È rivolta fra
insegnanti, studenti e sindacati, compresa l’Ugl, per l’attacco
lanciato sabato da Silvio Berlusconi contro la scuola pubblica: nella
sua pseudo-smentita conferma il concetto sull’«indottrinamento politico
e ideologico» che farebbero i docenti. La ministra dell’Istruzione,
Mariastella Gelmini, invece di sentirsi colpita nel suo ruolo, difende
il premier. Al punto che il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ne
chiede le dimissioni: «Se la Gelmini fosse un vero ministro, invece di
arrampicarsi sui vetri per difendere Berlusconi, dovrebbe dimettersi».
Perché «la scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi
arriva uno schiaffo inaccettabile, non permetteremo che la distrugga».
E Dario Franceschini, Pd, da Twitter lancia la proposta di una
manifestazione per «difendere la scuola pubblica dagli insulti di
Berlusconi»: «Tutti di nuovo in piazza, come le donne il 13 febbraio,
senza simboli e bandiere
».
Il capogruppo Pd accoglie «l’importantissima» disponibilità offerta da
Beppe Giulietti per il 12 marzo, allargando la protesta in difesa della
Costituzione. La Cgil scuola sciopererà il 25 marzo con i lavoratori
pubblici, potrebbe replicare con lo sciopero generale proposto
daSusanna Camusso. AncheItaliaFutura, fondazione di Luca Cordero di
Montezemolo, denuncia le «esternazioni in libertà » di Berlusconi «che
i cittadini non possono sopportare» e «si attendono che faccia
funzionare la scuola, non di demolirne la legittimità». Mariastella
Gelmini rispondendo a Bersani ribadisce il concetto sulla scuola
dominata da postsessantottini: «Berlusconi non ha attaccato la scuola
pubblica», dice come una scolaretta, «ma ha difeso la libertà di scelta
delle famiglie». E rilancia: «La sinistra guarda alla scuola pubblica
come a un luogo di indottrinamento ideologico. Bersani si rassegni: la
scuola non è proprietà privata della sua parte politica».La Rete degli
studenti denuncia la «cancellazione» dell’istruzione pubblica da parte
del governo, «altro che riforma», Gelmini e Tremonti hanno ridotto la
scuola «a un cumulo di macerie». Gli insegnanti del Gilda bollano il
«comportamento inaccettabile» del premier e ricordano che la situazione
è opposta: «La scuola statale è un luogo di confronto pluralistico,
mentre legittimamente la scuola privata è di tendenza e trasmette
convinzioni religiose, politiche e filosofiche ». Insomma, Berlusconi
si rilegga «i saggi di Luigi Einaudi, che non era un comunista e
difendeva il valore della scuola pubblica statale». Uniti tutti i
sindacati. Secondo Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil,
«Berlusconi non ha né l'autorità morale né quella etica per parlare di
scuola pubblica»; Giovanni Centrella, segretario dell’Ugl, ricorda «le
gravi ristrettezze in cui operano i professori e le famiglie stesse».
Francesco Scrima, Cisl Scuola, parla di «accuse generiche e strumentali
agli insegnanti, a cui si continua a chiedere tanto e a dare troppo
poco». Dure critiche da tutta l’opposizione. Nichi Vendola, nella
convention di ieri a Roma, spiega così l’attacco di Berlusconi: «È
stata proprio la crisi della scuola pubblica e il trionfo delle sue
televisioni ad aver accompagnato l’egemonia culturale di un
quindicennio». Demolirla quindi è strategico, secondo il leader di Sel:
«A queste classi dirigenti serve opinione pubblica narcotizzata».
Antonio Di Pietro insiste più sulla morale: «Sui valori e
sull’istruzione Berlusconi non può dare lezioni, se c’è qualcuno che è
stato un esempio negativo per i giovani è proprio lui». Anche Rosy
Bindi è indignata sul piano morale: «Chi conclude incontri politici
inneggiando alle sue indicibili abitudini notturne non è degno di
pronunciare la parola famiglia», né di insegnamento, quando alla scuola
ha «tagliato risorse, negato dignità agli insegnanti e impoverito i
percorsi formativi». Per Italo Bocchino, Fli «sta dalla parte della
scuola pubblica» nel solco di Giovanni Gentile e ricorda come alcune
privare siano «un diplomicifio» o un lasciapassare per figli di ricchi.
(da l'Unità di Natalia Lombardo)
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