In quel lavoro evidenziavo le difficoltà e le incongruenze che sorgono con l’introduzione della nozione di angolo come“parte di piano”, argomentandole, a mio avviso, puntualmente. Tra esse alcune non marginali:
- La somma di angoli ha senso solo per angoli “non troppo grandi”, quindi non si può parlare di multiplo di un angolo e, conseguentemente, di una sua misura.
- Date due semirette qualunque di origine comune, la somma dei due angoli da esse individuate non ha senso perché essi non sono consecutivi avendo in comune due lati, e non uno solo.
- L’angolo giro non dovrebbe esistere.
- La somma degli angoli interni di un poligono di n lati non può essere n-2 angoli piatti perché, pur ammettendo l’angolo giro e che questi sia tutto il piano, non può esistere un sottoinsieme del piano che contiene in senso stretto il piano stesso.
- Non si può dimostrare che: in ogni quadrilatero convesso inscritto in una circonferenza gli angoli opposti sono supplementari.
Già alcuni matematici: Clairaut (1741), Hilbert, Veronese, Prodi, hanno espresso, invano, riserve di carattere generale; e le mie, molto più modeste,sono esposte nell’articolo citato, che è stato pubblicato anche sull’importante sito di matematica Matematicamente.it. Precisamente sotto la voce:
Didattica
Articoli e risorse di didattica della matematica: programmazioni e idee per la matematica in classe.
In esso concludevo le mie riflessioni critiche chiedendo se non era opportuno sostituire la definizione di angolo come parte di piano con la nozione moderna di rotazione, come aveva già proposto il Choquet già nel Congresso internazionale di Royamont sull’insegnamento della matematica nel 1959 e puntualizzato ne L’insegnamento della geometria del 1964. Suggerivo di prendere le mosse, dal punto di vista didattico, dal concetto intuitivo che abbiamo di rotazione, per passare gradualmente a quello di trasformazione del piano.
Guardando sul sito ho riscontrato che a tutt’oggi l’articolo è stato letto, almeno nel riassunto, che ne chiarisce lo scopo, da 748 colleghi. E mi sono chiesto come mai ancora non ho ricevuto alcun commento sulla consistenza o sull’infondatezza delle mie osservazioni critiche.
La prima risposta che mi è venuta in mente è che il lavoro fosse una tale congerie di strafalcioni da non meritare riscontro alcuno. Però, mi sono anche detto che, se fosse stato così, non credo che avrebbero pubblicato il mio lavoro.
Poi ho pensato di essere stato poco chiaro. Ma, anche per ciò, ho ritenuto che, in parte, poteva valere la considerazione precedente: come mai nella risposta al mio intervento il direttore del sito non ne abbia fatto alcun cenno. E comunque avrei gradito che qualcuno mi avesse indicato, con argomentazioni motivate, gli eventuali errori.
Infine mi è venuto il dubbio iperbolico, che esporrò subito dopo avere ricordato quanto si verifica – e si è in genere verificato - nella riunione di dipartimento di inizio d’anno. Raramente si concorda un programma comune di matematica dal primo al quinto anno, anche tenendo conto delle esigenze dei colleghi di fisica che utilizzano da subito equazioni e grafici: ognuno si chiude di solito nella propria Turris eburnea.
Ecco allora il mio dubbio iperbolico.
Non è allora che noi insegnanti di matematica siamo un pò refrattaria rimetterci in discussione, ad ampliare la sicura nicchia culturale e metodologico-didattica che ci siamo costruiti? E questo anche in conseguenza dei tanti adempimenti burocratici e dei troppi progetti a pioggia, che i dirigenti dànno, spesso come una mancia, e non hanno in genere alcuna verifica della loro ricaduta sulla formazione civile e culturale degli studenti?
Una piccola digressione personale.
Ho partecipato a due incontri con un’icona della didattica, la professoressa Emma Castelnuovo. Ho seguito inoltre diversi corsi nazionali di aggiornamento tenuti dai i professori Chiellini, Vita, Lombardo Radice, Mancini Proia, Prodi, Villani, Palma., ein ciascuno di essi ho arricchito sia il mio bagaglio culturale sia la mia didattica, soprattutto in virtù degli scambi di idee con i colleghi.
Chiedo allora se non sarebbe più valido, dal punto di vista pedagogico, approntare un progetto di revisione della nostra didattica, scambiandoci periodicamente le idee per rendere più interessante e quindi più efficace il nostro insegnamento.
Tornando al dubbio precedente, esso deriva anche dal fatto che i libri di testo che noi scegliamo, pur avendo ultimamente introdotto argomenti nuovi, li hanno giustapposti a quelli precedenti senza modificare l’impianto metodologico-didattico complessivo.
Merita qualche attenzione particolare la geometria, che viene trattata alla fine come se fosse figlia di un Dio minore, mentre è una fonte inesauribile di situazioni in cui applicare il tanto sbandierato Problem solving che, in effetti, è ampiamente illustrato già nel Menone di Platone, in cui il grande filosofo ne riporta un’attuazione di Socrate che guida uno schiavo nella soluzione di un problema, ponendogli opportune domande.
Innanzitutto, nei due ultimi decenni, la geometria è stata, in genere, colpevolmente, molto trascurata. Inoltre le isometrie vengono introdotte, en passant, dopo avere peraltro trattato i criteri di congruenza dei triangoli: ma le isometrie, le simmetrie in particolare, non solo sono ampiamente sostitutive di quelli, ma consentono anche un accesso immediato, naturale ed efficace a proprietà non banali. Infatti, dalla seconda metà degli anni settanta, con i testi Il metodo matematico di Lombardo Radice e Mancini Proia e La matematica come scoperta di Prodi è stato proposto lo studio della geometria con l’uso strutturale delle trasformazioni del piano, in adesione al Programma di Erlangen di Klein (1872), in cui il grande matematico propose – e la comunità matematica fece proprio – che:
Una geometria è lo studio delle proprietà che rimangono invariate quando si sottopone il piano (lo spazio) a un gruppo di trasformazioni.
Per quel che può valere la mia esperienza personale, dal 1977, ho utilizzato Il metodo matematico di Lombardo Radice e Mancini Proia – in cui l’assiomatica è all’inizio sottointesa, e La matematica come scoperta di Prodi, che usano l’assiomatica di Choquet.
Con questa, che presenta solo sette assiomi invece dei ventuno di Hilbert, ho potuto introdurre in modo organico la geometria analitica, fino all’equazione della retta, già al primo anno e svolgere al secondo la parabola e interessanti problemi di programmazione lineare, legati all’economia, che hanno coinvolto i giovani.
L’uso delle trasformazioni nella trattazione della geometria è sostenuta, molto più autorevolmente dal prof. Villani, già Presidente dell’Unione Matematica Italiana e dall’Ispettore Vita sulla rivista Archimede.
Inoltre l’assiomatica di Choquet, che utilizza le trasformazioni del piano:
- facilita il fusionismo fra geometria, algebra, teoria dei gruppi, fisica;
- prospetta una strategia risolutiva con la ricerca di qualche trasformazione – all’inizio in particolare la simmetria assiale – che può indirizzare sia nella fase euristica sia in quella dimostrativa;
- consente d’introdurre subito la geometria analitica (poiché le isometrie conservano le distanze, con la simmetria assiale si può dimostrare immediatamente che: se due rette sono parallele la distanza di ogni punto di una dall’altra è costante);
- propone l’identificazione fra traslazioni e vettori;
- permette dimostrazioni analitiche ( a esempio: ogni isometria è il prodotto al più di tre simmetrie assiali);
- presenta un esempio di “prodotto” non commutativo (all’inizio quello di isometrie).
Riguardo alla geometria è illuminante una riflessione di Prodi a proposito della dimostrazione del teorema:
se un triangolo ha due angoli congruenti, ha anche due lati congruenti.
«Cerco di convincere mio nipote della bellezza del risultato, ma la dimostrazione che trovo sul libro di testo del ragazzo mi disgusta: si prolungano i lati uguali, si fa un’incastellatura orribile prima figura, poi si procede per differenza di angoli(..)
Prodi prosegue poi:
La matematica deve, ovviamente, conservare i suoi risultati fondamentali ma finisce spesso per prolungare certe metodologie e certi abiti mentali al di là del loro limite naturale di sopravvivenza».
(La dimostrazione cui si riferisce è quella riportata in molti libri di testo che vanno per la maggiore, che è identica nella costruzione alla Proposizione 5 del I Libro degli Elementi).
Con la simmetria assiale tutto è più spontaneo, semplice e motivato, com’è evidente dalla seconda figura, perché un’isometria conserva lunghezze dei segmenti e ampiezza degli angoli.
Un’ultima osservazione tratta da Orizzonte scuola 1917. «Nel problem solving gli studenti italiani si trovano nella parte bassa della classifica OCSE»: c’è da rifletterci.
Concludo questo mio intervento, il cui scopo è quello di sollecitare un dibattito su metodologia e didattica,al fine di rendere più efficace la nostra fatica quotidiana.
Sarò grato a chi voglia segnalare, con argomentazioni motivate, eventuali errori nelle mie riflessioni critiche dell’articolo All’angolo!.
Alfio Grasso
grassoalfino@yahoo.it