Il decreto-legge
"Salva Precari" del 10 ottobre 2019, tanto atteso dai docenti precari e
sostenuto dai Sindacati, autorizza il Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca (MIUR) a bandire un concorso
straordinario abilitante per l'assunzione di almeno 24.000 docenti
nella scuola secondaria statale di I e II grado per il prossimo anno
scolastico (il 2020/2021). Vengono esclusi da tale opportunità i
docenti delle 2.200 scuole secondarie pubbliche paritarie. Nonostante
la legge 62/2000 obbliga le scuole paritarie, che svolgono un "servizio
pubblico", rispettano le condizioni richieste per il riconoscimento
della parità e fanno parte del "Sistema nazionale d'istruzione", ad
avvalersi di docenti abilitati, pena la chiusura, lo Stato, cui spetta
il diritto-dovere di abilitare i docenti, non avvia i percorsi che
possano permettere ai giovani laureati di conseguire l'abilitazione
all'insegnamento nella scuola secondaria, potendo poi scegliere la
paritaria. Non si comprende la ragione di tal esclusione.
E' questa una positiva occasione per conseguire l'abilitazione ed
invece si chiudono le porte in faccia a quelle istituzioni che
suppliscono tante carenze delle scuole statali.
Un aspirante docente, dopo la laurea, deve abilitarsi. All'art. 6 del
decreto si legge che il concorso straordinario
abilitante sarà riservato a tutti gli insegnanti con un'anzianità
pregressa di servizio di almeno 3 anni - anche sul sostegno - e di cui
uno nella classe di concorso per la quale affrontano la
selezione. Il servizio è preso in considerazione unicamente se
prestato nelle scuole secondarie statali. Nulla è previsto per i
laureati che lavorano nelle pubbliche paritarie o che potrebbero anche
solo ipotizzarlo...
E' una discriminazione voluta e lucidamente perseguita, che lede il
diritto della persona.
Viene disatteso e tradito, di fatto, quanto dichiarato nella
Carta Costituzionale Costituzione all'art.2: "La Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale".
Se l'abilitazione è un diritto per il cittadino laureato della scuola
pubblica statale, deve esserlo anche per il cittadino laureato della
scuola pubblica paritaria. Entrambe appartengono al Servizio Nazionale
di Istruzione.
Lo reclamano la FIDAE, l'AGeSc, la FISM, la FAES, il CNOS, il CIOFS
tutte associazioni di docenti e genitori che esercitano il diritto di
libertà di scelta educativa, operando nelle scuole paritarie
cattoliche. E' stato chiesto un incontro con il Ministro Fioramonti per
un tavolo di confronto sul tema, che permetta di chiarire la gravissima
esclusione e cercare soluzioni condivise per il bene dei lavoratori,
degli alunni e delle famiglie.
Già nella "Lettera ai politici sulla libertà di scuola" il filosofo
Dario Antiseri e Suor Anna Alfieri hanno scritto che "non è possibile
accettare un futuro che veda in Italia il monopolio educativo della
scuola di Stato".
È chiaro che la modalità per garantire la libertà di scelta educativa è
quella di fare chiarezza di numeri e dati della scuola e assegnare ad
ogni studente una quota capitaria. Da qui, la proposta del "costo
standard di sostenibilità", una soluzione concreta a costo zero.
L'attuale Governo che riduce il numero di Parlamentari e intende
seguire il binario del risparmio sarà in grado di porre chiarezza alla
vexata questio? La legge 62/2000 che disciplina le scuole paritarie
porta la firma del Ministero Luigi Berlinguer, che non era né
Democristiano, né di Destra.
Si dovrebbe almeno prendere in considerazione che uno studente delle
scuole paritarie costa 3.000 euro, mentre nelle scuole statali costa
ben 10.000 euro di tasse dei cittadini, ed ancora si perpetua un atto
d'ingiustizia nei confronti della famiglia italiana che, pur avendo il
diritto alla libertà di scelta educativa avendone la responsabilità, se
sceglie la scuola statale è apparentemente gratis, se sceglie la scuola
paritaria paga due volte prima con le tasse e poi versando la retta per
la scuola.
Giuseppe Adernò