I vescovi se
vorranno da ora in poi potranno recarsi in visita pastorale nelle
scuole pubbliche senza avere il timore di essere denunciati da qualche
genitore anticlericale. Proprio come è successo alcuni anni fa al
vescovo di Grosseto, monsignor Franco Agostinelli che dopo aver
salutato i bambini e le maestre della scuola elementare statale del
terzo circolo didattico della sua città, si è visto al centro di un
caso giudiziario nazionale destinato a fare giurisprudenza. A stabilire
che le visite pastorali negli istituti pubblici sono legittime è stato
il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che attraverso un
decreto ha rigettato il ricorso straordinario presentato dal padre di
un alunno.
Esulta l’avvocato della diocesi, Gianfranco Amato, che commenta: «Nel
novero delle stravaganti iniziative dell’Unione Atei Agnostici
Razionalisti, cui appartiene il genitore che ha dato il via al ricorso,
tra improbabili richieste di sbattezzo, eliminazioni dei cappellani,
abbattimento delle edicole religiose, cancellazione dei santi nella
toponomastia, silenziamento delle capane cacciata delle suore negli
ospedali e sradicamento delle croci dalle cime della montagna, stavolta
c’è stata anche quella di intentare azioni legali contro le visite
pastorali dei vescovi nelle scuole. Ma fortunatamente Napolitano ha
bocciato i laicisti».
Il decreto del Capo dello Stato si rifà al parere n.335/2009 emesso
dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato nell’Adunanza del 21
aprile 2010. I giudici amministrativi hanno riconosciuto che la
«questione obiettivamente delicata e complessa in linea generale,
coinvolge profili che attengono alla libertà di culto e di coscienza e
alla funzione di servizio pubblico degli istituiti scolastici, statali
e comunque integrati nella rete della scuola dell’obbligo».
Hanno però ritenuto di poterla «agevolmente risolvere sulla base delle
norme che disciplinano l’autonomia delle istituzioni scolastiche». La
visita pastorale, si legge nel dispositivo del Consiglio di Stato, «è
avvenuta nelle ore di lezione; ma essa non si è svolta attraverso il
compimento di atti di culto (eucarestia, benedizione, eccetera), ma
attraverso una testimonianza sui valori, religiosi e culturali, che
sono alla radice della catechesi cattolica, visti in connessione con
l’esperienza religiosa e sociale della comunità territoriale». Una
analoga iniziativa poteva tranquillamente essere svolta dai ministri di
altre confessioni religiose presenti nella comunità territoriale in cui
agisce la scuola, «a condizione che essi siano portatori di valori
coerenti con i principi di tolleranza e rispetto delle leggi e della
Carta Costituzionale». (da Il Messaggero)
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