamente documentati mostrano che la stragrande maggioranza di queste interazioni è stata terapeutica per entrambe le parti.
Dopo aver studiato le prove, ogni principale autorità della Sanità italiana – il Comitato Nazionale di Bioetica, l’Istituto Superiore di Sanità e il Centro Nazionale Trapianti – ha parlato a favore del permettere i contatti.
Il progetto di legge in Parlamento ha fatto proprie le loro raccomandazioni.
Reg.
Green
Eventuali
riflessioni e commenti possono essere inviati al Sen. Dott. Pierpaolo Sileri, viceministro
della Salute: comunicazione.sileri@sanita.it
oppure a Mister Green rfdgreen@gmail.comAlcuni Parlamentari In Italia hanno presentato un disegno di legge per permettere che le due parti possano scriversi ed eventualmente anche incontrarsi, se entrambe lo vogliono.
Durante uno scambio di email che ho avuto in questi giorni con il Sen. Pierpaolo Sileri, Viceministro della Salute, il Dott. Sileri mi ha mandato questa inequivocabile dichiarazione di sostegno al cambiamento della legge: “La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti”.
Nel 2016, quando ho dato inizio a questa campagna insieme solamente ad un amico, Andrea Scarabelli, di Roma, nessuno ci ha appoggiato. L’opposizione era talmente tanta che abbiamo pensato a noi stessi come Don Chisciotte e Sancho Panza.
Il grande cambiamento è avvenuto perché i media hanno pubblicizzato le nostre ragioni e le persone comuni hanno visto la mancanza di sensibilità, persino la crudeltà della legge attuale che di fatto impedisce alle due parti coinvolte in un trapianto di conoscere qualsiasi cosa tranne le informazioni di base della controparte. Le famiglie dei donatori non riescono così a sapere neanche se i riceventi degli organi della persona amata sono ancora vivi. E i riceventi non possono neanche ringraziare coloro che li hanno salvati quando nessun altro altrimenti era in grado di farlo.
Nessuna delle due parti può nemmeno mandare delle lettere non firmate all’altra, per quanto entrambe potrebbero volerlo fortemente.
Nel 2016, l’intera questione era un tabù. Oggi invece le persone di tutta Italia si chiedono ‘Se due famiglie con un legame così profondo vogliono contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe essere in grado di impedirlo’? Sentimenti come questi (per esempio, un affranto padre di Lecco, Marco Galbiati, ha raccolto quasi 50.000 firme in una petizione che chiedeva il cambiamento della legge dopo la morte del figlio Riccardo, nel 2017) e la pressione dei media hanno indotto il Centro Nazionale Trapianti a rimettere la questione al Comitato Nazionale di Bioetica. Ma prima di dare un parere positivo al cambiamento della legge, i membri del Comitato avevano bisogno di vedere delle prove tangibili, e non solamente dei forti sentimenti personali.
A loro mandammo i dati che mostravano come, negli Stati Uniti, decine di migliaia di famiglie coinvolte in un trapianto si fossero scritte ed una parte minoritaria si fosse anche incontrata. Nella grande maggioranza dei casi, come hanno dichiarato le autorità sanitarie, i risultati hanno contribuito ad accrescere la felicità e la salute di entrambe le parti.
Dopo attente considerazioni, il Comitato di Bioetica ha caldeggiato che alle famiglie dei donatori di organi dovrebbe essere permesso comunicare con i propri riceventi – una svolta epocale – sotto condizioni controllate e se entrambe le parti lo desiderano. Il Dottor Carlo Petrini, Direttore dell’Unità di Bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica come delegato dell’ISS, ha in seguito descritto le prove concrete che avevamo presentato come una ragione “fondamentale se non quella decisiva” per la decisione presa dal Comitato di Bioetica.
Questa inattesa risoluzione ha persuaso molti altri eminenti nomi a sostenere la nostra causa. Così, le famiglie dei donatori potrebbero presto avere l’opportunità di porre fine ad una vita di incertezze e ricevere notizie direttamente dalle persone a cui hanno salvato la vita.
Non c’è un altro sentimento paragonabile a quello di contattare i riceventi degli organi della persona amata: si prova meraviglia di fronte al fatto che delle persone le cui vite volgevano al termine oggi possono praticare sport, avere una carriera e dei figli, l’orgoglio di essersi aperti agli altri per aiutarli quando la pressione di ritrarsi su se stessi, nel dolore e nella disperazione, era quasi insopportabile, e il conforto nel sapere che qualcuno che si amava ha fatto così tanto per rendere il mondo un posto migliore.
Grazie, Italia, per aver sempre ricordato Nicholas in tutti questi anni.
Spero davvero che la proposta di legge possa essere approvata e con un ampio sostegno.
Reg Green.
La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso, che deve trovare la giusta collocazione in una modifica della normativa attuale, la legge 91/99. Questa battaglia si può e si deve portare avanti, creando un sistema strutturato che, oltre la normativa, accompagni i riceventi e i donatori nell’elaborazione del lutto. Voglio ringraziare ancora una volta la famiglia di Nicholas, che senza fiducia nel prossimo e volontà di contribuire alla nostra emancipazione come individui, non avrebbe mai perseguito la strada del dono e della campagna sulla liberalizzazione. Significa avere a cuore il prossimo e condurre una battaglia come Don Chisciotte, ricorda nelle sue parole il padre di Nicholas, Reg Green. Conosco bene le battaglie contro i mulini a vento e voglio sostenere in modo costruttivo e manus legis una modifica della 91/99 che è ormai vetusta. Insieme siamo più forti e più umani, come ci ha insegnato Nicholas e la sua famiglia.
comunicazione.sileri@sanita.it
Giuseppe Adernò