E così, ritornano,
con rituale periodicità, le antiche diatribe sulle scuole paritarie e
sul loro finanziamento, se legittimo o no, da parte dello Stato; e si
ripetono i rinfacciamenti e gli scontri, e le incomprensioni tra
pubblico e privato, sotto le spinte di interessi ideologici o economici
diversi.
Lo dico subito: non sono contrario per
principio all’esistenza delle scuole paritarie, né oso disconoscerne, a
priori, l’importanza e la funzione che esse svolgono. Capisco
perfettamente come in un paese civile, libero e democratico, moderno e
pluralista, non si possa impedire a nessuno di scegliere per i propri
figli il tipo d’istruzione e di educazione che più gli aggrada; né
tanto meno mi sembra un male se la scuola privata si
mettesse in condizione di concorrenza con quella pubblica.
Quello che non capisco è perché il
Governo generoso col privato, al pubblico, che si trova in fortissime
difficoltà, lesina, se non addirittura nega, perfino il necessario per
la sopravvivenza.
Si vuole la soluzione finale
dell’istruzione pubblica? Non bastano già i disastri e le ferite
che si sono accumulati negli anni e che hanno sfigurato il volto,
glorioso un tempo, della nostra scuola? Non basta l’umiliazione di
vedere il sistema scuola italiano agli ultimi posti nelle graduatorie
europee? Soffrire la mortificazione di non potere assicurare il diritto
allo studio a tutti, come da Costituzione, e dovere certificare con
disagio –nel generale disinteresse- il continuo aumento, in
percentuale, del numero di giovani che abbandonano o non concludono la
scuola dell’obbligo? E la riduzione dei corsi di sostegno per gli
handicappati? E l’insufficiente numero di scuole a tempo pieno, al Sud
come al Nord? E le strutture logistiche fatiscenti e inadeguate? E le
Università costrette a mendicare le aule nei cinema e nelle chiese,
oltre che fondi per lo studio, l’innovazione e la ricerca? E che dire
delle migliaia di docenti precari che si trovano, da decenni, ad
operare nella scuola statale con stipendi di fame, sempre per difetto
di cassa, senza un riconoscimento giuridico economico adeguato alla
loro professionalità e al loro impegno? Tutto questo è indecoroso e
inaccettabile per un Paese civile e di grandi tradizioni culturali come
il nostro. E’ per tutti questi
motivi, e per altri che non dico, che non ritengo accettabile e
proponibile il trattamento economico privilegiato delle paritarie da
parte del Governo! Io penso che il compito prioritario della
nostra classe dirigente debba essere, oggi più che mai, quello di
recuperare l’essenza della centralità e della funzione della scuola
pubblica, di prendere consapevolezza dell’urgente necessità di
investire nella Cultura nell’Università nella Ricerca e nella Scuola,
riconoscendo l’importanza che i processi educativi e formativi
hanno per un ordinato e civile svolgimento della vita sociale.
Non dimentichiamo che la crisi
politica e culturale di un Paese, e lo stravolgimento dei valori
dell’etica, sono spesso anche il risultato della superficialità e della
insipienza con cui si affrontano i problemi della
scuola e dell’istruzione.
Nuccio
Palumbo
redazione@aetnanet.org