In un appassionato
e pungente editoriale del Corriere della Sera (9 settembre) Francesco
Giavazzi, dopo l'attenta analisi della situazione socio politica
italiana conclude, auspicando "un programma di governo che dovrebbe
lasciar da parte le «grandi riforme» e concentrarsi invece su piccole
correzioni delle norme che, consentano una migliore allocazione delle
risorse", anche attraverso interventi mirati sulle norme del codice
civile che regolano alcuni adempimenti. Nella scuola, anziché
l'ennesima «grande riforma» si potrebbe sperimentare, seguendo
l'esempio degli Stati Uniti, ma anche della Svezia e di altri Paesi,
qualche charter school, non scuole private, ma istituti (sia
d'istruzione secondaria che professionale) che godono di particolare
autonomia, soggetti ad un minor numero di regole, leggi e vincoli
statutari e legati a un sistema di finanziamento misto al quale
contribuiscono fondi pubblici e privati. Non ne servono mille. Per
diffondere il miglioramento ne basterebbero due o tre per regione.
Nella proposta del costo standard di sostenibilità per allievo,
applicabile ugualmente a tutte le scuole pubbliche, paritarie e
statali, della quale Suor Anna Monia Alfieri si è fatta promotrice e
attiva sostenitrice, si rende possibile un effettivo risparmio ed un
efficace servizio, con positivi vantaggi per la Comunità nazionale.
Immaginando ad esempio che in ogni classe ci siano 25 studenti, nella
scuola materna ogni alunno costerebbe 4.570 euro (se in quella stessa
classe ci fosse un alunno disabile, la cifra salirebbe a 5.360 euro).
Applicando questi costi standard, ogni alunno di ogni scuola pubblica,
statale e paritaria, costerebbe 5.441 euro, per un costo statale di
47,1 miliardi di euro (cioè ben 2,8 miliardi in meno di oggi).
È possibile, perciò, far risparmiare soldi allo Stato e garantire il
diritto fondamentale all'istruzione senza discriminazioni economiche,
restituendo alla famiglia la responsabilità educativa in una piena
libertà di scelta. Ed è possibile grazie a un pluralismo educativo in
cui lo Stato garantisca pari risorse a tutte le scuole, con l'obiettivo
di innalzare la qualità dell'istruzione italiana, portandola allo
stesso livello degli altri Paesi europei. Consideriamo, ad esempio,
Paesi con grande tradizione in materia di Stato sociale, come quelli
nordici: il sistema scolastico finlandese vede una stragrande
maggioranza d'istituti paritari (se non quasi la totalità) finanziati
dallo Stato, a tutela delle esigenze educative del singolo bambino.
Gli eccellenti esempi di "scuole changemaker" espressione e modello di
cambiamenti e d'innovazione nella didattica e nell'organizzazione
dell'apprendimento ', confermano che le potenzialità esistono, tante
cose si possono fare, "Basta volerle".
La volontà del Governo stenta ad emergere e spesso si limita a piccoli
rigurgiti di promesse e di belle parole, subito smentite
dall'inefficienza del carrozzone burocratico e dalla lentezza
procedurale.
Le scuole mal messe e senza le garanzie di sicurezza, le 355 scuole
senza dirigente e affidate a formali "reggenze", di fatto senza una
guida e senza una progettualità di sviluppo e di potenziamento, la
disparità di esuberi di docenti al Sud e di carenze al Nord, di
cattedre di matematica vuote e affidate a supplenti, e docenti senza
titolo nel delicato compito del sostegno, sono tutti segnali di
allarme, che, nonostante il rosso lampeggiante, vengono trascurati
dalla "politica nazionale" attenta a sistemare coalizioni e partiti per
garantirsi poltrone e posti di comando.
La contraddizione tra l'articolo 30 e 33 della Costituzione potrebbe,
così finalmente trovare una soluzione.
L'equivoco he ha caratterizzato nel tempo l'espressione: "senza oneri
per lo Stato", scrive Suor Alfieri, prolunga "un'ingiustizia storica,
rendendone più difficile la soluzione. Esso equivale a confondere il
fine dell'educazione con i suoi mezzi, che sono le scuole. Dobbiamo
evidenziarlo: troppi persistono in una visione filosofica per cui la
persona e l'educazione sono funzionali allo Stato, che, attraverso le
scuole, intenderebbe "rieducare gli italiani, troppo condizionati dalla
Chiesa Cattolica"... e quindi inquadrarli in una scuola di
regime".
Tutto ciò non è per nulla vero!
Se in Italia il sistema del costo standard per persona è stato già
applicato alla sanità, per quanto in modo imperfetto, perché non si può
introdurre anche nella scuola?
La proposta non comporta alcun onere per lo Stato (che adesso risparmia
più di 6 miliardi di euro annui, grazie al servizio "pubblico" delle
scuole paritarie), ma mira a garantire il diritto alla libertà di
scelta educativa, riconosciuto peraltro dall'art. 30 della Costituzione
stessa: "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare
i figli".
L'iniziativa delle famiglie non costituirebbe affatto un onere,
ma semmai un risparmio per lo Stato, infatti, l'emendamento "senza
oneri" riguarda l'istituzione di scuole, non il diritto della persona
all'educazione, né il diritto dei genitori di educare i figli (diritti
che la Repubblica deve riconoscere e garantire.
È inaccettabile che ancora oggi, nell'anno scolastico 2017-2018 un
milione di famiglie debba pagare due volte la scuola dei propri figli,
prima con le tasse e poi con la retta!
Nell'attesa dei programmi elettorali, le famiglie, future elettrici,
possono ritenere lo school bonus come uno strumento che riconosce
l'esercizio della responsabilità educativa, sostenendo con un "premio"
chi la favorisce. Si tratta, infatti, di un'importante agevolazione
fiscale prevista dall'art.1 commi 145-150 della legge 107/2015 (Buona
Scuola) che al comma 146 specifica la tipologia delle donazioni
previste: "erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in
favore di tutti gli istituti del sistema nazionale d'istruzione, per la
realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il
potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che
migliorino l'occupabilità degli studenti".
Il credito d'imposta, per il donante, è del 65% per le erogazioni
effettuate nel 2017 e del 50% per le erogazioni effettuate nel 2018.
Perché non cogliere quest'opportunità?
La multiculturalità, che caratterizza la scuola italiana oggi,
necessita dei meccanismi e procedure innovative che non possono essere
inseriti, ope legis, quasi vino nuovo in otri vecchi, o piccole toppe
nuove sul vestito lacero e consunto dal tempo. La scuola non potrà
continuare ad essere un ammortizzatore sociale, che bandisce concorsi,
semina illusioni e speranze, e mantiene in vita le graduatorie che non
si esauriscono mai.
Basta con la litania delle annunciate riforme, che non corrisponde e
tradisce gli effettivi mutamenti culturali, che necessitano
l'incremento del potenziale di crescita della nostra economia.
Occorrono fatti e non parole e, come suggerisce Francesco
Giavazzi, è necessaria una migliore allocazione delle risorse,
un'oculata e intelligente scelta dei manager, dei dirigenti, dei
Ministri, dei Parlamentari per competenza e non per fedeltà al partito
o al "padrone", o per "rispetto degli accordi".
Questa potrebbe essere una possibile soluzione. Noi ci speriamo ancora.
Giuseppe Adernò